La corsa del vento
- Autore: Francesca Kay
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2011
“Scrivi della sua vita” mi sollecitarono, persino durante il funerale. “Solo tu puoi farlo. E poi nessuno più di te le era vicino”.
È la voce del narratore/biografo del travolgente romanzo La corsa del vento di Francesca Kay (Bollati Boringhieri, 2011). L’opera d’esordio della scrittrice, vincitrice nel 2009 del prestigioso Orange Award for New Writers, assomiglia a un libro d’arte che contiene immagini di meravigliosi dipinti. Il volume, infatti, ricostruisce l’intera esistenza di Jennet Mallow creata dalla fantasia di Francesca Kay, forte e fragile pittrice di straordinario talento.
“Ghiaccio sull’acqua è costituito da strati sottili di bianco traslucido, bianco titanio, grigio azzurrognolo e la più tenue sfumatura di blu ceruleo manganese”.
Jennet era nata “l’11 novembre 1923 nella canonica di Litton Kirkdale, nella valle superiore del fiume Aire”. Nel selvaggio Yorkshire nell’Inghilterra del Nord la prima tela di Jennet era stata la parete intonacata a calce dietro il suo letto. Dietro l’alta tastiera di mogano, proprio “dove lo spazio era giusto sufficiente per stare in piedi”, la bambina disegnava “alberi, uccelli, montagne”. La vita di Jennet cambiò nel 1947 quando arrivata a Londra per studiare alla Kensington School of Art incontrò David Heaton, pittore maudit. “Vogliamo sposarci, passero?”
Così come corre il vento, allo stesso modo corrono settant’anni di vita di una donna che avrebbe attraversato la ricostruzione post bellica degli anni Cinquanta, la Swinging London, gli anni Ottanta fino ad arrivare al terzo millennio. Jennet Mallow si divise sempre equamente tra la professione di moglie e madre e l’anelito verso la pittura che la portò a essere la protagonista di molte esposizioni, omaggiata dalla critica, vincitrice di “una miriade di premi e onorificenze”. Nominata Dama dell’Impero Britannico “si vide conferire lauree ad honorem dalle università di Londra, Oxford, Exeter e Leeds”. Per David “cometa sfavillante destinata a raggiungere le più alte vette”, “Jennet gli era più utile come moglie e come madre dei suoi figli che come artista rivale”. Da uomo profondamente egoista qual era, David considerava Jennet solo come sua modella o come fonte di ispirazione e non vedeva l’enorme potenziale artistico della moglie. Poggiata quindi su labili basi, l’unione tra David e Jennet naufragò presto giacché il pittore, dedito all’alcol, era il tipico uomo della sua generazione, “fautore delle idee di cambiamento solo a parole”.
Dall’Andalusia del piccolo e remoto paesino marino di Santiago de las Altas Torres, alla Cornovaglia di St. Ives “dalle piccole case di pietra”, per finire allo Yorkshire a Ravens ultimo approdo della pittrice e “una fortezza per se stessa”, Jennet non si sarebbe mai stancata di dipingere. L’arte per Jennet Mallow rappresentava una vocazione, la ragione di vita, la sua anima.
“Jennet si beava della sensazione tattile dei colori, del loro lento sgorgare, dei profumi di olio di semi di lino e trementina, li aspirava a fondo come una criptoalchimista, leggendo e rileggendo istruzioni e ricette, misteriose come incantesimi”.
La corsa del vento
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