La donna che morì due volte
- Autore: Leif G. W. Persson
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Una favola dal finale triste. Se per primo a dirlo è l’autore, c’è da cominciare a commuoversi, se non a piangere. Fatto sta che “La donna che morì due volte” non è una fiaba e nemmeno una storia strappalacrime, ma un drammatico thriller made in Sweden, dell’ottimo Leif GW Persson, un romanzo pubblicato in Svezia nel 2016 e in circolazione nelle librerie italiane da ottobre 2018, per i tipi Marsilio (496 pagine 19 euro).
È il quarto episodio della serie del commissario Evert Backstrom. Un bel tenebroso? Un eroe solitario? Tutt’altro: è uno dei personaggi seriali più negativi del pianeta libri. Un tappo in sovrappeso, privo di fascino, incapace di piacere al prossimo e disinteressato a farlo. Il funzionario di polizia più odioso del giallo internazionale non ha fiuto, sesto senso e qualità investigative, però non se ne fa un problema. Bene o male, i casi li risolve lo stesso, per colpi di fortuna o accaparrandosi meriti altrui. Combinazioni e coincidenze lo hanno reso agli occhi di tutti un genio delle indagini. Peccato sia totalmente incapace e solo baciato dalla buona sorte. La presunzione, poi, è tutto in quest’uomo sleale, asociale, intellettualmente disonesto, che abusa di alcol e sesso mercenario. Non condivide niente del fascino degli investigatori-tipo delle fiction, che pure qualche mancanza la dimostrano. I difetti lui li ha tutti.
E vallo a trovare simpatico. L’unico che ci riesce, è un vicino di casa, Edvin. Ha solo dieci anni ed è in perfetta tenuta da boy scout quando bussa alla porta di quello che considera il mentore, l’uomo che rispetta più di ogni altro al mondo. Lo venera, come del resto chiunque nel Paese: è il poliziotto più amato, il simbolo vivente della sicurezza per i cittadini.
Quanto a Backstrom, nella sua scala di valori il piccolo scout è poco al di sopra della considerazione “zero” che riserva al genere umano. Non sopporta nessuno oltre se stesso. Ad Edvin, però, concede un’eccezione, avendo verificato la discrezione e la lealtà a tutta prova che il giovanissimo gli dimostra sbrigando commissioni, andando ad acquistare per lui bibite, leccornie e giornali nel vicino centro commerciale.
Avrebbe dovuto essere in un campo scout a trenta km fino alla settimana seguente, che ci fa lì? Il ragazzino gli consegna un oggetto, rinvenuto in un’isola nei pressi dell’accampamento: anche un inetto come il commissario più sopravvalutato della Terra non fatica ad accorgersi di avere davanti un cranio umano senza mandibola e senza tessuti. Orribile, bianco e levigato dalla lunga permanenza sotto gli agenti atmosferici. Certo, i ritrovamenti archeologici in zona sono frequenti, ma nessuno presenta come questo un foro nella tempia. Solo di entrata, non c’è squarcio di uscita, il proiettile era rimasto all’interno a far danni ed è ancora lì, calibro 22, a quanto pare. Deduzioni di Backstrom? No, ci mancherebbe: la pallottola è nelle mani di Edvin, che non solo mette in luce le peculiarità balistiche, ma indica che si tratta del teschio di una donna: è piccolo, ha la fronte bombata, le cavità orbitali sono arrotondate.
Accidenti, a soli dieci anni quel bambino è un autentico genio. Un ragazzino magro, con l’aria da secchione. Aggiunge altri particolari, dedotti dall’osservazione attenta del cranio. Denti sani, quindi età giovane, alimentazione corretta, nessun abuso di sostanze e alcolici. Suicidio oppure omicidio? Istintivamente, si direbbe la seconda ipotesi.
Cercando di attribuirsi i meriti, il commissario riferisce tutto alla neopromossa Annika Carlsson, il suo “uomo di fiducia”, ricorda l’autore.
Gettato il peso degli accertamenti sulle spalle dell’ora parigrado, ma comunque sottoposta “Ankan” - come la chiama lui, “Papera” come la chiamano i colleghi - Backstrom si dedica alle sue attività preferite: lavorare poco, cenare sontuosamente, fare un salto alla Riche, la fossa delle divorziate, dove sono molto apprezzate le sue doti nascoste, le uniche di cui la sorte l’ha dotato, oltre alla spocchia ingiustificata
Il tecnico della scientifica della squadra, il cileno Hernandez, dimostra che la pallottola di carabina calibro 22 è stata esplosa a distanza molto ravvicinata. L’assassino ha puntato il fucile contro la vittima, facendo fuoco mentre questa voltava istintivamente la testa. Canna lunga a rigatura liscia, molto comune in Svezia, un’arma del secolo prima.
È Nadia, la collaboratrice di cui Evert si fida di più, a mettere a frutto le sue amicizie internazionali per individuare la vittima. Ha un nome, Jaidee e un anno di nascita, il 1973, in Thailandia. Coniugata con uno svedese, doppio passaporto. Il profilo genetico ricavato dal cranio rinvenuto dallo scout decenne non consente dubbi, ma c’è un problema, che non sfugge nemmeno a un cervello limitato come quello del commissario Backstrom. Quella donna risulta morta nel 2004, tra le vittime dello tsunami nell’Oceano Indiano.
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