La donna che rise di Dio. E altre storie della Bibbia di Roberto Mercadini

Esiste un libro i cui personaggi si comportano in maniera paradossale eppure, per qualche strana ragione che non riusciamo subito a comprendere, convincente e persino istruttiva? Esiste un libro in cui Dio, mica il primo scappato di casa, sceglie, per affidargli un incarico, per investirlo di un compito tanto gravoso quanto decisivo per le sorti di un popolo, dell’umanità tutta, la persona apparentemente meno indicata, di più: la persona che appare come la negazione stessa del ruolo che è chiamata a ricoprire?

Esiste, ed è l’“Antico Testamento”, o perlomeno questa è la “rivelazione” che Roberto Mercadini ci offre in questo suo La donna che rise di Dio (Rizzoli, 2023), un libro a suo modo affascinante, che ci offre una disamina di sicuro inusitata dei testi biblici, capace di sorprendersi esso stesso delle scoperte che vi rinviene, coinvolgendoci, con la sua prosa ironica e sagace, in una rilettura del testo veterotestamentario che ci fa assaporare i risvolti più curiosi, inaspettati, spiazzanti, di alcuni dei passi più rappresentativi della Bibbia.

Quello di Mercadini, va detto subito, è il punto di vista di chi non solo si è soffermato con con sguardo consapevole sui racconti dell’Antico Testamento, ma ha potuto farlo confrontandoli con l’originale in ebraico, lingua che sa padroneggiare, ciò che gli consente di mettere in evidenza certe discrepanze nelle traduzioni ufficiali, talvolta dovute ad un certo pudore nel riportare il significato letterale, a volte per rendere più facile o scorrevole la lettura, facendole tuttavia perdere il suo “sapore” più autentico, che qui l’autore ci rende evidente.

Ma qual è lo scopo di questo libro? Non certo quello di irridere il testo sacro: Mercadini, anche nelle descrizioni più oggettivamente umoristiche, si guarda bene dallo scadere nell’irriverenza. Il suo lavoro è molto più sofisticato, perché consiste nel saper cogliere, anche nelle pagine più paradossali, la capacità degli autori biblici di comunicarci delle realtà concettuali impalpabili, dei risvolti non intuitivi che, ad una lettura più sapiente, emergono in tutta la loro forza comunicativa.
Il Dio che ci viene proposto sotto la lente d’ingrandimento dell’autore è un Dio fin troppo “umano”, capace persino di debolezze, di decisioni avventate di cui finisce per pentirsi, sempre pronto - verrebbe da dire - non solo a mettere alla prova gli uomini o le donne a cui si affida per rendere possibili i suoi propositi, ma anche di mettersi alla prova.
È il motivo che lo rende un Dio amabile (laddove, in certi passaggi particolarmente cruenti, in certi imperativi carichi di violento rancore non sempre è possibile, nell’Antico Testamento), ammaliato dai nostri stessi errori, innamorato dei nostri limiti forse perché Lui non può averne e proprio per questo è intrigato dall’idea di apparirci come se ne avesse.

Non amiamo davvero le persone quando le idealizziamo, quando le innalziamo su un piedistallo, le chiudiamo in una teca di perfezione, le riteniamo autorità indiscutibili, ci affidiamo ciecamente a esse. È necessario sempre combattere chi amiamo, mettere in dubbio le sue parole e le sue azioni, vedere chiari i suoi sbagli, saggiarne i limiti fino a sentire la rabbia sciogliersi in tenerezza nelle nostre viscere. Forse, anzi, si può amare davvero qualcuno di cui abbiamo riso. E forse Dio desidera essere amato così da noi.

Roberto Mercadini, attore ed autore teatrale dalla brillante capacità affabulatoria, non si smentisce neanche sulla pagina scritta, restituendoci una lettura del testo veterotestamentario che non solo ci diverte e ci spinge al sorriso, ma capace anche di farci riflettere su come spesso le verità più profonde affiorino dalle acque vorticose di un’astuta ironia, voluta o non.