La famiglia
- Autore: Sara Mesa
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: La Nuova Frontiera
- Anno di pubblicazione: 2024
Non aspettatevi nulla di rassicurante dai romanzi della scrittrice spagnola Sara Mesa, con la sua scrittura rapida e incisiva riesce a dare corpo a sentimenti pesanti, “sentimenti che soffocano”, come paura, angoscia, sottomissione o un senso di oppressione strisciante. È capace di far apparire tangibile persino il senso di colpa, che talvolta pesa come un macigno e altre volte invece è solo un disturbo di fondo, una sorta di ronzio della coscienza.
La famiglia (La Nuova Frontiera, 2024, traduzione di Elisa Tramontin) è un libro spiazzante che mira proprio a disorientare il lettore, a destabilizzarlo, immergendolo così in un mondo oscuro, ottenebrato da domande fondamentali cui non c’è davvero una risposta.
L’educazione che abbiamo ricevuto da bambini quanto influenza le nostre vite? Il nucleo familiare, il cosiddetto “nido”, non è solo il luogo del conforto e dell’accudimento, ma anche il mondo in cui apprendiamo tutti gli schemi (affettivi e non) delle nostre relazioni successive. Jonathan Franzen le chiamava Le correzioni, le maniere in cui i genitori cercano di impartire ai figli delle regole, tendendo a correggere in loro ogni deviazione dalla norma, nel tentativo di allontanarli dalla cosiddetta “strada sbagliata”; ma di fatto nel suo romanzo dal titolo omonimo l’autore le metteva fortemente in discussione, mostrando proprio come quei figli - ripetutamente corretti e normalizzati- si trovassero poi allo sbaraglio, di fatto sulla soglia della devianza. Sara Mesa riprende lo stesso tema di Franzen, declinandolo però in un’ottica patriarcale: ci viene mostrata, nelle prime pagine, la famiglia intesa come “Progetto” da Padre, un illustre avvocato, che figura nelle vesti di capobranco. È lui a dettare le regole, lui a stabilire ciò che è “giusto” e “sbagliato”: e non è un uomo violento, sembra tranquillo, quasi mansueto, ma esercita un potere totale, ha pieno controllo sulle vite degli altri membri familiari.
In questa famiglia non ci sono segreti
così tuona lapidario, impedendo alla figlia adottiva - la piccola Martina, di otto anni - di tenere un diario. Trasforma persino la sua scrittura, la controlla, la monitora. Infine costringe la bambina a comporre una serie di “pensierini” a modo, stringati, compiuti, molto scolastici. La violenza esercitata sulla scrittura della figlia - quindi sul pensiero - raccontata da Sara Mesa appare peggiore della violenza verbale, a tratti persino peggiore di quella fisica: è una forma di tortura silente, ma fortemente coercitiva.
Le paure peggiori, le storture, i sensi di colpa striscianti che ci porteremo dietro per tutta l’età adulta si originano proprio nel mondo apparentemente dorato dell’infanzia e nel “rifugio” accogliente della vita familiare, dove tuttavia si annidano, ben nascosti, i veri “demoni” che pure non hanno una sembianza mostruosa. Le tragedie della nostra vita adulta, ovvero le nostre ansie, i pensieri ossessivi, depressioni o nevrosi più o meno latenti, trovano riscontro - questo psicologi e psichiatri lo sanno bene - nel luogo in cui tutto è iniziato, nella culla della vita dell’individuo, ovvero la Famiglia, l’origine, che diventa prigione e porto sicuro, il posto da cui scappare e, al contempo, dove tornare. Sara Mesa lo racconta attraverso un avvincente e spiazzante collage di storie in cui, muovendosi tra tempi e spazi diversi, dà voce a tutti i personaggi di questo nucleo familiare composto da Padre, Madre e quattro figli, due maschi e due femmine. Una famiglia disfunzionale, ma all’apparenza perfetta, una famiglia come tante altre, che obbedisce all’ormai usurato comandamento tolstojano:
“Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.
Il primo breve capitolo del libro si intitola proprio “La casa” e ci mostra lo spazio domestico come “centro geografico e frontiera”, i mobili, gli oggetti, la luce pomeridiana che disegna ricami arzigogolati sui muri. In quel luogo, negli armadi da usare come nascondigli e negli specchi da fuggire come incantesimi, rivive il lessico famigliare dell’infanzia che i bambini apprendono dagli adulti. La casa è il posto nel quale le difese vengono meno, dove cadono le maschere e dalla fessura di un armadio due bambini possono spiare in segreto il pianto dei genitori, ciò che per decoro non viene mostrato al mondo esterno.
L’assenza di segreti che la figura di Padre impone a tutti i membri del nucleo familiare avrà delle conseguenze; si dilaterà in cerchi concentrici come le vibrazioni di un sasso lanciato sull’acqua generando un senso di claustrofobia che accompagnerà i figli anche una volta adulti. Le pagine strappate dei fumetti del primogenito, il gioco sottratto al più piccolo o il diario proibito alla piccola Martina saranno dei traumi all’apparenza innocui, infantili, in grado di generare un pianto che poi si estingue in fretta, ma resteranno impressi come cicatrici invisibili nella psiche. Il potere è l’altra faccia - quella oscura, indicibile - dell’amore.
Sara Mesa nella sua inquieta Famiglia, una narrazione multipla, stratificata sulla sovrapposizione di diversi punti di vista, osserva sotto una lente di ingrandimento i rapporti umani, li sottopone a una sorta di autopsia feroce, come se stesse analizzando una vittima orrendamente mutilata sulla scena del crimine. Con la sua scrittura disorientante, solo in apparenza sconnessa poiché infine tutti i nodi si stringono, mette a fuoco i vuoti che si allargano sotto le reti stringenti dell’affetto - e che nulla può colmare.
La famiglia
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Davvero un’ottima recensione scritta con intelligenza, padronanza di lingua e concetti, e con capacità analitica notevole. Si capisce in modo chiaro lo stile di scrittura dell’autrice adottato in questo romanzo,che personalmente non ho letto e anche il messaggio che vuole trasmettere ai lettori.
Evoca anche immagini incisive e raffinate di taglio letterario e non solo di carattere giornalistico. Insomma un bellissimo articolo,anche se leggendolo,mi pare di capire che l’autrice tenda a minare in molto chiaro le certezze del lettore sul concetto tradizionale di famiglia, gettando ombre su questa immagine e quindi mi sembra evidente che sia una lettura impegnativa.Complimenti all’autrice della recensione.