La ferita
- Autore: Lucio Leone
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
“Cosa si prova a gettarsi nel vuoto?”
Il protagonista del nuovo romanzo di Lucio Leone, La ferita, portato in libreria da Alessandro Polidoro Editore (2021), se lo chiede con sorpresa quando ormai nella sua vita e in quella delle persone di cui si occupa per lavoro pensa di essere scampato infinite volte a una sensazione simile.
Il suo dopotutto è un mestiere delicato ma necessario, che gli permette di insinuarsi fisicamente e spiritualmente dentro la ferita di ogni suicida nel tentativo di riparare a un gesto estremo con uno più dolce, più ancorato all’esistenza, manovrato dall’interno da una coscienza più equilibrata. Per raccontare un personaggio inconsueto come lui, l’autore costruisce un microcosmo fatto di andirivieni lessicali e concettuali, di piccoli slarghi narrativi e di aggettivi abbondanti, che permettono di sgretolare un passo dopo l’altro l’anonimato e la discrezione del protagonista, e di seguirlo nelle sue missioni di lavoro con un’empatia sempre più vincolante.
Così, nel momento in cui il suo destino subisce una sferzata imprevedibile, che lo costringe a confrontarsi non solo con i propri stati d’animo e con le proprie convinzioni, ma anche e soprattutto con abitudini, valori, ideali e priorità, a scavare all’interno di una nuova ferita è in particolare chi legge, chi vede il personaggio spaccarsi in due per la prima volta e interrogarsi su bivi ai quali non si era mai trovato prima, quantomeno non con la stessa violenta concretezza.
“In realtà, non so se sia corretto pensarmi come individuo. Tanto varrebbe usare il noi.
Noi abbiamo una sola qualità assoluta e una funzione: siamo la coscienza critica del cosmo, è attraverso noi che il cosmo riflette su se stesso e ogni cosa si osserva e si immagina.”
Sono queste le frasi che scandisce, quasi a fatica, quando ormai la sua strada sembra tracciata, alla fine di un countdown scandito da capitoli che procedono a ritroso, a partire dal -26 fino ad arrivare allo 0, come a segnalare il cammino impervio ma inevitabile che ciascuno di noi, insieme al protagonista, percorre fino al punto di massimo incontro con il proprio nucleo fondante, o magari di scissione totale dal proprio sé, o ancora di comunione armonica con quanto lo circonda, in onore di un enigma in grado di attraversare tutte le pagine dell’opera.
Si tratta in verità di un romanzo molto breve, che supera a stento le cento facciate, e che tuttavia resta impresso in primo luogo per la sua densità linguistica e per lo spessore delle riflessioni affidate personalmente all’incisore di corpi, e in secondo luogo per la capacità del suo creatore di renderlo plastico e sinuoso rispetto alla catena di eventi in cui si ritrova coinvolto, incapace di ribellarsi e al contempo di lasciarsi scivolare addosso ogni episodio come se niente gli importasse davvero.
La sua è una posizione ibrida, a metà tra il sovrumano e l’inumano, e condannata (forse benignamente) a cambiarsi in un’irriducibile e altissima intelligenza emotiva: l’accesso singolare e inedito che ha nell’animo altrui, infatti, lo conduce per mano a un ascolto sempre più intenso delle proprie istanze, a uno sguardo via via più largo sui propri affetti e sul significato del suo stare al mondo, che nonostante i salti temporali e di coscienza a cui è sottoposto gli spalancano di fronte una voragine di possibilità, una spaccatura fra il passato e il futuro che alla lunga si rivela impossibile da ignorare.
"Se guarderai a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te", scriveva Friedrich Nietzsche. "L’unico caso in cui il passato descrive il presente è quando i bambini raccontano il loro giocare", scrive invece Lucio Leone, e nell’altalena mobile fra questi due aforismi si dipana il senso profondo de La ferita, suggerendo impressioni magnetiche e cangianti una pagina dopo l’altra, finché non risulta chiara, in tutta la sua accecante complessità, quel congegno corporeo (e non) da cui siamo avvolti al di là della nostra forza di volontà.
La ferita
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