La ferrovia sotterranea
- Autore: Colson Whitehead
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2017
Leggere un libro dove il razzismo si concretizza con l’immagine del nero africano reso schiavo dagli europei che avevano colonizzato le Americhe sembra volerci ricostruire un quadro storico che tutti noi conosciamo per averlo studiato nei libri di storia già dalle scuole medie.
Nel libro La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead (SUR, 2017, trad. M. Testa) non assistiamo soltanto alle atrocità che il bianco ha inferto sui corpi dei neri per sfruttarne le energie al servizio delle sue piantagioni, ma a come si sia inculcata nella cultura del bianco la metonimia nero=schiavo, che ancora oggi sopravvive in quell’America razzista che uccide il nero George Floyd disarmato e ammanettato con la faccia a terra, con un agente bianco che gli preme un ginocchio sul collo nonostante l’uomo a terra gridi di non riuscire più a respirare. Quella stessa America che identifica ancora nelle sue viscere il nero con lo schiavo.
Perché il razzismo possa essere interpretato è necessario trovare una giustificazione:
“Lo schiavo era considerato inferiore e poiché esisteva una relazione di contiguità tra il colore della pelle nera che significa schiavo cioè inferiore, anche se non c’è più lo schiavo ma rimane il nero, la forza dell’abitudine, la cultura ogni volta che dico nero richiamo l’immagine dello schiavo cioè dell’inferiore”.
L’autore prende la metafora della ferrovia sotterranea e la trasforma in una realtà e si sforza di distruggere la metonimia e distinguere lo schiavo dal nero.
La “ferrovia sotterranea” che dà il titolo al romanzo nella realtà è un’espressione metaforica per indicare un’organizzazione illegale e clandestina che attraverso una serie di itinerari segreti aiutava gli schiavi a fuggire nei cosiddetti stati liberi dove non c’era più la schiavitù: il Canada, ma anche verso il sud verso il Messico.
I membri di questa organizzazione clandestina erano tutti abolizionisti disposti a rischiare la propria vita per portare gli schiavi nel nord libero (ne portarono in salvo tantissimi tra il 1810 e 1850 circa 30.000). Si tratta in pratica di tanti anonimi Oscar Schindler o George Perlasca a dimostrazione che non c’è soltanto la cattiveria dello schiavista, ma anche la bontà di chi si è opposto. Fra i tanti c’è il signor Fletcher, il primo agente della ferrovia sotterranea che Cora e Cesar i protagonisti della fuga vedono nella stazione di quella ferrovia che li porterà lontano verso la salvezza.
Cora, che rimane in assoluto la protagonista del romanzo, subisce le peggiori angherie di un mondo di bianchi sempre alla ricerca di neri ribelli e fuggiaschi disposti a pagare crudeli cacciatori di schiavi che si ostinano a inseguire anche negli stati del nord chi è riuscito a ricostruirsi una vita da libero.
La narrazione procede con scene quasi teatrali, in cui i diversi personaggi danno vita a rappresentazioni di vite disperate eternamente angosciate dal loro essere schiavi.
Non sempre il tempo della storia coincide col tempo del racconto, che riprende in flashback le vicende di personaggi di cui si sono perse le tracce, questo consente al lettore di ricostruire i fatti secondo la sequenza temporale e di alleggerire la narrazione.
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