La grammatica dei piedi
- Autore: Laura De Beni
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2017
La silloge La grammatica dei piedi di Laura De Beni (Samuele editore, p. 63, 2017, con prefazione di Valentina Gasparet) è un testo surrealista che sarebbe piaciuto sicuramente ad André Breton. Troviamo una facilità espressiva con associazioni mentali che scaturiscono dall’inconscio con energia inesausta, stupendo e coinvolgendo. Il surrealismo si riproponeva appunto questo, surclassare la ragione che diventa fuorviante per la comprensione profonda, per dare spazio alla realtà "altra" delle visioni, dei sogni e perfino degli stati alterati della coscienza. De Beni va avanti egregiamente con le sue scorribande nell’immaginazione, supportata anche da maestri di magia tolteca come Carlos Castaneda, di cui riporta la seguente citazione:
“Qualsiasi via è solo una via,
e non c’è nessun affronto,
a se stessi o agli altri, nell’abbandonarla,
se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare.
Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione.
Provala tutte le volte che lo ritieni necessario.
Quindi poni a te stesso, a te soltanto, una domanda
Questa via ha un cuore?
Se lo ha, la via è buona.
Se non lo ha, non serve a niente.”
Che cosa debba intendersi con la parola "cuore" in senso tradizionale misterico presso tutti i popoli si può comprendere da un’altra immagine, tratta dalla cultura egizia: sul coperchio del sarcofago d’oro di Tutankhamon è inciso un occhio in corrispondenza del cuore. L’occhio del cuore, la "visione cardiaca", l’intelligenza emotiva è messa in atto da De Beni con maestria. Ma la poetessa si spinge oltre, come si vede già dal titolo ardito, in quanto la grammatica, il linguaggio della rivelazione e della comprensione, sta "nei piedi": questi simboleggiano non solo il movimento, ma l’ancoraggio alla terra, alla corporeità come elemento imprescindibile di verità. L’autrice si è occupata anche di teatro e di espressione corporea e trasporta conoscenze sperimentate nei versi:
“Sussurramelo all’orecchio, liquido,
quello che vuoi sentire
fallo scavalcare il collo con un salto
per giungermi atletico al petto.
Cicatrizza il muscolo, sussurrami
quello che sta andando perso.”
È narrato un innamoramento che fa scintille come è giusto che sia. Con la conseguente delusione perché l’amore è una rosa con spine, e di fronte alle bufere chi ama “non indossa l’impermeabile”, non possiede difese:
“E all’ultima bufera venuta a disturbare
che ha scagliato scorie impazzite
in circolazione, macchioline umide
– simili a schiuma di mare
non più al contrario della calma –
non ho indossato l’impermeabile.”
E ancora:
“Viene l’inverno con sulla pelle il marmo.
Coricano luoghi sotto lividi d’un bivio
sembra ieri che mi arredavano il corpo.
Esco cercando un guanto di mio gusto
per quell’unghia rosicchiata ben oltre
la forma compromessa delle cose.
Striminzita mostro l’altra guancia.”
Nella crisi si sperimenta “la forma compromessa delle cose”. Ma probabilmente è l’illusione continua dell’amore, nella sua prima fase, a creare forme “compromesse”.
Il libro sarebbe già interessante per tutto ciò, giacché ogni emozione è maestra di vita, ma contiene molto di più. Nella seconda parte lo scenario si sposta da un caso personale alla visione complessiva del mondo, inserendo il frammento nel tutto, con un rallentamento del dire che si fa meditazione:
“Siamo venuti nudi, stropicciati,
e nudi ritorneremo a un cosmo
privi di alcun secchio a fare massa
col peso incalcolabile di una piuma.”
Dunque appare il cosmo, in cui torneremo, in cui siamo sempre stati, luogo di salvezza. Il nostro peso piuma è, incredibilmente, sia per De Beni, sia per la mitologia egizia, quello che pesa la dea Maat, la giustizia: se i nostri errori peseranno più di una piuma, non passeremo oltre… ma l’artista ha già porto “l’altra guancia”, si è conquistata l’empireo comprendendo e accettando il destino. Magnifici i versi:
“sogno di sognare un sogno
che serbi in utero un cuore
pronto all’oltre.”
Nel libro, che diventa sapienziale, troviamo anche una citazione di una poetessa di sensibilità affine, Mariangela Gualtieri, che recita:
“Imparare quel mantra che contiene
l’antica vibrazione musicale
forse la prima, quando dal buio immoto...
un gettito innescò la creazione.”
Il mantra è senza dubbio l’Om, sillaba del respiro cosmico. Da emozioni esperite si passa a pensieri che radicano e danno senso, perché nati dal camminare e dal patire, comprendendo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La grammatica dei piedi
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