La linea Gustav. I luoghi della battaglia da Ortona a Cassino
- Autore: Gabriele Ronchetti, M. Angela Ferrara
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
“Inverno 1943-44 in Italia, primi a morire furono i valori umani”
Adriatico e Tirreno distano meno di duecento chilometri tra Ortona e la costa davanti ai Monti Aurunci. È il punto più stretto della penisola ed è lì che i tedeschi fortificarono la serie di linee che facevano perno su Cassino e che bloccarono per sette mesi il potente esercito alleato in Italia. Per una volta, protagonista non è però il paese sulla Casilina sovrastato dal poderoso monastero. È il complesso dei territori interessati ad essere al centro del volume di due giornalisti e ricercatori, Gabriele Ronchetti e M. Angela Ferrara: intensamente illustrato con foto a colori e corredato di schede, “La linea Gustav. I luoghi della battaglia da Ortona a Cassino”, è edito nel 2014 da Mattioli 1885 (192 pagine 16 euro), nella collana Viaggi della Storia della casa editrice di Fidenza.
Si tratta di una guida storico-paesaggistica-turistica ai luoghi e alle tracce delle battaglie del 1943-44, dove il conflitto si stabilizzò per mesi, infuriando in un territorio che si estendeva per poco più di 160 chilometri e per una profondità di una decina.
Quando capirono di poter trattenere a Sud di Roma il forte esercito angloamericano, i tedeschi attrezzarono una serie di linee ravvicinate (Barbara, Bernhardt e soprattutto Gustav) a partire dal fiume Garigliano. Presentavano tanti vantaggi: si appoggiavano a un terreno montano rotto da valli torrentizie, la difesa era favorita dal cattivo tempo, non c’era possibilità di far valere la superiorità dei mezzi corazzati. Un solo svantaggio: erano facilmente aggirabili con operazioni anfibie sulle spiagge più a Nord. Si andava però verso la cattiva stagione e gli sbarchi sarebbero stati impossibili, sebbene a gennaio ’44 quello di Anzio abbia smentito la previsione tedesca, pur non risultando poi decisivo.
L’Organizzazione Todt fortificò i crinali tra la costa adriatica e tirrenica, impiegando tonnellate di cemento e acciaio. L’alto comando Wermacht attuò in zona i primi esperimenti di terra bruciata, desertificando, minando, devastando le aree davanti e dietro le linee.
Un calvario anche per la popolazione: oltre ad essere allontanata dalle proprie case, dovette subire l’atteggiamento intollerante dei germanici, che reprimevano duramente le minime mancanze nei loro confronti, a scopo preventivo, come ammonimento ad evitare atti ostili più gravi di resistenza. Obiettivo del tutto mancato in Abruzzo, dove i fieri montanari costituirono la Brigata Maiella. Era una formazione partigiana che non faceva guerriglia e colpi di mano ma combatteva in linea come un esercito: soldati senza stellette, che guadagnarono la fiducia del maggiore Lionel Wygram, dei Royal Fusiliers. Il bravo ufficiale, esperto in tattiche da commando, riuscì ad ottenere che abruzzesi e reparti inglesi costituissero una formazione mista, la WigForce. Incorporata organicamente nell’Ottava Armata, la Maiella risalì la penisola combattendo: Marche, Romagna, Emilia, Veneto. Fu la formazione italiana col più lungo ciclo operativo tra le truppe alleate.
Sulla linea d’inverno, i tedeschi stabilizzarono la ritirata dal Sud e la guerra di posizione si risolse in una carneficina, come dimostrano le migliaia di cippi, lapidi, monumenti e tombe nei numerosi cimiteri di guerra in zona.
In particolare, la Gustav fu il luogo dove la crudeltà del conflitto si manifestò in tutti i suoi aspetti, a danno dell’uomo. Massacri inutili causati da ordini caparbi dei superiori, come per i canadesi ad Ortona. Distruzioni evitabili, come il bombardamento che demolì l’abbazia di Montecassino. La vita e i valori umani vennero del tutto ignorati. I civili pagarono un costo durissimo. Rastrellamenti, sfollamenti coatti, saccheggi, violenze, rappresaglie dei tedeschi, vessazioni dei liberatori.
Indifferenza, disprezzo e ferocia totale verso la gente del posto furono una costante, anche se il volto peggiore lo mostrarono le truppe nordafricane francesi. Dopo lo sfondamento, settemila soldati marocchini e algerini si scatenarono dietro le linee. Per gli abitanti delle province di Latina e Frosinone fu l’inferno. Non ci fu paese risparmiato, ogni villaggio, casa o cascina venne assalito in ogni modo violento. Si contarono oltre settemila donne stuprate, dagli 8 agli 85 anni ed anche centinaia di uomini.
“Peggio delle bestie, sembravano diavoli”
Si parlò di un documento del generale Juin, che concedeva libertà di violenze e saccheggi. Una vendetta pianificata? Non è inverosimile, considerato l’odio francese per “la pugnalata alle spalle” inferta da Mussolini nel giugno 1940.
Le notizie storiche sono sintetiche ma efficaci e la sezione informativa sostiene con frequenza il testo, per fornire agli eventuali visitatori notizie utili su località, itinerari, siti e locali dove mangiare e alloggiare.
La linea Gustav. I luoghi della battaglia da Ortona a Cassino
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