La linea della palma. Saverio Lodato fa raccontare Andrea Camilleri
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- Casa editrice: BUR
Saverio Lodato è giornalista dell’“Unità” e noto saggista, i cui libri specificamente scandagliano aspetti perversi del fenomeno mafioso. Del suo primo rapporto con Andrea Camilleri, sviluppatosi poi con la pubblicazione delle opere "Inverno italiano" (2009) e "Di testa nostra" (2010), è emblematica "La linea della palma. Saverio Lodato fa raccontare Andrea Camilleri" (Milano, Rizzoli, 2002). Vi si svolge una sostanziosa conversazione tra lui e lo scrittore di Porto Empedocle. Questi, rispondendo a domande precise e ben calibrate, racconta la sua vita in modo del tutto accattivante sia per il lettore che per l’intervistatore. Lodato, infatti, a conclusione della sua “Introduzione” avverte il bisogno di evidenziare che egli sarebbe rimasto molto a lungo ad ascoltare Camilleri.
Il titolo dell’opera riprende un pensiero che Leonardo Sciascia aveva espresso sulla sicilianizzazione dell’Italia, utilizzando, oltre che in una poesia, ne "Il giorno della civetta" l’immagine di un elemento vegetale: quello dell’albero della palma, che, secondo gli scienziati, per motivi climatici si sposta da sud verso il nord di cinquecento metri ogni anno. Analogamente la Sicilia, dirà nel 1970 a Giampaolo Pansa della “Stampa”, esporta al Continente la metastasi della sua triste realtà.
In quest’ottica, la narrazione di Camilleri parte da lontano, dalla sua infanzia. Si ferma alle soglie dell’attività di scrittore a proposito della quale, specifica Lodato, il lettore
“avrà modo di vedere dal vivo quanto sia difficile diventare grandi scrittori, letterati di successo, ma soprattutto quanto sia raro mantenere la propria libertà di giudizio mentre fuori infuriano il fascismo e la guerra”
Dieci i blocchi del libro-intervista di Lodato. Ciascuno di essi, avente un proprio titolo, comprende un prologo agli argomenti che affioreranno dall’amabile, si fa per dire, chiacchierata tra lui e il padre di Montalbano: “un siciliano nello sguardo”, vi si legge, “nella gestualità, nei suoi silenzi che a tratti – come violenti surruschi, lampi accecanti – conferiscono un peso inatteso a una conversazione, uno scambio di battute, un dialogo che apparentemente stava filando via leggero”.
Tantissimi i ricordi come se la sua mente li proiettasse su un grande schermo: il periodo del regime, lo sbarco degli alleati, l’insorgenza della mafia e l’incontro con Sciascia, la sua relazione con Gallo, De Filippo e D’amico in particolare, personaggi che incideranno notevolmente sulla sua formazione. Non manca l’attenzione accesa all’attualità e ai temi più scottanti del dibattito politico. Parole davvero esaltanti vengono adoperate sull’innovazione di cui i giovani, la cui bellezza è “la libertà della propria creatività fantastica”, dovrebbero essere portatori. Alla domanda di Lodato sul modo di congedarsi dal lettore, egli così risponde:
“Con la speranza di poter assistere al momento in cui questi giovani realizzeranno tutte le loro idee, tutti i loro sogni. A proposito anche Montalbano, proprio qualche giorno fa, mi ha confidato di nutrire la stessa speranza…”.
Da un grande affresco socio-storico viene perciò fuori una sorta di autobiografia, dove il sentimento della sicilianità è reinventato con l’ottica dell’umorismo al fine di stemperare il senso della tragicità delle cose. Libro di preziose e profonde testimonianze potremmo allora dirlo: vi si raccordano l’uomo e lo scrittore Andrea Camilleri e vi si intrecciano riflessione politica, conoscenza della storia e tensione morale.
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