La Maledetta Barca
- Autore: Marina Rossi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Trieste italiana, Dalmazia irredenta. Per cento anni ce l’hanno raccontata così, nei libri scolastici. Chiedete agli italiani di 19 regioni com’è andata cento anni fa e penseranno allo sventolio di bandiere tricolori sul molo Audace. Ma provate a interrogare qualcuno nelle due province Giulie (Gorizia e Trieste) e parlerà di un’altra storia. La racconta Marina Rossi, nel libro “La Maledetta Barca. Il rischioso viaggio della Torpediniera 3 (1-3 novembre 1918)”, pubblicato a fine ottobre 2018 dall’Editoriale Programma di Treviso (112 pagine, 9 euro).
Ricercatrice, più volte docente presso la cattedra di Storia dei Paesi Slavi delle Università di Trieste e Venezia, nota per gli studi sul fronte orientale e sulle prigionie in Russia nei due conflitti mondiali, è soprattutto nata e cresciuta a Servola, rione triestino sloveno. Lo ha sentito più volte quel termine, “maledetta barca”, affibbiato al cacciatorpediniere Audace della Regia Marina, che sbarcò il tricolore a Trieste il 3 novembre 1918.
Quela maledeta barca che ne li ga portai qua!
Da bambina, negli anni ’50, lo sentiva ripetere dalla componente della popolazione triestina ancora contraria all’unificazione all’Italia, dopo oltre trent’anni.
Il suo lavoro vuole mettere in luce la complessità politica del territorio giulio, che si manifestò in tutta evidenza nella fase convulsa della caduta dell’impero asburgico, quando gli slavi assunsero il controllo della grande città-porto ed anche della piazzaforte marinara di Pola e del litorale dalmata.
Regnava una gran confusione. Non c’era niente di scontato, neanche il passaggio ai Savoia, che dalla nostra parte del confine si dava per atteso dalla maggioranza della popolazione.
Maggioranza? Solo una sparuta pattuglia di professionisti dell’irredentismo, che non rappresentò mai un fenomeno di massa, fa presente la prof.ssa Rossi. Si poteva riassumere in una percentuale che variava secondo le categorie sociali e lavorative, anche nella stessa città: inesistente tra l’aristocrazia, presente tra gli assicuratori, sensibile tra i commercianti e gli artigiani più agiati, considerevole tra i funzionari e gli impiegati, molto elevata tra gli intellettuali. Gli irredentisti consapevoli erano in media il 2% della popolazione, quindi circa 5.000 persone. Il 10% sarà stato attivamente irredentista e il 10% di questo 10% - una cinquantina - erano i militanti della “invisibile preparazione insurrezionale”.
Il tricolore italiano e la bandiera rossa, aggiunge l’autrice, si alternarono più volte - in qualche momento vennero perfino affiancati - sulla torre del Municipio di Trieste, dal 30 ottobre al 3 novembre 1918, quando la città, partito il governatore austriaco, si resse da sé fino all’arrivo delle truppe italiane. C’era confusione, poca chiarezza su chi avrebbe assunto l’eredità statale della duplice monarchia.
Cominciavano a scontrarsi due nazionalismi, in un quadro di tensioni e di riscossa sociale popolare. Troppo tardi l’imperatore Carlo I aveva proposto un progetto di Stato federale. Da quando il crollo dell’Austria-Ungheria era apparso imminente, si erano manifestate le forti aspirazioni degli irredentisti filoitaliani ad estendere l’Italia a oriente, fino a Fiume, alla Dalmazia, alle Bocche di Cattaro; i nazionalisti slavi chiedevano di fissare il confine il più possibile a occidente, all’Isonzo e magari al Tagliamento; gli indipendentisti avrebbero voluto Trieste e una parte della regione erette in Stato autonomo sotto la protezione della futura Lega delle Nazioni. Gli altri, la parte forse maggioritaria della popolazione, non sembravano gioire del crollo dell’Austria, ma solo della fine della guerra e delle sofferenze.
Questo il contesto ideologico ricostruito dalla ricercatrice triestina, che offre ovviamente anche un contributo storico, inquadrando gli episodi nel contesto pre e post bellico. Di grande rilievo il ricco corredo di fotografie d’epoca, ben riprodotte nel volume dell’Editoriale Programma e in buona parte inedite, tratte dall’archivio personale di Marina Rossi.
C’è poi la vicenda nella vicenda, ricostruita attraverso pubblicazioni croate, austriache e documenti finora trascurati, come la testimonianza dell’esponente principale del partito liberalnazionale italiano a Trieste, Marco Samaja e i ricordi del capitano Gebauer, un cattarino della Marina austroungarica, vicecomandante e pilota della Torpediniera 3.
Dopo una difficile navigazione, per il pericolo delle tante mine e il rischio di venire colpiti da una delle due flotte (più quella austriaca, considerati i contatti radiotelegrafici costanti con gli italiani), l’unità traghettò a Venezia una delegazione del comitato di salute pubblica creato a Trieste dopo il crollo austriaco. L’obiettivo era parlamentare con l’Intesa per esporre la delicata situazione dell’ordine pubblico in città, ma Diaz colse l’opportunità. Il risultato, accompagnato da scontri tra i due opposti nazionalismi italiano e slavo, fu lo sbarco del gen. Petitti di Roreto e 200 Carabinieri, alle 16 del 3 novembre 1918, sul molo davanti all’attuale piazza Unità d’Italia. Il 10 novembre sarà il re ad arrivare a Trieste sullo stesso CT Audace.
La maledetta barca. Il rischioso viaggio della Torpediniera 3 (1-3 novembre 1918)
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