La meteorologa
- Autore: Tamar Weiss Gabbay
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Giuntina
- Anno di pubblicazione: 2024
Tamar Weiss Gabbay, oltre a essere una sceneggiatrice ed editor e finora scrittrice di libri per l’infanzia, ha scritto questo prodigioso romanzo dal titolo La meteorologa (La Giuntina edizioni, traduzione Silvia Pin).
Gabbay vive a Gerusalemme, ma non ci sono altri luoghi indicati in questa novella in tre parti.
Il grand Canyon di cui scrive Il professore, nella seconda parte, potrebbe essere il deserto del Negev, ma sembra assai improbabile. Poi chi scrive difende la libertà creativa degli scrittori, abbiamo letto libri meravigliosi senza capire dove si svolgeva la vicenda, come il contrario, una città famosa, Parigi ad esempio, che fa scomparire l’identità dei protagonisti.
La parte tenuta in maggiore considerazione è la prima parte, quella dedicata appunto alla meteorologa, che ha l’incipit più bello letto di recente e che in parte trascrivo:
Giunse a passi lenti sulla via principale della cittadina, come un cavaliere solitario appena sceso da cavallo per sorvegliare la zona. La sua eterna salopette in velluto a coste beige era un po’ lisa ma pulita, e così la maglietta bianca che indossava sotto. Morbida sui fianchi aveva legata una camicia a quadri blu, in mano teneva il cappello. Si incamminò lungo la via, come se molti occhi la seguissero da dietro le lamelle delle tapparelle guardando con stima e preoccupazione la donna che avanzava da sola, in pieno giorno sulla strada deserta, come uno sceriffo, come una pistolera diretta al duello.
Sembra di essere in un film western con uno sceriffo donna e le frasi, via via che la narrazione prosegue, sono ancora più stranianti e oniriche. La realtà è che una ragazza ha affittato una casa per mettere sul tetto una stazione meteorologica. Da quel momento in poi i cittadini del posto sapranno il tempo che fa, utile non solo per cose banali, come se mettere una maglia di meno o prendere l’ombrello: era già successa un’inondazione che aveva ferito due sorelle sui dieci anni e si era portata via tutti i cani della zona. Anche il cane della meteorologa era stato trascinato a valle, scomparendo nell’acqua e, nonostante lei avesse già gli apparecchi, lo aveva scordato fuori dalla porta. La scrittrice israeliana scrive in modo realistico e al contempo sembra che, leggendo, noi lettori siamo in uno stato a metà tra sonno e veglia, ma vogliamo sentire cosa altro è successo. Da quel giorno non accadde più.
Prima dell’inondazione i bambini dovevano restare a casa e seguire certe accortezze e i cani della zona venivano messi in sicurezza. Disse di sì per una gita scolastica da fare all’interno del canyon. Avrebbero preso parte la nipote e il padre, quindi era stata attenta fin nei minimi particolari.
Zia e nipote non parlavano molto tra loro, pur mangiando a volte allo stesso tavolo, ma non sembrava solo timidezza, ma semmai una complicità muta, come due avversari che si temono e si rispettano.
È la nostra malizia di lettori a vedere analogie o estendere significati alle parole fino alla fine di questa parte del romanzo. Ogni gesto tra la meteorologa e la nipote sembrava innocente: la ragazza le spiega che il suo professore, che era suo nonno, lanciò l’idea di una botola chiusa, in caso di un’inondazione non prevista. Ma dopo un litigio con la nipote che le urla contro che lei rovinava sempre tutto, ci sembra di vedere questa donna fragile, che combatte contro i pregiudizi di ogni tipo.
La seconda parte è quella dedicata al Professore, il padre della meteorologa, con un’altra figlia che vive distante e con il ricordo di una moglie sempre stanca; la nipote che vive con lui e la zia.
In quei giorni prima della gita scolastica viene mandato dalla figlia nella buca, una sorta di cantina, per prendere il vino. Ma c’è come un rivolo d’acqua nella cantina buca che si riempie sempre di più.
Anche in questo caso Gabbay scrive in modo ambiguo, non si capisce se stia narrando un sogno o la realtà.
In ogni caso Il professore sembra essere tornato bambino: chiama la madre, che però sembra non sentirlo. La "madre ebraica" è un cliché per raffigurare una donna ansiosa, sta sempre addosso ai figli, perché sono la cosa più importante della sua vita. Logorroica, con momenti in cui sembra non interessarle più la famiglia come nucleo, ma l’intera comunità ebraica dispersa nel mondo.
La terza parte del libro riguarda la nipote che vive con lui e con la zia meteorologa.
Ma la madre, che lavora lontano, la chiama spesso e un giorno le arriva un audiolibro: Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway (in italiano viene ripreso il libro, nella edizione Mondadori, con traduzione di Silvia Pareschi, 2021).
Le parole della nipote ci danno un’immagine nuova della zia meteorologa e del nonno.
La meteorologa è un romanzo che fa bene al cuore, perché in questa opacità del libro le tensioni degli ebrei con un altro popolo diventano una cosa fluttuante, che dovrà risolversi prima che l’acqua possa arrivare alle case, per effetto del cambiamento climatico. La letteratura ebraica con Tamar Weiss Gabbay ha una nuova scrittrice.
La meteorologa
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