La moglie coreana
- Autore: Min Jin Lee
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2018
Min Jin Lee, americana di origini coreane, impiega ben 6 anni per documentarsi sulla comunità dei suoi connazionali in Giappone e stendere una bozza di storia. Poi, seguendo il marito, si trasferisce a Tokyo e lì si accorge che il suo racconto era sbagliato. Butta tutto nel cestino e ricomincia da capo. Stavolta ci mette 9 anni per dare alla luce “La moglie coreana”.
Il suo sforzo e la passione vengono ripagati dalla critica, dal pubblico (tuttora nelle classifiche di vendita) e dall’accesso alla finale del National Book Award.
Il romanzo, fin dalle prime pagine, assorbe il lettore e lo fa convivere con una famiglia sudcoreana che ha il suo baricentro nella giovane Sunja.
Siamo nel lontano 1910, l’incipit ci porta nella piccola isola di Yeongo, otto chilometri dalla città portuale di Pusan. La Corea è stata appena annessa al Giappone.
La saga della famiglia parte dal capostipite Hoonie, un uomo zoppo dal labbro leporino, ma di animo nobile, che sposa Yangjin. Dalla coppia nasce la nostra protagonista. La vita nell’isola scorre tranquilla, pur tra le difficoltà di tempi segnati da una povertà sempre incombente seppur dignitosa, il modo di narrare è quasi un elogio alla “lentezza” di kunderiana memoria.
Il romanzo si popola subito di una teoria di personaggi ben delineati che con i loro caratteri fanno da sponda alla descrizione dell’ambiente. Fra questi le donne, le quali, ancorché soggette ai mariti, sono invece le vere timoniere delle navi familiari. La determinazione di Sunja, la dolcezza di Kyunghee, la modernità di Akiko, la tranquillità della progenitrice Yangjin, lo stacanovismo di Yumi, accompagnano e tentano di proteggere le vite dei mariti e dei figli.
Mentre assistiamo con trepidazione e condivisione alle vicende appassionanti e appassionate dei nostri eroi quotidiani, il romanzo ci riporta l’eco dell’altra parte del mondo che, seppur appena accennato, ci ricorda la nostra storia di europei. Così come il Giappone ha annesso la Corea, la Germania (sua alleata) ha operato l’anschluss dell’Austria. Mentre il primo invade la Cina (il gigante asiatico), l’altra attacca La Russia (il gigante europeo). L’unico vero cattivo del romanzo non è un uomo, ma un’intera nazione, il Giappone, quasi sosia dell’altro paese con cui si è alleato: la Germania.
Entrambi hanno fatto l’errore di sfidare addirittura gli USA e, nel leggere che uno dei protagonisti va a lavorare a Nagasaki, ricordiamo con terrore la bomba atomica che segnò la fine della guerra calda e l’inizio di quella fredda.
Ed è proprio nel fatidico 1989 che l’autore lascia la famiglia ai suoi destini futuri, in una società ormai completamente diversa da quella di 79 anni prima.
Al lettore rimane l’amaro in bocca nel riflettere che, 40 anni dopo, la Corea è ancora una nazione tormentata e l’unificazione lontana.
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