La nazione delle piante
- Autore: Stefano Mancuso
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2019
Stefano Mancuso è professore all’università di Firenze, dirige il laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV) ed è uno scienziato internazionale, considerato dal “New Yorker“ uno dei ”World changer“. Il suo punto di vista è noto: il concetto della piramide alimentare mette al vertice l’uomo e in basso le piante che, invece, essendo le uniche capaci di produrre energia chimica fissando autonomamente l’energia solare, dovrebbero essere messe al vertice.
L’uomo in un lasso di tempo molto breve, cioè gli ultimi diecimila anni, è riuscito a combinare enormi disastri.
Scrive infatti Mancuso nel suo libro La nazione delle piante (Laterza, 2019):
Non crediamo che riusciremo a sopravvivere come specie così a lungo perché abbiamo ben presente che il nostro grande cervello, di cui siamo così orgogliosi, è stato in grado di produrre, oltre alla Divina Commedia, anche una serie di innumerevoli pericoli che in qualunque momento potrebbero spazzarci via del pianeta. Così le scimmie, le mucche, gli albicocchi, le felci, i batteri e le muffe (...) continueranno ad estinguersi soltanto in coincidenza di catastrofi apocalittiche, la cui frequenza sulla Terra si misura in milioni di anni, mentre noi rischiamo in ogni momento di sparire. E se svanissimo domani, fra mille anni o fra centomila, in altri centomila anni cosa rimarrebbe della Cappella Sistina, della Venere di Milo, della teoria della relatività, della Divina Commedia, delle piramidi e di tutti nostri ragionamenti? Nulla. A chi importerebbe di queste meraviglie? È per questo che la molto saggia Nazione delle Piante, nata centinaia di milioni di anni prima di qualunque nazione umana, garantisce a tutti gli esseri viventi la sovranità sulla Terra: per evitare che delle singole specie molto presuntuose possano estinguersi prima del tempo, dimostrando che il loro grosso cervello non era affatto un vantaggio, ma uno svantaggio evolutivo.
In La nazione delle piante , un libro immaginifico e contemporaneamente così reale, così autenticamente concreto, Mancuso ipotizza che il regno vegetale sia una nazione e formula per essa una breve costituzione di otto articoli. Le piante hanno un comportamento completamente diverso rispetto all’atteggiamento predatorio umano, non sono soltanto le uniche e straordinarie produttrici di ossigeno, elemento indispensabile per la nostra sopravvivenza, ma anche capaci di reperire elementi nutritivi attraverso le società di “mutuo soccorso“ che annoverano tra i loro fondatori anche i batteri.
Dovremmo sentirci debitori nei confronti delle piante anche per la loro capacità di disinquinare, assorbire e degradare molti prodotti contaminati. Le piante hanno un comportamento diverso rispetto agli animali (a cui la specie umana appartiene), “non sfuggono di fronte a un predatore; non vanno alla ricerca di cibo, non si spostano verso ambienti più confortevoli. Le piante non hanno la possibilità di adoperare la principale soluzione che gli animali utilizzano per risolvere qualunque difficoltà: il movimento. Ma se non si può scappare, come è possibile resistere ai predatori?
Il trucco sta nel non avere alcun organo fondamentale singolo o doppio, distribuendo al contempo sull’intero corpo tutte quelle funzioni che gli animali concentrano in organi specializzati. Gli animali vedono con gli occhi, sentono con le orecchie, respirano con i polmoni, ragionano con il cervello ecc., le piante vedono, sentono, respirano e ragionano con tutto il corpo. Una differenza fondamentale: concentrazione contro distribuzione, le cui conseguenze per la vita di noi animali non sono immediatamente intuibili”. Se gli umani hanno replicato l’organizzazione gerarchica del proprio corpo, quella delle piante è una nazione democratica in cui gli elementi non hanno alcun organo fondamentale, singolo o doppio, distribuiscono in ogni loro parte le stesse caratteristiche e rappresentano un modello fondato sul principio del mutuo soccorso e della cooperazione: un modello a cui gli umani dovremmo ispirarci per consentire la nostra stessa sopravvivenza.
Il punto di vista di Stefano Mancuso è di una semplicità disarmante e, nel frattempo, raffinato e spiazzante per una mentalità fortemente egocentrica, frutto di una “distorsione cognitiva”, dello stesso tipo di quella che fece letteralmente perdere la testa a Maria Antonietta, famosa regina di Francia. Il libro di Stefano Mancuso è un libro per tutti, anzi che tutti dovrebbero leggere per salvare se stessi e il mondo intero.
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Un libro perfetto per...
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Stefano Mancuso è uno scienziato di chiara fama di statura internazionale. Presso l’università di Firenze dirige il LINV, Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale. È una bellissima sigla che tiene conto dell’anima diffusa universalmente, come l’uomo in realtà ha sempre saputo e come, purtroppo, l’attuale civiltà dei consumi dissennati e dello spreco sta dimenticando. Lo stiamo facendo a nostro danno, ma pure con grave dolo verso l’ecosistema in pericolo di sopravvivenza. Utile e necessaria quindi la lettura del suo saggio La nazione delle piante (Laterza, 2019, pp. 139) con un sottotitolo ricco di ottimismo: "Un nuovo patto per la terra". Saremo in grado di creare e rispettare questo patto? È la grande sfida del terzo millennio.
La nazione delle piante è la più numerosa del pianeta, sebbene sembri silenziosa; siamo capaci di aggredirla con violenza da autentici predatori. La biomassa vegetale costituisce l’80% di quella totale, quella umana dello 0,01%; eppure prepariamo un futuro apocalittico con la deforestazione e l’inquinamento.
Lo scienziato, forte dei suoi studi e dell’empatia fortemente sentita con il mondo vegetale, redige un costituzione, una "carta dei diritti delle piante", il cui primo articolo recita:
Ci siamo posti con arroganza all’apice della scala, senza tenere conto che dipendiamo da un sistema di sinergie non modificabili, pena il disastro per tutti gli esseri. Mancuso considera i vegetali come nostri genitori, con una bella metafora suffragata dalla scienza. Con la sintesi clorofilliana siamo riforniti di ossigeno; le piante sono gli unici esseri che possono usufruire direttamente, senza intermediari, dell’energia proveniente dal sole; esse sono il ponte di collegamento tra la terra e il cielo.
L’umanità consuma le risorse terrestri non riciclabili, le piante invece consumano e assorbono dal terreno soltanto quanto è possibile, con un equilibrio e una legge naturale sorprendente. Sono in grado di rimpicciolire la loro statura e modificarla, mutare la struttura in vista di un risparmio energetico, mentre, osserva con elegante ironia lo scrittore, nessuno di noi può mutare la sua altezza. Mi sono resa conto di ciò, osservando la vita di una pianta nella mia casa, un’azalea che emette foglie più piccole delle precedenti, dopo la fioritura. Quante saggezza intrinseca!
Un altro punto chiave che differenzia l’organizzazione psicofisica e sociale tra noi e la straordinaria nazione verde è l’autoritarismo. La struttura piramidale delle nazioni umane deriva dall’enorme specializzazione organica del nostro corpo, dove la centrale operativa e direzionale è posta nel cervello. Le piante non possiedono questa specializzazione e lavorano e vivono con l’intero loro corpo, sentono in modo diffuso, respirano in modo diffuso, decentrano e assolvono le loro funzioni distribuendo uniformemente i compiti. Ne deriva un principio della "carta" nell’articolo 3:
Un altro argomento cardine del libro è la corretta interpretazione del darwinismo, completamente distorto nel giusto principio della sopravvivenza del più adatto. Abbiamo trasformato il più "adatto" come Darwin intendeva con quello del più "forte", fino ad arrivare a teorie aberranti come l’eugenetica di Francis Galton.
Lo scrittore sostiene un diverso principio, rifacendosi allo studioso e filosofo russo Pëtr Alekseevič Kropotkin che, nel 1902, ha posto il "principio di mutuo appoggio come fattore dell’evoluzione". Senza “mutuo appoggio” non sarebbero possibili le interazioni tra le specie e il loro balzo in avanti. Un esempio emblematico in tal senso, ma tanti potrebbero essere citati, sono i licheni, capaci di resistere ai rigori del freddo. Essi sono il connubio di un fungo e di un’alga. Anche l’estrazione di azoto dall’atmosfera, necessario alla vita vegetale, è possibile solo con la collaborazione di un batterio, il Nostoc.
L’intervento umano nell’armonia naturale può produrre tragedie. Nella seconda metà degli Anni cinquanta nella Cina di Mao vennero soppressi i passeri, "colpevoli" di nutrirsi di graminacee; ne derivò una carestia mortale con un’invasione immane di insetti divoratori dei raccolti: non c’erano più i passeracei a nutrirsene. Mi racconta un’amica che nella cultura contadina dei nostri nonni la semina comportava la distribuzione di due manciate di semi in ogni punto del solco, una per noi e una per gli uccelli, nella previsione della loro azione divorante.
Mancuso postula la capacità di rimboschimento, attuata con l’intelligenza che le piante suggeriscono. Infatti non è vero che esse non migrino, è vero piuttosto il contrario. Dovunque gli alberi ad alto fusto stanno crescendo ad altezze climatiche superiori al solito poiché più in basso si fa sentire il riscaldamento climatico. Postula città verdi con piante coltivate dovunque possano crescere e mutamenti economici in grado di salvaguardarci tutti.