La paura dei morti nelle religioni primitive
- Autore: James G. Frazer
- Genere: Religioni
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2016
James G. Frazer, nato a Glasgow nel 1854 e morto a Cambridge nel 1941, fu uno dei padri fondatori dell’antropologia moderna. La sua opera più famosa, “Il ramo d’oro. Studi sulla magia e la religione”, venne pubblicata nel 1890. Convinto seguace dell’evoluzionismo darwiniano, era persuaso che l’umanità si fosse sviluppata socialmente e culturalmente seguendo tre stadi fondamentali: dalla magia alla religione alla scienza.
In questo volume dal titolo “La paura dei morti nelle religioni primitive” che la casa editrice milanese “Il Saggiatore” ha da poco presentato al pubblico, con la traduzione di Anna Malvezzi, sono raccolti due cicli di conferenze che Frazer tenne tra il 1932 e il 1933 al Trinity College di Cambridge: testi arricchiti da un cospicuo apparato di note e da un utilissimo indice analitico.
La tesi ribadita in questo libro è che “la credenza quasi universale nella sopravvivenza dello spirito umano” derivi dalla paura dei morti (del loro minaccioso riemergere dal buio dell’aldilà), più che dal timore della morte stessa: e che sia diffusa e radicata in tutte le civiltà e religioni, a partire dalle società primitive o che tuttora rimangono confinate in uno stadio di civiltà non evoluta. L’idea (lusinghiera e consolatoria) dell’immortalità dell’anima e della sopravvivenza dell’individualità personale non trae dunque origine dai fondatori delle grandi religioni storiche, ma era già presente in epoche antichissime: a tale convinzione le varie fedi e chiese mondiali hanno poi attribuito un carattere etico e un messaggio di salvezza o di riscatto dalla sofferenza.
Frazer indaga miti e riti riguardanti le pratiche funerarie, le preghiere, gli esorcismi che presentano incredibili analogie in tutti i continenti e in tutte le epoche, e che dimostrano quanto l’umanità abbia sempre creduto, e in buona parte creda tuttora, che i trapassati possano influire (sia negativamente che positivamente) sull’esistenza dei viventi.
Ecco allora che il terrore degli spiriti poteva spingere i primitivi a blandirli seppellendo i cadaveri dei parenti in casa, gratificandoli con offerte di cibo e bevande, ammansendoli con canti o litanie; oppure al contrario li induceva ad allontanarli dall’abitato, a legarne le membra o a spezzarne le ossa perché non tornassero a pretendere qualcosa o a vendicarsi dei torti ricevuti. In genere le popolazioni primitive ritenevano che i morti mantenessero le abitudini e il carattere avuto in vita, con un aumento di potere tale da poter costituire sia una minaccia sia un aiuto per i vivi.
Qualcosa del genere rimane nelle usanze occidentali e contemporanee di celebrare la festa dei defunti, con visite collettive alle tombe, l’omaggio di fiori, l’oscuramento di porte e finestre, le benedizioni con incenso e le processioni popolari. Tuttora, poi, molte persone si recano dai medium o dai veggenti per cercare di comunicare con i trapassati, esattamente come in alcune popolazioni primitive e tribali si ricorreva agli stregoni o ai negromanti, che cadevano in trance, assumevano le voci degli spiriti evocati o utilizzavano oggetti particolari (ossa, pietre, amuleti) per perpetrarne il soccorso o renderne innocua l’influenza malevola.
L’atteggiamento che i popoli primitivi nutrivano verso i morti era insomma “un insieme di speranza e paura, di affetto e avversione, di attrazione e repulsione”, ma in genere prevaleva l’idea che gli spiriti fossero pericolosi, e quindi dovessero essere allontanati con la forza o l’inganno, impedendo in qualsiasi modo il loro ritorno foriero di disgrazie per la comunità. E qui Frazer intrattiene il lettore raccontando dei più vari stratagemmi messi in atto per impedire ai fantasmi di uscire dalle tombe per rapire i bambini, tormentare le vedove, fare malefici sui campi o il bestiame: quindi barriere di fuoco, d’acqua, di fumo; trappole, mutilazioni e decapitazioni dei cadaveri, incenerimenti... Usanze e credenze che si ritrovano tuttora in alcuni paesi dell’Africa, dell’Australia e dell’Europa orientale e che rivivono anche nei riti di purificazione e negli esorcismi praticati da molte chiese, a ribadire che l’umanità non è progredita granché, nei millenni.
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