La realtà come passione. Filosofia, Politica, Responsabilità in Giorgio Gaber
- Autore: Claudius Messner
- Genere: Musica
- Anno di pubblicazione: 2013
A 10 anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber, "La realtà come passione" ci guida in un viaggio tra le tante stanze del Signor G., ricostruendo la filosofia del grande cantautore, tra appunti, canzoni e monologhi. (Note di copertina)
Quasi come la regina di Biancaneve verrebbe da interrogarsi: specchio, specchio delle mie brame, chi è – fra tutti – il più gaberologo del reame?
- Michele Serra, cui si devono i prodromi dell’indagine sui sistemi massimi e minimi dell’Autore?
- Fabio Fazio & consorteria radical-chic -, specialisti in coccodrilli Anima mia style?
- La “Fondazione Gaber”, elitaria congregazione di officianti chiamati ad alimentare la sacra fiamma del Mito?
- Gli attor-comici in cerca di (vana)gloria che ne immiseriscono le gesta con reading che stanno al Suo talento come una capanna a una reggia?
- Il nutrito manipolo di saggisti over e underground (fra i quali - devo ammettere - è annoverabile anche il sottoscritto) che con l’esegesi gaberiana sono stati alle prese con alterne fortune?
Il primo decennale dalla morte di una star non si scorda mai: nella terra di poeti, santi, scrittori e parolai, un panegirico tv o un coccodrillo in poco più di cento paginette, non te lo toglie nessuno ed è un pedaggio obbligatorio. Che la solfa del memento risulti, poi, originale come un copia-e-incolla, poco importa: se deve essere il tripudio del dejà vù e dei fiumi di parole, che lo sia, e andiamo avanti così. Alla luce di tutto ciò non vi nascondo il mio stupore al cospetto de “La realtà come passione. Filosofia, Politica, Responsabilità in Giorgio Gaber”, che il docente di filosofia del diritto Claudius Messner ha da poco editato per Navarra Editore (2013): bisognava attendere un autore che col circostanziato mondo della saggistica musicale c’entrasse come i cavoli a merenda, per imbattersi in una delle analisi più pregne che la - peraltro ipertrofica - bibliografia gaberiana possa annoverare.
Nessuna abusata nota bibliografica in appendice (di quelle che fanno tanto “sono uno che ha studiato, che credete?”); nessuna foto a corredo; nessuna discografia dell’autore, seppure essenziale. Il libro è minimale nella forma e denso nella sostanza, sorretta da pensieri, parole e monologhi di Gaber medesimo, stralci filosofici, tesi e antitesi di prima mano, così che chi vuol capire capisce (e chi di Gaber se ne intende è sicuro che capisce), il resto è pregato di rivolgersi altrove. Certo che la puntualità analitica di Messner è apprezzata meglio da chi mastica filosofia (i rimandi sono numerosi e anche lo stile non è da narratore popolare), ma non è un limite, meno che mai il difetto di un saggio, piuttosto, cartina-tornasole del gigantismo ideologico di Giorgio Gaber: uno che Eraclito, Wittgenstein, Adorno, Heidegger li tirava in ballo spesso e volentieri perché li aveva letti - e presi sul serio - spesso e volentieri. Così non fosse, i suoi trent’anni e spiccioli di teatro-canzone sarebbero risultati altra cosa da quello che sono risultati: un’officina in progress di libero pensiero, un’indagine illuminista e metafisica al contempo - sull’Italia, l’Individuo, l’Ontologia -, il cui senso vero, più che nelle risposte, risiede nel gusto del domandarsi in sè, nella ricerca.
Spiega bene l’autore di questo libro, a pagina 19:
“(…) l’interesse non è quello di ripercorrere i variegati percorsi di lettura filosofica di Gaber che vanno, tra gli altri, da Eraclito a Heidegger, Adorno e Wittgenstein, da Platone a Marx (l’umanista) a Brecht, Husserl e Agostino. Vorremmo invece far luce su quella dimensione specificatamente ‘filosofica’ dell’opera di Gaber nella sua autonomia, una dimensione, questa, che si descrive in modo insufficiente se parliamo solo di satira o del piacere della parodia. Per caratterizzare meglio tale dimensione si potrebbe parlare di ‘ occasionalismo’ o ‘filosofia dell’occasione’ intendendo, con Gunther Anfers, una filosofia ‘che ha come oggetto la situazione attuale o elementi specifici del nostro mondo moderno, ma non solo come oggetto, perché è lo stesso carattere opaco e inquietante di questi oggetti che stimola propriamente il filosofare”.
Non so voi, ma personalmente lo trovo un punto di partenza sacrosanto, oltre che insolito, il movente di un’indagine tripartita (indaga del “progetto” filosofico, politico e culturale di Gaber), lontana tanto dalle agiografie sui cantanti (avete fatto caso che somigliano, quasi tutte, a quelle sulle vite dei santi?), quanto dalla commemorazione circostanziale, e dunque da leggere e rileggere, da cima a fondo, in quanto può tornare utile, anzi tutto.
Un’ultima citazione: riguarda la bella copertina di Enzo De Giorgi, del quale conosco il tratto evocativo per averlo ospitato in cover nel mio “Rosso sopra verde è la mia divisa”. Ma questa sarebbe ancora un’altra storia.
La realtà come passione. Filosofia, politica, responsabilità in Giorgio Gaber
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