La religione a Roma
- Autore: Gianluca De Sanctis
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
Gianluca De Sanctis sviluppa ne La Religione a Roma un’interessante analisi antropologica che assume come proprio oggetto la religione nel mondo antico e, in particolare, nella Roma antica, arcaica, repubblicana e imperiale.
Non, quindi, una storia della religione nella Roma antica ma una lettura antropologica, agile ed essenziale, svolta soprattutto dal punto di vista emico, quello dell’osservato, che impone di assumere, quali oggetti di studio, i fenomeni e il lessico religiosi, utilizzati nella società romana antica, evitando di leggere quei fenomeni con categorie interpretative attuali.
Proprio per questo si richiama l’importanza delle perdute Antiquitates rerum divinarum di Varrone e si individuano, attraverso l’indice di tale testo, tramandato da Agostino nel De Civitate Dei, i principali ambiti della religione romana, sviluppati nel corso del libro: i luoghi, i culti, i sacerdoti e le loro funzioni e gli dei.
L’approccio antropologico utilizzato per lo studio del sistema religioso romano emerge chiaramente, quando l’autore illustra la metodologia sottesa al testo, che permette di cogliere il significato delle figure e delle tematiche affrontate nei capitoli:
"Ogni sistema religioso è caratterizzato da forme di rappresentazione (miti, simboli, regole, saperi, credenze), forme di pratiche (riti, sacrifici, preghiere) e forme di organizzazione (collegi sacerdotali, gruppi religiosi). In base a tale assunto la specificità di ogni singolo sistema, quella che potremmo chiamare il suo "stile epistemico", è determinata dalla specificità di queste tre componenti fondamentali e dalla loro particolare interrelazione con gli altri fenomeni culturali".
E’ attraverso l’analisi di riti, miti, sacrifici, simboli, regole e modalità di organizzazione della religione romana che, al di là delle specificità, l’autore riesce a individuare tra i principali caratteri della religione romana
"la capacità di intersecare e determinare ogni ambito della vita, a partire dalla politica. A Roma il religioso è in un certo modo consustanziale al politico (...) (ed) è altrettanto vero che il politico è a sua volta ingabbiato nel religioso".
Questa commistione di religioso e politico o, in altri termini, di diritto e religione, emerge chiaramente nelle prerogative concesse ai sacerdoti, agli auguri e agli aruspici riguardo alle battaglie o alle riunioni delle assemblee e dei comizi che potevano essere entrambe posticipate se avvenivano in un giorno ritenuto infausto; nella capacità di decidere e determinare il calendario o anche, infine, nella natura contrattuale del sacrificio dove
le hostiae vengono immolate prima di una battaglia, le victimae soltanto dopo la vittoria, quasi che le prime fossero una specie di "anticipo" sul beneficio richiesto, il successo sui nemici, mentre le seconde, più prestigiose, rappresentassero il "saldo del debito.
Un quadro, insomma, in cui, pur senza disconoscere una dimensione privata viene sostanzialmente riconfermata la preponderanza del ruolo pubblico, pratico e istituzionale del sistema religioso romano, utilizzato anche come instrumentum regni dal momento che la religione, nei sistemi politeistici, lungi dall’essere imposta alle popolazioni conquistate, veniva utilizzata per facilitare l’assimilazione di quelle stesse popolazioni, attraverso la "traduzione" delle loro divinità nel pantheon romano o l’ammissione di nuovi dèi in esso.
Una duttilità e una funzionalità, quest’ultima, che, insieme a molte altre, sarà archiviata dal monoteismo, prima giudaico e poi cristiano.
La religione a Roma. Luoghi, culti, sacerdoti, dèi
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