La ribelle di Gaza
- Autore: Asmaa Alghoul, Sélim Nassib
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2024
Hamas ha tirato un sasso, Israele ha bruciato Gaza.
È andata così la guerra del 2014, secondo una palestinese controcorrente e contro tutti. È stata la fase più cruenta del conflitto israeliano-palestinese prima dell’operazione scatenata da Netanyahu dopo agli orrori del 7 ottobre 2023 e si può cercare di capire cosa accadrà alla fine di questa nuova escalation, leggendo L’insoumise de Gaza che Asmaa Alghoul e Selim Nassib hanno firmato nel 2016, proposto in Italia a febbraio da Edizioni E/O, nella traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca: La ribelle di Gaza (2024, collana“ Dal Mondo”, 192 pagine).
Una giornalista palestinese, Asmaa e un collega di famiglia ebraica, Selim, insieme per un libro che possiamo considerare profetico, capace di anticipare il futuro. E non è detto che quello che lascia prevedere la scrittrice potrà risultare rassicurante: nell’enclave palestinese amministrata dai fondamentalisti islamici ma controllata militarmente da Israele, niente sarà più come prima, tutto resterà uguale.
Muri, reticolati, casematte, occupazione e malgoverno, un territorio amministrato da altri musulmani osservanti (se Hamas cadrà) e controllato da Israele, pronta a “rasare di nuovo il prato dalle erbacce”, in risposta all’immancabile provocazione:
“Nel momento sbagliato (o giusto)”.
A parte la desolante considerazione, di positivo c’è che una palestinese e un israelita condividano la stessa opinione su Gaza. Asmaa si è raccontata in arabo, Sélim ha trascritto in francese.
Asmaa Alghoul è nata nella Striscia di Gaza nel 1982, nel campo profughi di Rafah. Per l’attività giornalistica da Gaza, ha ricevuto nel 2010 una borsa da Human Rights Watch. Nel 2012 ha ottenuto il Courage in Journalism Award dalla International Women’s Media Foundation. Vive a Tolosa e collabora con testate internazionali. Sélim Nassib (Beirut, 1946, in Francia dal 1969), romanziere e giornalista è stato corrispondente del quotidiano Libération dai territori occupati. Per le Edizioni e/o ha pubblicato nel 1996 il romanzo Ti ho amata per la tua voce e i racconti Una sera qualsiasi a Beirut (2006).
Asmaa, risata avvolgente, occhi che brillano, facile alle amicizie, curiosa di tutto, sogna di vivere da donna normale, ma una palestinese non può esserlo. È schiacciata da due occupazioni: quella piccola dell’islamismo maschilista e misogino, quella grande d’Israele. I sionisti assediano le frontiere e bombardano le case, Hamas persevera in un “assedio mentale non meno imponente”.
Voce fuori del coro, è considerata nemica da tutti. Per gli ebrei resta una militante palestinese, per Hamas una cattiva musulmana, arrestata per redimerla, picchiata, ma rimasta sempre una delle poche che a Gaza si rifiutava di coprire la testa con un velo, perché il Corano non lo impone.
L’incapacità di sottomettersi, di scendere a compromessi, l’ha sempre condizionata, fin dalle tensioni con lo zio, dirigente militare del partito, che l’accusava da ragazza d’avere screditato la famiglia pubblicando una poesia. In risposta, gli aveva dato dell’assassino in una lettera in rete. Nega d’essere un’eroina e se deve restare una fantasia l’aspirazione a vivere una vita tranquilla, avere un amore e dei figli, tanto vale rinunciare ad essere una militante e alla malora l’etichetta di femminista.
Tutto quello che scrive rivela “una specie di candore”, rappresenta “l’espressione innocente” della ribellione all’islamizzazione forzata, ai delitti d’onore, alla segregazione sessista. Musulmana, credente, laica, è stata ferma oppositrice di Hamas e del regime soffocante imposto a Gaza, non ha mai nascosto parole dure per la corruzione di al-Fatah, si è sempre battuta contro la politica criminale d’Israele. Ma la sua critica si estende alle organizzazioni per i diritti umani, ai movimenti femministi, alle istituzioni internazionali, all’Europa e agli USA, ai quali va bene anche un sistema corrotto pur di manutenere le cose come stanno. Asmaa è dalla parte dei deboli, degli anonimi, della gente comune.
Dice che tutti ritenevano Hamas vittima del conflitto nel 2014, lei compresa, poi si sono orientati verso un altro pensiero comune: basta con la guerra, dura da troppo. Sulla sua pagina Facebook si leggeva:“ è ora che i dirigenti di Hamas prendano una decisione.”
“Se gli Israeliani sono pazzi, non è detto che dobbiamo esserlo anche noi, non vogliamo più vedere le nostre famiglie uccise”.
Gli F16 avevano distrutto la casa di zio Ismail, ucciso con la moglie, quattro figli, tre nipotini, uno di 24 giorni, il gemello era sopravvissuto. Critiche feroci, anche dagli amici, per avere osato scrivere quelle parole.
Aggiunge che Israele sapeva di poter agire impunemente, che il mondo arabo avrebbe lasciato fare, per isolare il potere islamista. In effetti nessuno muoveva un dito. Non bastava il sostegno moderato egiziano e algerino, dell’opinione pubblica occidentale, dell’ONU, delle ONG. La più grande manifestazione di protesta a Londra, nessuna nel mondo arabo e a Parigi erano vietate. Gli israeliani avevano le mani libere.
Tanti Paesi pensavano che convenisse lasciare sprofondare Hamas nella sconfitta. Molti di Hamas ritenevano che la guerra avrebbe dato nuova forza, li avrebbe fatti risorgere. Entrambe le “opinioni” ignoravano la gente, era come se chi prendeva le bombe non esistesse! Schiacciati da questa tenaglia, si correva verso la rovina e quando le forze di Hamas avevano cominciato a indebolirsi, l’esercito israeliano si era fatto indietro, per bombardare con ancora più violenza.
Asmaa sogna la pace, non quella politica, ma delle coscienze. Ha fiducia solo nella gente, che si riprende ogni volta, perché vuole tornare a vivere.
La ribelle di Gaza
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