La scienza, la morte, gli spiriti
- Autore: Andrea De Luca
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
Non apprezzo, ma devo ammetterlo: a sbirciare le classifiche, tre best sellers su cinque parlano la lingua del romanzo giallo. Il genere tira, anzi non ha mai smesso di tirare. In principio fu il feuilletton francese (alle nostre latitudini il romanzo d’appendice), a cavallo tra Ottocento e Novecento: un occhio all’ebbrezza positivista, uno al mondo degli spiriti, bazzicato anche da integerrimi precursori della narrativa di indagine (Arthur Conan Doyle, in primis).
La società si trasforma in progress (rivoluzione industriale, avanzamento tecnologico) e la mai sopita attrazione per l’occulto è posta al vaglio dai nuovi metodi di ricerca scientifica. Il romanzo di investigazione nasce in questo modo: sbieco, sul crinale biunivoco di scienza e mistero, con l’intento di svelare attraverso la scienza, l’arcano. Un arcano del tutto intrinseco alla morte, naturalmente.
Secondo questa accezione, “La scienza, la morte, gli spiriti” di Andrea De Luca si segnala come saggio di estremo interesse. Frequenta a suo agio l’interzona classica, dove la letteratura gotica (Walpole, Hoffman, Shelley) incrocia il poliziesco (Poe, Conan Doyle), quindi il noir e, appunto, il romanzo di indagine. Senza tralasciare l’impronta spiritista che a un certo punto, in Italia, accomuna tanti: lo scrittore napoletano Francesco Mastriani (“Il mio cadavere”, 1852) e scrittori conosciuti per opere di altra estrazione e levatura come Luigi Pirandello (vedi i racconti “Il turno” e “Lo spirito maligno”) e Luigi Capuana (“Novelle del mondo occulto”, 1896).
Per esempio. Prendendo le mosse dalle suggestioni europee, “La scienza, la morte, gli spiriti” esplora dunque il lato oscuro della narrativa italiana, l’attrazione tanatologica che sta alla base del genere poliziesco e d’indagine e lo fa mediante una scrittura capace e una ridda fittissima di analisi, paralleli, rimandi, che approdano a un quadro di insieme che non disdegna le (piacevoli) scoperte. Come quella riguardante la difesa operata dal rigoroso Antonio Gramsci della letteratura d’appendice. In un passaggio dei “Quaderni dal carcere” incolpa:
“i laici e i cosiddetti ‘parrucconi’ della cultura di non aver capito le nuove tendenze e i bisogni del popolo”
e
“parla addirittura di un ‘moderno umanesimo’ emergente grazie alla letteratura popolare” (pag. 22).
Il testo esce nella collana saggi di Marsilio: è un libro di studio, ma si legge con molto piacere.
La scienza, la morte, gli spiriti. Le origini del romanzo noir nell'Italia fra Otto e Novecento
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