La situazione è grammatica
- Autore: Andrea De Benedetti
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
Andrea De Benedetti, torinese laureato in grammatica italiana, docente universitario e giornalista, affronta ne “La situazione è grammatica”(Einaudi tascabili. Saggi, 2015) un argomento che gli sta particolarmente a cuore e che è già insito nel sottotitolo che così dice “Perché facciamo errori. Perché è normale farli.”
Il libro, fin dalle prime pagine, si rivela piacevole pur affrontando la seria questione dell’uso della nostra lingua. L’autore si rivolge un po’ a tutti, dai docenti ai lettori, ad un pubblico giovane che preferisce il linguaggio di Facebook e Whatsapp alle forme di scrittura convenzionale. La grammatica, già nelle prime pagine, non si rivela una scienza così esatta e lo scrittore stesso pare, a volte, più permissivo di tante maestre che, con la penna rossa, sottolineano gli errori dei loro alunni. In fondo, a chi non è capitato di essere impreciso, inesatto, di non rispettare la lingua, l’ortografia, la sintassi allontanandosi dalle regole prefissate?
Che cos’è, per l’autore, un errore? Il segno che la nostra lingua è in continuo cambiamento, quella parlata oggi è differente da quella del passato e altrettanto lo sarà da quella dei tempi a venire. De Benedetti insiste sulla “vitalità di un idioma” che egli non vuol considerare un codice definitivo di norme da mantenere immutabile. E’ giusto correggere gli errori, rispettare la nostra lingua ma senza aura di perfezionismo.
“Accenti violati, apostrofi oltraggiati, punteggiatura vilipesa, congiuntivi profanati: la situazione della nostra lingua è davvero così drammatica.. Non esageriamo. Drammatico sarebbe se l’italiano smettesse di evolversi, se la nostra inesauribile capacità di creare parole nuove si atrofizzasse, se imbalsamassimo definitivamente la grammatica in un codice definitivo di norme.”
Nonostante l’atteggiamento permissivo, l’autore non dimentica gli errori più comuni, anzi ne elenca alcuni, tra cui la doppia “zeta” nelle parole contenenti “zio, zia” (non è così “eccezionale” trovar scritto “eccezzione”, sbaglio giustificato perché, nel pronunciare le parole, manca un appiglio fonetico e neppure l’etimologia è di aiuto). Ma, proprio per questi motivi, l’errore si fa peccato veniale e va corretto ma non duramente sottolineato. Ecco poi l’uso delle doppie in parole che danno dubbi e che, ormai, in tutti i browser, vengono scritte nei modi più diversi. E allora “accelerare” o “accellerare”, “esterrefatto” o “esterefatto” , “avallare” o “avvallare” e via dicendo, forse perché, come dice De Benedetti
“scriviamo male certe parole perché non le leggiamo ma ci limitiamo a guardarle.”
Il testo va a ricordare errori e sottigliezze del presente e del passato: ecco gli anni Ottanta, definiti “decennius horribilis” per le forme di anglicismo che spuntavano qua e là tra i titoli di giornale o sul grande schermo in modi poco originali passando, certe volte, addirittura dal kitsch al trash. Questo è il risultato di sciacquare troppo poco i panni in Arno, facendolo, a sproposito, nel Tamigi o nell’Hudson.
Il libro si chiude con un capitolo dal titolo “Consigli non richiesti” in cui De Benedetti torna ad essere il professore che afferma che non tutto può rimanere impunito a partire dagli ambienti scolastici, per andare poi in quelli di lavoro o pubblici. L’autore dà una serie di consigli e lo fa in maniera piacevole che nasconde, comunque, una certa determinazione perché
“l’italiano è un bene comune come l’acqua, l’aria, la terra, il verde. Il suo uso è libero e gratuito ma comporta delle responsabilità”
La situazione è grammatica. Perché facciamo errori. Perché è normale farli
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