La villa triste
- Autore: Luke McCallin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2017
“Capitano Gregor Reinhardt, Abwehr germanico”. È il secondo romanzo dell’ufficiale dei servizi segreti militari tedeschi. Le sue inchieste sono il contenuto, a tratti davvero eccitante, della narrativa storico-gialla di uno scrittore inglese, Luke McCallin, che torna in libreria con “La villa triste” (pubblicato da Baldini & Castoldi nel marzo 2017, pp. 500, euro 20,00). È il seguito del primo titolo, “L’uomo di Berlino” (Baldini & Castoldi, 2014) ed è una nuova indagine dell’investigatore militare antihitleriano. È coinvolto infatti nei progetti di una cellula che agisce contro il governo nazista e ha già subito non poche “attenzioni” soprattutto dalla Gestapo, la polizia segreta del regime.
L’autore, Luke McCallin, è nato a Oxford nel 1972 e cresciuto in Africa. Lavora per le Nazioni Unite ed ha operato aiuti umanitari sul luogo di disastri naturali e nel teatro di conflitti. È stato in Caucaso, nel Sahel e nei Balcani, Sarajevo compresa e le sue esperienze hanno fornito uno scenario credibile e autentico alle azioni di Reinhardt.
Agli sgoccioli della seconda guerra mondiale, è a Vienna, mentre l’Austria e ancora più l’area balcanica, sono minacciate dall’Armata Rossa sovietica e dai partigiani comunisti...
Il curriculum del capitano è rapidamente illustrato all’atto di una convocazione presso la polizia militare, che lo ha messo decisamente in apprensione. Nato nel 1898 a Berlino, ha combattuto neanche ventenne nella Grande Guerra, tanto sul fronte russo che francese, meritando nello stesso giorno due decorazioni ad Amiens, nel 1918 e poi una grave ferita. Dopo venti anni di carriera nella polizia criminale civile, era stato arruolato nell’Abwehr e si era disimpegnato come ufficiale dei servizi segreti militari in vari settori dei diversi fronti aperti dal Fuhrer. A Sarajevo, nel 1944, la sua attività investigativa era entrata in collisione con la Gestapo, per le indagini nei confronti di un generale, poi morto in battaglia. Assolto dalle accuse di attività antinazionale e reintegrato, era stato inviato di nuovo nei Balcani, dove aveva trovato modo di distinguersi ancora una volta e di farsi decorare per la condotta eroica nella difesa dell’ospedale di Belgrado dall’offensiva russa.
Ora, con sua sorpresa e non senza sollievo, un severo colonnello dei Feldjägerkorps gli comunica che anche a lui, Gregor, è stato riconosciuto l’onore di entrare nel ristretto corpo di polizia militare nel quale sono ammessi solo veterani con tre anni di fronte e almeno una croce di ferro di seconda classe. Rispondono esclusivamente al Comando Generale della Wermacht ed hanno pieni poteri per il mantenimento della disciplina nelle retrovie. La loro autorità prevale su chiunque, SS e polizia nazista comprese.
Sarajevo, marzo 1945. Il capitano è con i Feldjager sulle piste di certi disertori e scopre la scena complessa di un delitto, in una valle sulla cerchia di rilievi intorno alla città. Tre soldati sono stati uccisi a colpi di pistola in un capanno e dati alle fiamme. Accanto, i corpi accatastati di una dozzina di civili, uomini e donne, falciati da mitragliatori.
Reinhardt viene dalla Kripo civile e non ha perso il sesto senso del poliziotto. È attento, incisivo, al suo sguardo esperto non sfuggono particolari sui quali altri sorvolano. Quella scena crudele ha tutto dell’operazione degli ustascia, le da lui odiate truppe croate fasciste di Ante Pavelic, che in questa fase della guerra esercitano una violenza incontrollata. Lasciare in pace gli ustascia! Un maggiore gli ricorda come devono andare le cose a quel punto.
I nazionalisti croati, divisa nera ferocia disumana, sono assassini spietati, e più si riduce il territorio sotto l’offensiva sovietica più cresce la loro brutalità. Soprusi e corruzione sono la regola. Il covo ustascia a Sarajevo è in una villa, la “casa del terrore”, ribattezzata dall’autore “Villa triste”. Torturano e uccidono, in quella sede e dovunque, in tanti modi crudeli. Perfino gli ufficiali superiori tedeschi sono preoccupati, temono che gli ustascia possano prendere male la ritirata germanica che di li a poco dovrà essere inevitabilmente avviata. Hanno il timore che le truppe germaniche possano subire rappresaglie da quei fanatici.
Il capitano Reinhardt non ci sta però a lasciar perdere, anche perché gli episodi criminali si ripetono e diventa chiaro che quelle azioni sanguinarie non hanno niente a che fare con la guerra: sono attività delinquenziali favorite dalla situazione bellica.
La narrativa corale di McCallin si fa se possibile ancora più corale, con il ritorno di coprotagonisti del primo romanzo e la comparsa di nuovi personaggi, come il tenente franco-tedesco Bunfeld, un giovanottone in gamba.
Il “viaggio” di Reinhardt continua e lo conduce lungo un percorso di redenzione, di affrancamento dai crimini del regime hitleriano, dei suoi apparati e del regno del terrore esportato in tutta Europa.
Questa è ancora una volta la storia di un “buon tedesco”, per quanto anche nelle pagine di Luke McCallin in queste storie non si possa certo dire: tedeschi brava gente.
La villa triste
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