La vita quotidiana come rappresentazione di Erving Goffman

Il libro propone una lettura interazionista della vita quotidiana, usando come metafora il teatro. L’autore esegue una radiografia delle interazioni umane, descrivendole come un insieme di scambi di battute fra attori sociali, ognuno dei quali ha un personaggio da interpretare e una serie di trucchi e strategie per convincere il proprio pubblico di star impersonando per davvero quel ruolo che ha messo sul palcoscenico delle relazioni sociali.

Ma non c’è solo un pubblico a cui l’attore sociale deve mostrare il personaggio da lui interpretato. Come in una grande rappresentazione, quest’ultima ha una ribalta dove mettere in scena le pieces teatrali, ma c’è anche lo spazio privato degli attori e uno spazio dietro alle quinte, dove ognuno mette da parte la propria maschera e mostra la sua vera natura ai colleghi, si prepara per rientrare in scena, ripassa le battute, si rilassa e può concedersi un momento in cui essere se stesso. Non vi sono poi solo gli attori, ma anche una lunga serie di personaggi, coinvolti direttamente o meno nello spettacolo che svolgono ruoli per facilitare o anche ostacolare l’esecuzione dell’atto drammaturgico. Guai a quell’attore che si fa intravedere dietro alle quinte mentre compie atti contrastanti con la natura del personaggio che impersona sul palco!

Attraverso una lunga serie di aneddoti, descrizioni e analisi delle interazioni quotidiane fra gli individui, Goffman va oltre le apparenze e analizza le apparenze stesse, questi ruoli convenzionali, a volte scomodi ma necessari per poter interagire col mondo che ci circonda. Attraverso una discreta ironia, Goffman si prende gioco di alcune apparenze mostrate da attori sociali, ferma lo spettacolo drammaturgico della vita quotidiana, strappa le maschere dai volti degli attori, ci permette di osservare da uno spioncino cosa avviene dietro le quinte, ci mostra l’altra faccia di grandi personaggi, mettendoli a nudo, levando il cammuffamento offerto dal loro status. Un libro che vuole mostrare, forse anche per criticarla, l’essenza dei vari protocolli, dell’etichetta, del bon-ton o della "buona educazione".