La voce di dentro. Il cinema
- Autore: Toni Servillo
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2012
a cura di Claudio Carabba e Giovanni M. Rossi
“Se scorriamo la filmografia … molti dei suoi personaggi si possono far risalire a varie tipologie di criminali.” (Pag. 39)
La vittoria dell’Oscar de La grande bellezza contribuirà a diffondere la fama di Toni Servillo su un mercato cinematografico più ampio, fino qui ristretto in confini domestici.
Risalto critico attento e professionale sul ruolo dell’attore e specificatamente sull’autore napoletano è uscito con il libro La voce di dentro. Il cinema di Toni Servillo a cura di Claudio Carabba e Giovanni M. Rossi (Edizione ETS, Pisa, 2012).
Di grande interesse la prima parte del libro.
S’inizia portando in primo piano la funzione della recitazione.
Se il regista è la centralità, il creatore del verosimile, lo studioso del comportamento e l’indicatore delle regole, qual è lo spazio dell’attore? Dal critico Luc Moullet si tenta di ricostruire il suo ruolo artistico primario:
“[…] un grande attore può essere autore dei suoi film al pari di un grande cineasta […]” (Pag. 9).
Il passaggio con il metodo Stanislavski è d’uopo:
“se c’era follia in quel metodo, ha contagiato il mondo e ha contribuito a fare dell’attore una delle figure centrali nel processo della creazione drammaturgica.” (Pag. 11)
Solo un gesto di pazzia può predicare l’annullamento dell’anima e del corpo all’unisono, a favore di un personaggio scenico, senza poter rompere nulla del ruolo.
Da Stanislavski si passa a Toni Servillo, il quale:
“… a più riprese si è dichiarato «stanislavskiano» …” (Pag. 11)
Servillo ha interpretato film tutti diretti da registi italiani. Con Mario Martone e Paolo Sorrentino si tratta di vero innamoramento.
Il seguito del libro è un’analisi del personaggio.
Alcuni tratti sono di una chiarezza esemplare. Come la descrizione di un Servillo accumulatore; egli aggiunge, anzi abbonda in gesti, manipolazioni facciali, toni della voce. Il ruolo è riempitivo fino a una totale assimilazione della parte.
L’abilità – ma prima di tutto è studio – è pregevole; perciò riesce a interpretare perfino in modo contrario: sottrazione di gesti ed effetti corporei minimi. Entrambi sono perfetti.
Per gli autori il capolavoro è però Il divo, riuscendo a realizzare contemporaneamente “… il grottesco e la malinconia sublimale.” (Pag. 17)
Il mio dubbio è istantaneo: nel film Servillo imita Andreotti o viceversa?
L’uomo politico democristiano ha avuto una prima scena lunga, gestendo con grande esperienza i passaggi televisivi e soprattutto mostrando una cultura classica capace di produrre arguzie eleganti e impossibili. La recitazione esasperata di Servillo rende incompatibili i due personaggi, entrambi splendidi protagonisti di se stesso. Servillo è talmente bravo da riconoscere immediatamente di essere di fronte a un “Servillo” e non all’uomo politico.
La personalità di Servillo per gli autori italiani è così autorevole da ribaltare l’onere della realizzazione del film:
La sensazione è che Servillo contribuisca sempre alla costruzione dei film a cui partecipa. La sua presenza mette in crisi il concetto categorico di «politica degli autori», il dogma della centralità totale del regista. (Pag. 18)
Rischiamo la costruzione di un culto della personalità, come se fossimo a Hollywood, ma in realtà, rispetto a una star americana, Servillo ha uno spessore culturale superiore. Inoltre non credo che il mercato cinematografico italiano in questo momento sia capace di produrre alcunché di divistico.
Tuttavia Servillo rappresenta una sicurezza, una dote per una pellicola, una certezza non di successo (molti dei suoi film hanno incassi minimi) ma autoriale. La controindicazione è un attore che non lesina un golpe se lo stile della recitazione non è di suo gradimento ovvero adatto alle sue corde. Gli autori raccontano di Gorbaciof del regista Stefano Incerti – presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 2010 – e del suo taglio alla sceneggiatura richiesto dall’attore:
“ […] Servillo, prima delle riprese, interviene pesantemente sulla sceneggiatura … eliminando gran parte del dialogo che avrebbe dovuto pronunciare Gorbaciof, rendendolo in tal modo un personaggio quasi muto.” (Pag. 93)
Si passa il limite. L’attore – perché famoso, bravo, – decide la messa in scena della pellicola.
La storia si realizza intorno all’interprete, se fosse un altro, il film sarebbe differente. Soprattutto che rimane del lavoro del regista?
Il pessimismo sul lavoro attoriale è un filo conduttore del libro:
“[…] un fuoriclasse assoluto, un attore che può fare la differenza in qualsiasi film.” (Pag. 31)
Non avremmo più speranze se per avere del cinema importante, l’indicazione dell’attore fosse l’unico elemento su cui puntare.
Non ho simpatia per Toni Servillo. Non mi piace. Inoltre, ritengo, per tradizione culturale, la centralità del regista ancora esclusiva. Tanti soggetti tendono a prevaricarlo e gli attori sono i più pericolosi, ma inevitabilmente non è il protagonista a dettare la regola della recitazione ma il regista. In caso contrario abbiamo un’esaltazione del culto della personalità e null’altro.
L’attore è un istrione: vorrebbe abusare, esibirsi, cercare l’applauso a tutti i costi, è indifferente al film. Non è un compito suo. Perciò deve essere il regista a riportarlo nella sua dimensione. Servillo è uomo di teatro, come tale sente il pubblico, lo assaggia, lo prova e ricerca l’acclamazione:
“I «bravi» attori, dunque, rappresentano un pericolo per il cinema che voglia davvero produrre senso.” (Angelo Moscariello, Come si guarda un film, Laterza, Bari, 1982)
La recitazione è strumento al pari della colonna sonora, del colore, della sceneggiatura; tutti i codici dovrebbero annullarsi per diventare opera cinematografica.
È evidente che un attore dovrebbe possedere grande duttilità, essere argilla nelle mani del regista e, se non ha queste doti, esce dal suo compito naturale. Conoscendo l’esibizionismo degli interpreti non è un’incombenza facile, soprattutto quando si è molto bravi come Toni Servillo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La voce di dentro. Il cinema
Lascia il tuo commento