Le case di Jane Austen
- Autore: Mara Barbuni
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Se c’è un’autrice di cui si è parlato e scritto tanto e lo si fa ancora adesso e del quale sono state realizzate diverse trasposizioni cinematografiche, è sicuramente Jane Austen. C’è anche da dire che molte persone dicono di conoscerla senza aver letto in realtà nemmeno un suo romanzo. Le case di Jane Austen (Flower-ed, 2017, pp. 180, cartaceo euro 15,00; ebook euro 7,99) è un saggio di Mara Barbuni - studiosa di scrittura femminile del primo Ottocento, insegnante e traduttrice, direttrice di “Due pollici d’avorio”, la rivista letteraria della JASIT, Jane Austen Society of Italy - che ha il merito di essere completo dal punto di vista dei contenuti. Ovvero, unisce all’analisi di uno specifico argomento, l’importanza dell’ambiente domestico nelle opere austeniane, un intento prettamente biografico, dimostrando o confermando, che tali scritti sono tutto tranne che romanzi d’amore sic et simpliciter.
L’aspetto biografico di cui si faceva cenno viene espresso nel primo capitolo, dove viene esaminata quella che è stata la dimora più importante dal punto di vista sia personale che professionale: il Chawton Cottage situato nella contea dello Hampshire, e dove nella stessa contea Austen nacque nel 1775, ma in un altro villaggio. Infatti, fu sempre molto legata a questa dimora, così tranquilla e immersa nel verde, atmosfera ideale per la sua attività di scrittrice e dove furono rimaneggiati per la pubblicazione i suoi romanzi più celebri.
Il cottage fu anche il luogo dove risiedette gli ultimi anni della sua vita, stroncata per una malattia a soli 42 anni. Per chi fosse interessato la casa è attualmente sede del Jane Austen’s House Museum, aperto al pubblico nel 1949 e nel saggio in esame si trovano preziose informazioni su questo luogo.
Northanger Abbey, cui è dedicato il secondo capitolo, ha una valenza etica - sottolinea la saggista - o, meglio, la stessa valenza etica che si ritrova nella parodia. Questo perchè Northanger Abbey è considerato dagli studiosi una parodia del gotico: genere narrativo che ebbe il suo sviluppo nella seconda metà del Settecento allo scopo di superare le certezze del mondo borghese, che proprio attraverso gli ambienti domestici, esprimeva la sua stessa esistenza. Jane Austen, che ha sempre messo al centro delle sue storie le ragioni del cuore rispetto a quelle del denaro, dove il libero arbitrio è un elemento imprescindibile e dove la generosità deve prevalere sugli intenti egoistici, ha voluto dare, quindi, un messaggio ai lettori, e cioè quello di non confondere la realtà con la fantasia.
Inoltre, il riferimento ad ‘Abbey’ è un altro rimando al gotico, in quanto presente nella sua classica iconografia (ricordiamo che tale genere deriva il suo nome dall’architettura medioevale).
Nei capitoli successivi, invece, troviamo spiegati ottimamente i substrati economici, sociali e culturali dell’epoca di ambientazione, quella georgiana, che è anche la stessa in cui visse la romanziera e come questi abbiano inciso su di lei nello strutturazione dei suoi lavori. A questo scopo Mara Barbuni affronta temi molto significativi. Il valore dei soldi, ad esempio. In questo senso è Ragione e Sentimento ad esprimere su tutti questo concetto. Oppure ancora il significato del ballo come momento di socializzazione; ne sono prova le famose scene di danza in Orgoglio e Pregiudizio, rappresentateci con chiarezza anche nella filmografia: non solo divertimento, ma una sorta di mercato dove i giovani e le giovani si esponevano esprimendo attraverso abiti, postura e atteggiamento il loro valore all’interno della società.
Questo indice era fondamentale al tempo, in quanto l’isolamento equivaleva ad essere morti, e quindi invisibili. Le descrizioni degli arredamenti o degli oggetti più banali come carta da lettera, penna e francobollo erano, inoltre, altri elementi non di poco conto: ogni abitazione, piccola o grande che fosse, aveva uno scrittorio con questi strumenti, che rappresentavano innanzitutto lontananze e il bisogno di colmarle. Sappiamo, infatti, quanto da una brughiera alla capitale fossero rilevanti queste distanze, non solo in termini di miglia. Infine, se c’è un romanzo che è sinonimo di focolare è certamente Emma. Il quarto in ordine cronologico nella produzione austeniana, è anche l’unico a recare nel titolo il nome della protagonista, che personifica in toto l’habitat casalingo. Non pensate a noia né a claustrofobia, però. Perché:
ciò che ci piace di Emma è la sua immaginazione: questa sua energica capacità di creare mondi che non esistono è un talento che vince la noia, sconfigge il tedio e allontana per sempre il rischio dell’amarezza.
Per concludere, Le case di Jane Austen è una lettura di grande interesse, in particolare per i numerosi estimatori di ‘zia Jane’, che troveranno aspetti poco conosciuti.
Le case di Jane Austen
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