Le guerre balcaniche
- Autore: Egidio Ivetic
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2016
La Grande Guerra è scoppiata per colpa di Vittorio Emanuele III, re d’Italia. Non è fantapolitica, né storia ucronica. È chiaramente un’esagerazione, palesemente amplificata, ma c’è qualcosa di vero, quantomeno una responsabilità indiretta, a giudicare da quello che si legge nella riedizione, a maggio 2016, nella collana Storica paperbacks, serie Arte della guerra delle edizioni il Mulino, di quel “Le guerre balcaniche” (pp. 190, euro 12,00), di Egidio Ivetic, docente di Storia moderna e Storia dell’Europa orientale nell’Università di Padova.
Il volume era già apparso nel 2007 tra i tascabili della casa editrice bolognese: il formato pocket è quanto mai adatto a un testo snello, agile nella sua analisi storiografica circoscritta all’area balcanica. Un territorio sia pure periferico rispetto al resto del continente, nel quale però si scontravano i progetti imperialistici dei grandi Stati (Germania, Austria, Russia, Gran Bretagna, Francia). Venne infatti interessato da eventi che avrebbero di lì a poco inciso sulle vicende del mondo.
È vero che il nostro Vittorio Emanuele non ha mai dimostrato di saper bacare ad altro che non fossero le convenienze dinastiche, né si è mai dimostrato uno statista lungimirante, ma da pur decentrato osservatore avrebbe potuto consigliare al suocero di non avviare la guerra contro la Turchia, evitandogli di muovere la prima pedina che avrebbe scatenato l’effetto domino sulla storia a venire del mondo. Fu Nicola del Montenegro il primo ad agire, l’8 ottobre 1912. Del resto, l’anno prima proprio il genero italiano aveva già dato un colpo all’impero di Costantinopoli, dimostrando con la guerra di Libia del 1911 la debolezza dell’apparato militare turco.
Se tra gli storici è condivisa l’opinione che siano stati i conflitti nei Balcani a condurre alla prima guerra mondiale con tutte le sue conseguenze, è stata quindi la constatazione della manifesta inadeguatezza della macchina bellica ottomana a far precipitare gli eventi.
La prima guerra balcanica si è conclusa dopo appena due mesi di vere operazioni militari. Sono bastati solo venti giorni per esaurire la seconda. Sembrava che la guerra moderna dovesse quindi risolversi in conflitti brevi, decisi in poco tempo da tecnologie belliche molto rinnovate. La coalizione di staterelli balcanici aveva avuto la meglio con facilità sulla forze di terra e sulla flotta della mezzaluna, fu questo a suggerire alla diplomazia austroungarica di affrontare a muso duro quella serba, nel dopo Sarajevo. I generali dell’imperatore Francesco Giuseppe erano convinti che avrebbero risolto in un niente la questione con l’esercito di Belgrado e che lo scontro si sarebbe limitato al territorio balcanico, come i precedenti.
Due guerre nell’arco di dieci mesi tra l’ottobre 1912 e l’agosto 1913. Il primo conflitto vide una coalizione formata da Serbia, Bulgaria, Grecia e Montenegro affrontare l’impero turco e battere il suo esercito in Tracia, Macedonia, Epiro e Kosovo, frantumando l’assetto del sud-est europeo.
La spartizione della Macedonia finì per rinfocolare rivalità già latenti: Serbia e Grecia si allearono contro la Bulgaria ed ebbero la meglio in pochi giorni dell’esercito di Sofia, mentre la Romania varcò il Danubio, rivendicando la Dobrugia e perfino la Turchia colse l’occasione per riprendersi quanto perso in Tracia qualche mese prima.
Accerchiata e con la capitale minacciata direttamente, la Bulgaria fu costretta a cedere alla blitzkrieg avversaria il 30 luglio 1913. Un vero laboratorio bellico: manovre rapidissime e prime esperienze di guerra di trincea, di impiego degli aeroplani e della rete ferroviaria, di blocco navale. I quartieri generali bulgari, serbi e greci mostrarono maturità strategica. In Tracia e in Macedonia furono messe in atto le migliori tecniche d’attacco e posizionamento, di matrice francese, tedesca e italiana.
Le perdite: si stimano 250.000 morti e feriti per l’impero ottomano. La Bulgaria ebbe 14.000 uccisi, 50.000 feriti, 19.000 morti per epidemia. La Grecia 5200 caduti e 23.500 feriti. La Serbia almeno 20.000 morti tra combattimenti ed epidemie. Il Montenegro 2.800 morti e 6.600 feriti.
I fatti balcanici del 1912-1913 si svolsero ai margini di un’Europa positivista e colonialista, distratta da quattro decenni di pace e dalla Belle Époque. Crearono soprattutto illusioni: che una guerra moderna sarebbe stata rapida, decisiva. Una tale illusione portò l’Austria-Ungheria a consegnare l’ultimatum alla Serbia nel luglio del 1914. Doveva essere il pretesto per una terza guerra balcanica. Invece, scatenò l’inferno.
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