La prima guerra mondiale
- Autore: Pio Rossi
- Genere: Storie vere
- Anno di pubblicazione: 2015
Per chi combatteva a Caporetto ritirarsi aveva dell’incredibile
“La prima guerra mondiale di Pio Rossi” (324 pagine, 14 euro) è più di un diario di guerra, sono due: il manoscritto del sottotenente di fanteria Pio Rossi e, a fronte, la trascrizione a stampa. Originale e testo, una formula insolita, scelta dalle Edizioni Biblioteca dell’Immagine per pubblicare, nella collana Voci e urla dalle trincee, le memorie di un ufficiale trentenne: un anno al fronte, prima sulla Bainsizza poi a Caporetto. Pagine ordinate, scritte a penna, con inchiostro blu o nero, ritrovate dopo un secolo dalla famiglia e riprodotte anastaticamente (un’immagine fotografica) a due colori. L’intero diario occupa le pagine pari. Sulla destra è riportata la versione a caratteri tipografici, che facilita la lettura, mantenendo però espressioni, gergo e anche piccolissimi errori dell’autore.
Così stassera resta stassera, l’ausiliare avere è scritto senza la lettera h, come si usava una volta (à lasciato, invece di ha lasciato...).
Rossi scrive in modo corretto e fluente – il manoscritto è una bella copia degli appunti – è stato insegnante nel dopoguerra, ha diretto prima una scuola d’arte in provincia di Forlì dal 1919, poi l’avviamento professionale a Pordenone. È anche un ottimo pittore autodidatta, suoi acquerelli e schizzi compaiono nel volume, curato amorevolmente dalla casa editrice friulana, che ha reso questo libro un documento fedele rispetto all’originale.
Il diario parte dalla prima pagina, Cividale, lì 2 giugno 1917, sabato, ore 17 e si conclude 163 giorni più avanti, subito sopo la riturata dall’Isonzo. Per il romagnolo Rossi, il trasferimento dalla rimpianta Sacile, dove ha lasciato un giaciglio comodissimo e qualche passioncella, apre una nuova fase del servizio di richiamo, nella seconda Armata del generale Capello.
Raggiunge Caporetto, poi viene inserito in un nuovo reparto e trasferito a Gorizia, conquistata un anno prima. Intorno ci sono le montagne strappate agli austriaci a carissimo costo. Il Podgora è ancora spoglio a forza di cannonate, ma qua e là si affaccia il verde e Pio riflette che tra pochi anni le tracce della guerra saranno cancellate, ricorderà solo chi c’è stato, chi ha sofferto. Dopo una licenza a casa e dalla sua bella a Vittorio Veneto, è di rinforzo per l’offensiva della Bainsizza. Gli toccano un sacco di cannonate nemiche, come sempre e la scorta prigionieri, sul Globocak.
L’avanzata italiana sull’altopiano carsico è stata importante, anche se non ha condotto al Vallone di Chiapovano, per completare l’aggiramento. Gli austriaci si sono convinti di non poter reggere a un altro attacco italiano e studiano una loro offensiva, sostenuta da nuovi gas sconosciuti e dalle eccellenti truppe tedesche. Lo conferma un ufficiale ungherese, che Rossi scorta verso il Comando, nei primi di ottobre. Il 24 gli austro-germanici escono dalle linee. Pio è a Canale, sulla riva sinistra Isonzo. Anche lui, che non è un Napoleone, pensa che che sarebbe stato meglio ritirarsi sull’altra sponda per frapporre il fiume agli attaccanti.
Nella prima giornata le notizie sono contraddittorie: impiegano gas tremendi! Ma no, sono i soliti lacrimogeni, solo un gran fastidio. Hanno sfondato, arrivano!! No, si tiene e si fanno prigionieri.
La verità la dice l’ordine di arretrare.
Ciò che avviene questo brutto giorno, che purtroppo non è ancora finito e non so come finirà, ha qualcosa dell’incredibile, tanto è enorme e mostruoso! È la ritirata. Ma perchè? È finita la guerra? Impossibile.
Fulminanti le pagine dello sfondamento nemico, raccontate con uno stile secco, un susseguirsi di eventi tambureggiante. Il pittore-scrittore rende cinematograficamente lo sgomento della disfatta. Via disimpegnarsi... sono già ai fianchi, sono alle spalle... hanno passato il fiume.
Cadono bombe. Per tutta la notte sul 25 non si dorme, la disciplina degli uomini è saltata, pochi hanno ancora la testa a posto e non si vede un ufficiale superiore che è uno. Qualcuno dice di aver visto gli austriaci precipitarsi sulla loro posizione e sfondare la cassetta di Pio, rubando due scarponcini gialli nuovi. Maledetti! Con dolore, pensa anche ai suoi libri, in mano al nemico.
Il racconto riprende a novembre, dall’ospedale di Castel San Giovanni a Piacenza, dove è ricoverato per una ferita, una grossa contusione. Nelle ultime pagine riassume la drammatica ritirata e chiude con una considerazione, quello stesso 12 novembre 1917:
per questa volta l’abbiamo scampata.
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