Le regole dell’estinzione
- Autore: Matteo Fais
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Castelvecchi
- Anno di pubblicazione: 2020
È il romanzo più irriverente del 2020 ed è tutto ciò di cui avete bisogno. Dovete amare, però, gli anarchici, i sovversivi, i dannati.
I libri di Bukowski e le rivelazioni di Tondelli, oggigiorno, pur narrando della solitudine e delle incertezze del proprio tempo, non dicono più la realtà a noi circostante. È necessario cercare nuovi nomi.
È così che può capitare di imbattersi nel nuovo libro di Matteo Fais, Le regole dell’estinzione (Castelvecchi, 2020), che porta in scena un protagonista senza nome, un antieroe contemporaneo che si rivela a tutti noi in modo molto audace e altrettanto scandaloso. Tutto, però, è meno semplice di quanto sembri, a partire dal titolo. Estinzione, cancellazione, annullamento. La vita, in fondo, è preparazione alla morte, qualcosa di cui non preoccuparsi troppo. Suppongo sia per questo che il romanzo si interroga sulle privazioni imposte all’uomo dalla società capitalista e inizia con un funerale – devo ammetterlo, l’incipit è davvero spumeggiante.
Il padre del protagonista muore e lascia il figlio, uno scapestrato inetto – e, ovviamente romanziere fallito –, senza soldi. Per lui la morte non apre una questione metafisica, ma un problema di natura pratica: come campare senza la pensione del vecchio? Meglio scegliere una bara economica e chiudere in fretta la faccenda. Alcool e sigarette faranno il resto: alleviano il dolore. In questo caso, si tratta di un tipo di ritualità folle, che uccide, ma dà sollievo nel breve termine.
Gli uomini non sono tutti uguali, ognuno reagisce diversamente alle brutture della vita. L’esistenza è una sfida che nessuno di noi accoglie spontaneamente. Lottiamo tutti i giorni per un istinto innato, adeguandoci a regole non scritte, atte a tenerci in equilibrio in un gioco fatto di ossessioni e pulsioni. Quelle sessuali, ad esempio, invadono gran parte dei nostri pensieri. Non a caso, Fais srotola gli episodi del suo derelitto protagonista – che manco Arturo Bandini di Fante nel suo giorno peggiore – ripercorrendo le stagioni dell’amore con le donne che hanno scandito la sua esistenza. Prima sono le cosce infiammate di Sara a conturbarlo, poi le curve provocanti e sfatte della colf, Gabriela. La donna arriva da un paese dell’Est, da uno di quei posti segnati da una povertà di Stato, «ma equamente distribuita». Sara, fra l’altro, è incinta, ma lui non la ama. È una ragazza problematica che prende «pillole e gocce che nemmeno un ottantenne dopo un infarto». Ciononostante, il sesso con lei è soddisfacente. Ripetiamolo, lui non la ama, ma ci va a letto perché, di norma, risulta una buona scopata.
Ci si potrebbe chiedere, a ogni buon conto, però, quale sia il motivo per cui questo inetto ossessionato dal sesso lasci naufragare tutte le sue storie e osservi la fine di ogni amore come si guarda una nave sparire al tramonto. Forse, quando hai raggiunto la meta luminosa del tuo desiderio, subito ti accorgi che è meno gloriosa di quanto immaginavi. Pirandello, con una discreta dose di disincanto, sosteneva che
«Riponi in uno stipetto un desiderio. Aprilo: vi troverai un disinganno».
La ricerca dell’amore è dunque necessaria per combattere le illusioni, i miraggi e le chimere.
È in apparenza cinico questo testo, ma ancora una volta le cose non sono come sembrano.
«Fare i cinici è pure un modo di dare leggerezza alla vita quando comincia a pesare»
scriveva sempre l’autore di Il fu Mattia Pascal. Ed è esattamente questa la percezione che si ha leggendo le 137 pagine che compongono Le regole dell’estinzione. Fais ripiega su una scrittura effusiva, tagliente, beffarda. La tirannia dell’emozione non è cosa per lui. Preferisce far divertire e tendere la mano al lettore. Egli racconta una storia essenziale, con pochi personaggi, inserendo brevi flashback che condensano in poche righe tutta l’ironia tragica dello scrittore. Quando il protagonista, in giovane età, conosce Gemma, lei confessa di non aver mai letto un libro. Lui, innamorato e incapace – ma certamente idealista e romantico –, in tutta risposta, le consiglia Il giovane Holden.
«Anzi, proposi di prestarglielo io stesso. Ma che carino! Cosa mai gliene sarebbe potuto fregare a quella del più giovane perdente della letteratura? Il fatto è che volente o nolente non avevo altro da offrire a una ragazza».
Non c’è proprio speranza per il più simpatico degli sfigati della letteratura!
Non mi stupirei per nulla se un giorno questo romanzo diventasse un libro di culto. In fondo, è dedicato ai perdenti, ai disperati e ai ragazzi selvaggi di oggi. Tutti siamo vittime degli effetti collaterali del mondo occidentale. Tutti ci mettiamo in disparte, da soli, con il nostro dolore.
Le regole di Fais, di contro, non si occupano di risolvere i dubbi esistenziali dell’uomo. Non ci sono riusciti i grandi pensatori del passato, non arriverà di certo lui oggi a dirimere la questione. Il suo è un libro generoso e strabordante d’amore. In fondo tutti siamo alla ricerca del sentimento più nobile di tutti: la nostra esistenza non fa che rincorrere quella luce nei modi più disparati – e disperati. La scelta di una scrittura comica e grottesca cela la volontà di scatenare un riso liberatorio nel lettore, declinando il desiderio in ogni forma possibile. Quest’ultimo è un sentimento al quanto originale: è una molla che spinge in avanti l’agire umano anche delle esistenze più sgangherate.
«La vita opponeva la sua ferma resistenza. Nella fattispecie, mi stava dicendo, in forma appena accennata, che nessuna si sarebbe mai innamorata di me […] Nessuna mi avrebbe mai amato per ciò che sono, un misto di nevrosi e manie, carenze affettive, conflitti e insicurezze, abominevoli stupidità e improvvise profondità».
Queste parole sono il manifesto degli inetti, degli eterni ultimi in classifica. Rappresentano intere generazioni di giovani disillusi ma amanti della vita, nonostante tutto, nonostante la vita. È pur vero che il romanzo trabocca di nude oscenità ed è altrettanto vero che mira a essere il più politicamente scorretto possibile, ma questo non sottrae potenza al racconto. Tutt’altro! Matteo Fais è uno scrittore molto colto e altrettanto profondo. È generoso nel chiederci chi siamo. Si allontana dal manierismo della letteratura contemporanea e propone al pubblico un libro leggibile a tutti, ma di grande portata concettuale. Ci sono atmosfere tristi e romantiche, irreali, surreali. Fais ama il gioco: gli piace quello poetico e al contempo doloroso, giocato con la giusta tecnica. Perché a volte – diciamocelo – la vita, la sottovalutiamo un po’: la prendiamo in giro e ci accaniamo contro di lei. Ma in fondo, alla fine, la domanda vera è: perché ci ostiniamo a restare?
Le regole dell'estinzione
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