Lettere dei soldati della Wehrmacht
- Autore: Marie Moutier (a cura di)
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2024
Assistevano a massacri e crimini di guerra come se fossero una parentesi ovvia della loro quotidianità di militari del Reich. A volte li commettevano direttamente, eppure, poche ore dopo scrivevano con affetto e calore innocenti a mogli, madri e propri cari. Se c’è stata una banalità del male, il male della banalità è costante nella corrispondenza a casa dei militari germanici della seconda guerra mondiale, oggetto nel 2014 della ricerca di Marie Moutier, dottoranda in storia laureata alla Sorbona. Pubblicato in Francia nel 2014, lo studio è apparso l’anno successivo in prima edizione italiana. La seconda è disponibile da febbraio sempre da Corbaccio con il titolo Lettere dei soldati della Wehrmacht (Milano, 2024, 352 pagine). Introduzione e note sono di Marie Moutier, la collaborazione di Fanny Chassain-Pichon, la prefazione di Timothy Snyder. Elisabetta Craveri ha tradotto il saggio francese, Claudia Tatasciore le lettere dal tedesco.
Da settembre 1939 al maggio 1945, vennero arruolati 17milioni di germanici e si stimano in 3miliardi (compresi i pacchi) le loro lettere affidate alla Feldpost nel conflitto. Rivelano le convinzioni, le idee e le concezioni dei combattenti.
Dal fronte russo, 24 marzo 1942:
“mia amata moglie e miei cari bambini, scrivo per la prima volta dopo dieci giorni”.
Il soldato Alois assicura che lo farebbe più spesso, ma nel rifugio in prima linea l’unica illuminazione arriva di giorno e di notte dalla stufa e non consente di vedere intorno. Ha partecipato all’invasione della Russia sovietica fin dall’inizio dell’Operazione Barbarossa, il 22 giugno 1941 ed era in prima linea anche quando è diventato padre per la seconda volta.
È una delle novantasette lettere di militari germanici catalogate e copiate dalla storica francese in questo libro, scelte tra le 16mila raccolte nel Museo della Comunicazione di Berlino, il Deutsche Dienstelle.
Il progetto di raccolta di queste lettere risale al 2012. Moutier era impegnata da anni nello ricerca di documenti sui massacri nazisti di ebrei e zingari nell’Est europeo. Negli archivi militari tedeschi di Friburgo, venne attratta dai diari e lettere del personale della Wehrmacht, “subito rapita” da contenuti che mescolavano guerra e storia personale.
“Era sconcertante accostarsi alla guerra attraverso lo sguardo dei soldati tedeschi”.
La crudezza delle frasi contrastava con i particolari banali della vita militare, la brutalità della guerra con le espressioni delicate indirizzate alle mogli. Soldati coprotagonisti di un conflitto genocida e tragicamente violento erano semplici uomini, potevano agire crudelmente con furore ideologico-razziale e allo stesso tempo essere mariti e padri amorevoli, esprimere sentimenti dolci e nostalgia della vita di casa.
La maggior parte delle lettere è stata scritta sul fronte russo e la scelta di quelle riprodotte rispetta la proporzione, provengono in gran parte da quel settore. Contano anche le date, riflettono le tre grandi fasi distinguibili in una partizione suggerita dallo svolgimento stesso del conflitto: 1939-41, i Signori della guerra; 1942-43, ferro e sangue; 1944-45, delitto e castigo.
I primi anni furono quelli delle vittorie della Wehrmacht, delle avanzate rapide in Polonia, Norvegia, Belgio, nei Paesi Bassi e in Francia. Inizialmente i soldati erano galvanizzati dall’idea di un conflitto breve, percepivano la propria superiorità sul nemico e credevano di combattere una guerra giusta. Poi, l’ostinazione dell’Inghilterra di non cedere le armi e la ritirata da Mosca nell’inverno 1941 raffreddarono il loro entusiasmo.
Nel 1942-1943 la Wehrmacht visse il momento di maggiore espansione territoriale, ma nell’autunno ’42 conobbe il declino: la ritirata in Africa settentrionale e la sconfitta di Stalingrado segnarono una serie di rovesci militari che respinsero l’esercito poco a poco.
L’ultima sezione, la più breve, include un minor numero di lettere. Gli scambi epistolari si erano ridotti decisamente, molti soldati erano morti o prigionieri, la logistica tanto più difficile, le comunicazioni precarie.
La pubblicazione delle considerazioni in un volume permette di cogliere la varietà delle esperienze vissute dai militari tedeschi nei quasi sei anni del conflitto. Ad esempio, da occupanti mantenevano un atteggiamento diverso a seconda dei Paesi vinti. Riservavano alla Francia un’occupazione particolare, con un che di turistico, si potrebbe dire, diversamente da Polonia e Ucraina, dove una presunzione di superiorità ideologica anticipò un’invasione violenta, connotandola di una forma “assolutamente sanguinaria”.
Nella comunicare a casa, i soldati si rivelano consapevoli degli orrori, osservati e talvolta commessi, che tuttavia sembrano rappresentare per loro solo una fase della giornata e nemmeno la più importante. Sembrano preoccuparsi più esprimere quello che pensano dei commilitoni, lamentare la lontananza dalle famiglie. Interpretano la vita quotidiana in modo del tutto particolare: dal punto di vista del criminale il crimine è una semplice componente della storia, non l’azione principale, mentre per la vittima il crimine è la storia stessa. Una differenza di percezione non solo divergente, assolutamente drammatica.
Viene così demolita l’idea di una Wehrmacht pulita, senza macchia. Non erano esclusivamente le SS a commettere crimini nell’Europa occupata. Anche in questo libro diverse lettere evocano i massacri di ebrei o prigionieri sovietici e in alcune si manifesta un profondo antisemitismo. L’autrice non pone però l’accento solo sul fanatismo, fa emergere anche il lato umano di quegli uomini: mostrarlo non vuol dire necessariamente “renderli simpatici”, spiega, serve semmai a sottolineare ciò di cui l’uomo è capace.
L’ultima lettera è di un giovane, detenuto nel dicembre 1945 in un Camp americano in Germania. Da mesi non ha notizie della moglie, come tanti commilitoni.
“Non sappiamo se Wolfgang K. sia riuscito a ritrovarla”.
È stato liberato nel 1946, ventitreenne.
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