Liberalfascismo. Come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra
- Autore: Giorgio Cremaschi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2024
L’articolata bibliografia sui piani di occupazione fascio-liberisti, più o meno sottotraccia non fa che dissertare attorno a una domanda.
Del resto è una questione di nodale importanza: com’è stato possibile – politicamente e ontologicamente - esserci ridotti così? Ostaggi di un sistema economico-coercitivo che dietro la facciata delle finte democrazie opera indisturbato su scala planetaria.
Per gli analisti non ancora al soldo delle lobby, la risposta politica è facile: subito dopo le smantellazioni ravvicinate di Repubblica Democratica Tedesca e Unione Sovietica è venuto a mancare il contraltare ideologico-politico (comunista) al Capitalismo, che ha in questo modo dettare le sue regole a un’ampia fetta di mondo.
La risposta al quesito ontologico - come è potuto succedere che le popolazioni mondiali abbiano accettato tutto questo quasi con afasia? – è più stratificata. A mio avviso riassumibile in un termine di stampo marxista: alienazione.
Consumismo e globalismo (bracci ottundenti del neo-capitale) hanno infatti concorso alla traslazione del concetto dalla fabbrica alle masse-zombi del pianeta.
Fine della premessa.
Nemmeno pochi mesi dopo l’abbattimento del Muro di Berlino nell’ex Germania dell’est i nipotini di Hitler rialzavano la testa. È successo lo stesso in altri sottoboschi ex comunisti, e nel resto d’Europa. Sotto l’eufemismo “post”, assistiamo a una recrudescenza fascista, se non nella forma - “fez” e camicia nera - nella sostanza dei metodi (vedi la violenza della gestione pandemica): autoritarismo, controllo e punizione sono diventate la cifra caratterizzante i sistemi neoliberisti. Gli stessi che poi denunciano il pugno duro delle dittature (a detta loro) conclamate.
Adeguato all’acquiescenza del XXI secolo, si assiste insomma al ritorno di un fascismo mascherato. Come sostiene Giorgio Cremaschi nel suo recente Liberalfascismo. Come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra (Mimesis, 2024), un fascismo minaccioso:
“Sebbene i milionari di oggi non indossino più marsina e cappello a cilindro”.
Quasi una eco del degregoriano Le storie di ieri (1975):
“I nuovi capi hanno facce serene/ e cravatte intonate alla camicia”.
Il solido j’accuse di Cremaschi muove dalle radici del “fenomeno”. Radici profonde e lontane, rintracciabili a ridosso e poi nel corso degli anni Ottanta, sotto l’abbaglio del benessere a portata di tutti, anticipo cloacale del nostro presente di m....
Sintetizzando. Come scrive Cremaschi a pagina ventiquattro:
“Il neoliberismo è stato sperimentato con il golpe cileno ed è diventato sistema mondiale sotto i governi di Ronald Reagan negli USA e di Margareth Thatcher in Gran Bretagna, negli anni ottanta del secolo scorso. Si è affermato con governi fascisti e conservatori, ma poi con il tempo non è più stato solo appannaggio delle destre. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso le principali forze di centrosinistra fecero propri gli assunti di fondo dell’ideologia liberista, pensando di guidarli e attuarli in modo vagamente progressista e comunque compassionevole. Clinton, Blair, Prodi: la politica che con la ridicola vanteria fui chiamata in Italia “Ulivo mondiale” (…) cercò di coniugare liberismo in economia e un cauto progressismo sui diritti civili (…) Quell’esperienza è completamente fallita”.
Postulato e corollario seguenti discendono da una mia libera associazione: il Capitale è fascista per accezione, e chi scherza col fuoco del diavolo liberista finisce col vendergli l’anima. E bruciarsi di conseguenza. Alla sinistra (ormai cosiddetta) occidentale è finita così. Ancora Cremaschi, in modo diretto, inconfutabile:
Il liberismo capitalista ha messo il mercato al posto di Dio, ma per tutto il resto non ha cambiato nulla del feudalesimo, anzi ne è la sostanziale restaurazione, sotto la bandiera della libertà individuale che nasconde la servitù collettiva.
Fra democrazie anticomuniste e democrazie dell’apartheid il saggio di Cremaschi si articola attraverso storie e storiacce del liberal-fascismo, motore immobile di una crisi tanto stratificata quanto determinata al fine di una doppia instaurazione: 1) lo stato emergenziale perenne; 2) le misure straordinarie atte a fronteggiarlo.
A beneficio dei sognatori tranquilli, frequentatori-sostenitori delle democrazie realizzate (beati loro), il passaggio che segue si trova a pagina 49 del testo. Ritengo sintetizzi l’operato dei governi occidentali da che il pericolo rosso comunista è stato sostituito dal pericolo nero delle dittature, buone e cattive:
“(…) Anche la strategia della tensione in Italia, con le bombe di Piazza Fontana, Piazza Loggia, stazione di Bologna, faceva parte della guerra ibrida di contenimento del comunismo intrapresa dagli USA e dalla NATO (…) Poi quando il comunismo non poteva più essere considerato e gestito come una minaccia, improvvisamente è sorto il pericolo dei nuovi dittatori fascisti. La democrazia liberale che aveva sconfitto il comunismo ora era assediata da un fascismo montante a livello mondiale, guarda caso però solo nei paesi che per interessi economici o politici erano considerati nemici. Il banchiere Mario Draghi, divenuto capo del governo italiano, ha disinvoltamente affermato in un suo discorso questo principio: ci sono dittature da combattere e dittatori con cui è necessario e utile fare accordi (e affari). Questa è la linea guida dell’Occidente nella politica internazionale”.
Quando Gaber e Luporini scrivevano di “superstizione della democrazia” (Io se fossi Dio, 1980) non è che bestemmiassero poi tanto. Ma a queste sottigliezze di pensiero, in fondo chi ci crede? Peggio ancora: a chi interessano?
La pletora sterminata degli zombi del capitale (nel senso di resi zombi dal capitale) sfugge allo sforzo intellettuale, addestrata com’è al consumo e al divertimento idiotistico: forza con ferie e piaceri a rate. Si insista coi trenini e i conti alla rovescia a ogni fine anno. Intanto che il mondo marcisce in progress e un mondo nuovo non si intravede ancora. Un mondo nuovo (alternativo al mondo capitalizzato) stenta a intravvedersi.
Come sintetizza Cremaschi:
“E in questo chiaroscuro nascono i mostri”.
Liberal Fascismo è dunque un saggio storico e politico. Disvelatore di verità nascoste e derive palesi. Si chiude con un invito alla ribellione e alla resistenza. Anche se temo il contrario, spero che la voce profetico-analitica di Giorgio Cremaschi non resti voce di colui che grida nel deserto.
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