Libro Lambro. I festival giovanili. Sogni e utopie di ieri per oggi
- Autore: Francesco Schianchi, Franz Di Cioccio
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Tutto il bene e il male dei festival di Parco Lambro: dai sogni di gioia & rivoluzione a quelli di rivoluzione e basta, dalla Woodstock in minore alla battaglia dei polli surgelati, quando la musica è ormai soltanto contingenza. La traiettoria breve e fiammeggiante del proletariato giovanile racchiusa in tre anni (1974-1976), contraddizioni comprese. Sintetizza Francesco Schianchi (all’epoca tra gli agitprop dell’Evento) nel dialogo a due voci con Franz Di Cioccio (PFM):
“(…)1974; gioia dello stare insieme, 1975: gioia del conoscere altre realtà, 1976: solitudine e disperazione”.
Come volevasi dimostrare, l’accenno è al fatidico raduno del Lambro al suo ultimo atto: la violenza senza altri sbocchi, il preludio al militarismo antagonista. Ancora Schianchi:
“Non c’era più la collettività, ma tanti individui soli. Per questo forse è diventato fondamentale per migliaia di queste persone trovare nei polli surgelati un nemico esterno per esprimere il disagio e la solitudine profonda”.
Alla fine di quell’illusione concorrono anche – con tutta probabilità – la diffusione dell’eroina e la politicizzazione degli ideali. La sacrosanta aspirazione al protagonismo rimpiazzata da disfattismo e velleitarismo, perché no anche da comune invidiuzza di stampo borghese per i coetanei che ce l’hanno fatta grazie anche alle chitarre, e questo per tornare alla solita, benedetta, musica come cosa seria.
Nel “Libro Lambro. I festival giovanili. Sogni e utopie di ieri per oggi” (Aereostella, 2013), il punto di vista di chi sul palco ci saliva per suonare e per nient’altro, è dato da Franz Di Cioccio, come dire il front-man della Premiata Forneria Marconi. Tra i diversi assist che offre a Schianchi per le rievocazioni luci/ombre di questo libro, c’è questo che suona da intro al nocciolo del triennio “in pop”:
“La Festa del Proletariato Giovanile divenne il centro delle utopie, delle tendenze artistiche, di sogni e pulsioni e nessun’altra manifestazione fu così dirompente e contraddittoria. Agli artisti era offerta la possibilità di esibirsi, scambiare la propria visione della vita senza separazioni o classificazioni di sorta tra linguaggi, forma e libertà espressiva. Anzi, proprio la libertà in senso lato era la sostanza e il tema dell’evento. Per i musicisti conosciuti, gli emergenti o per chi era legato al mondo della comunicazione quello diventò l’appuntamento ideale, un’occasione irrinunciabile. Era importante esserci per cercare il confronto con un pubblico nuovo, pronti ad accettare applausi e critiche perché non c’erano gare, competizioni e gerarchie da rispettare. La voglia di entrare in contatto ravvicinato con la cosiddetta ‘contro cultura’ e cavalcarne le sollecitazioni era la vera protagonista dell’evento”.
Poi, certo, quel Settantasei cuore nero del decennio, troppo intirizzito di suo per lasciare altro spazio agli slanci e alle prove tecniche di Mondo Nuovo. Ed è in primo luogo su quest’ultimo Parco Lambro che si intrattiene il libro, qualcosa di diverso e di più che uno sterile esercizio mnemonico, se è vero che l’intento di Schianchi & Di Cioccio è quello di creare un flusso di ricordi che come in “Alice nel paese delle meraviglie” funzioni in duplice direzione: non la ri-proposizione pedissequa dei temi e dei limiti di Parco Lambro, ma l’obiettivo di salvarne il salvabile per farne paradigma dei nostri anni senza fiato, modello di riferimento dei sogni infranti (prima ancora di nascere e di crescere) delle nuove generazioni. “Libro Lambro” si pone, insomma, sotto molti aspetti, come un utile documento teorico: il tentativo di comprendere il passato prossimo per trarne memento, lezione di vita, buona per il presente. Ottime le intenzioni quanto la resa.
Libro Lambro. I festival giovanili, sogni e utopie di ieri per oggi
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