Lo sbarco in Normandia
- Autore: Olivier Wieviorka
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2018
Il D-Day getta la maschera: la madre di tutte le operazioni anfibie non fu affatto quella manovra perfetta che si è voluto raccontare. Divergenze tra i comandi inglesi e americani. Una superiorità logistica tutt’altro che schiacciante. Combattenti non tanto motivati e addestrati. Ed anche violenze sui civili, occultate per il fatto d’essere state commesse dai liberatori. Nel saggio “Lo sbarco in Normandia” (Il Mulino, gennaio 2018, pp. 394, euro 15,00), lo storico francese Olivier Wieviorka offre una lettura dell’impresa bellica alleata in vistosa contraddizione con l’epica perfezione che la storiografia, la cinematografia e la narrativa hanno concorso ad accreditare all’Operazione Overlord del 6 giugno 1944.
L’autore ha diretto la rivista di studi storici Ventesimo secolo e insegna Storia Contemporanea all’École Normale Supérieure di Cachan, prestigiosa istituzione accademica postuniversitaria che prepara gli insegnanti francesi. Il suo lavoro, con una tesi tanto “rivoluzionaria” su quel titanico evento della seconda guerra mondiale, è stato pubblicato nel 2007 da una casa editrice parigina. In Italia è apparso in prima edizione il Mulino nel 2009 e ora viene riproposto ai lettori per la sua attualità, sempre nella Biblioteca storica del noto marchio editoriale bolognese.
Di titanico Overlord ebbe soprattutto il dispendio di uomini e l’impiego – ma anche la perdita – di mezzi materiali. E si deve all’esito complessivo del conflitto se il successo dello schieramento antihitleriano ha poi cancellato le difficoltà incontrate sulle spiagge e nel nord della Francia. La storia la scrivono i vincitori e questo ha consentito di nascondere sotto il tappeto mancanze e difetti, trasformando lo sbarco nella più netta dimostrazione di superiorità angloamericana sul fronte europeo occidentale.
Che non si sia trattato di un abile scacco ma di un azzardo riuscito è dimostrato da questo saggio controcorrente.
Una mossa azzardata, ma obbligata. Le economie di guerra britannica e americana si erano unite per assicurare il buon esito, gettando sul piatto più di un milione e mezzo di uomini. Quello che non sapevamo è che l’esito positivo stesso non era considerato così scontato dai comandi alleati per primi. Tuttavia, qualcosa di grande andava pur fatto per prendere terra nel continente, sconfiggere la Germania e correre verso est a strappare territori all’avanzata sovietica.
Una scommessa rischiosa, ma lo sbarco riuscì oltre le previsioni, il vallo atlantico venne scavalcato in meno di una giornata, le teste di ponte delle cinque spiagge messe in sicurezza con perdite inferiori alle previsioni, se si esclude la sanguinosa Omaha Beach.
L’attacco era stato ben preparato, non altrettanto il seguito della campagna di Normandia. Per due mesi le forze alleate vennero contenute dai tedeschi in un’area ristretta. Solo ad agosto gli yankee riuscirono a rompere le linee tedesche dalla penisola del Cotentin, senza intrappolare però il grosso delle unità nemiche. I britannici assediarono per settimane Caen e solo in autunno coprirono in appena una settimana quasi 400 km per liberare il porto belga di Anversa.
Quanto ai tedeschi, non potevano opporre che il coraggio e capisaldi saldamente difesi. Costretti a subire il totale controllo navale e aereo alleato, assenti in mare e gravemente inferiori nell’aria, furono costretti ad una lenta ritirata in buon ordine, nel complesso.
Tornando al D-Day, nessun fattore si era rivelato decisivo. I bombardamenti avevano messo a dura prova le possenti difese costiere in cemento armato, ma in definitiva scalfendole soltanto. Lo spionaggio aveva disorientato i servizi segreti nazisti sul punto di sbarco, senza però impedire alla Wermacht di rafforzarsi in attesa del giorno decisivo. E i tanto decantati moli artificiali allestiti in Normandia scongiurarono la conquista obbligatoria dei porti, ma subirono tempeste e maltempo che ridussero di molto la loro attività.
Così la vittoria risultò da un insieme di fattori, nessuno dei quali avrebbe potuto da solo garantire il successo. L’abilità, in particolare di Eisenhower, fu di non avere trascurato nessun aspetto, dalla preparazione materiale al condizionamento morale, rifiutando di concedere il più piccolo spazio all’improvvisazione.
A questo punto toccava ai generali dimostrarsi capaci di sfruttare il vantaggio. Lo stallo sopraggiunto tra giugno e luglio, mette in luce gravi disfunzioni. L’intesa tra gli alti comandi venne meno e i signori della guerra USA egemonizzarono le operazioni, mettendo da allora in secondo piano i britannici. Si manifestarono insospettabili debolezze logistiche, perché i loro apparati produttivi dei Paesi alleati non avevano dispiegato il massimo delle loro potenzialità. E si verificarono casi di tracollo psichico di molti combattenti. Gli Stati Uniti avevano limitato la leva obbligatoria e peraltro i loro fanti - alcuni dei quali si abbandonarono a saccheggi e stupri in Francia - non erano tutti disposti a morire per affermare i diritti dell’uomo e per battere un regime barbaro.
La campagna di Normandia restituì la libertà ai francesi, ma inflisse atroci sofferenze ai civili. Non mancarono momenti eroici in Overlord ma, nonostante il risultato, rimane soprattutto una tragedia.
Lo sbarco in Normandia
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