Los Alamos di Martin Cruz Smith

Martin Cruz Smith è un grande autore di trame avvincenti. Il suo romanzo più famoso, Gorky Park, ha scalato le classifiche negli anni Ottanta.
Vorrei proporre ora Los Alamos, un libro pubblicato nel 1986 e poco conosciuto rispetto al capolavoro dello scrittore (ultima edizione italiana: Mondadori, 2008, traduzione di R. Rambelli).

Anni Quaranta. Gli Alleati stanno conducendo la guerra contro l’Asse e per vincerla si servono di fisici e scienziati come Oppenheimer e Fermi allo scopo di creare un’arma efficace. Il laboratorio segreto si trova a Los Alamos, piccolo centro nel cuore dell’Arizona, una zona desertica dove si trova una riserva indiana.
Questa è la storia ufficiale. Martin Cruz Smith ricava da essa un romanzo ricco di sorprese.

Los Alamos con il tempo diventa una comunità di scienziati che si portano dietro le loro famiglie e per garantire loro l’incolumità viene mandata dal governo federale una squadra di polizia con a capo Johnny Pena, un mezzosangue indiano a cui viene affidata la missione per le sue capacità, ma anche per sfuggire al processo per un delitto. Il giovane si trova fuori posto in una comunità di menti raffinate, ma alla fine conosce Anna Weiss, una matematica al seguito di Oppenheimer, e se ne innamora.
Intanto continuano gli esperimenti sulla bomba atomica mentre di ogni scienziato vengono messi in evidenza vizi e virtù.

Il libro è interessante per il personaggio di John Pena, un eroe di sangue misto molto diverso dai miti del tempo, malinconico e consapevole della crudeltà del mondo. Non dimentichiamo che il libro è stato scritto negli anni Ottanta e all’epoca non era scontato avere un protagonista pellerossa dalla parte dei buoni. La scienziata Anna Weiss è una figura sfaccettata, perché da un lato ci parla di una donna scienziato negli anni Quaranta, dall’altro la giovane non vuole rinunciare alla propria femminilità e vive un amore che probabilmente (non lo rivelo) finirà.

Un’annotazione: nel libro si parla di scienza, di spionaggio, ma anche di cultura indiana e di premonizioni apparentemente senza senso in un mondo di scienziati, ma che forse ha lo scopo di non far dipendere il destino solo dalla tecnologia che nel caso del libro si trasforma in un’arma di morte. Lo stile è vivace, avvincente, con descrizioni brevi ed efficaci, capace di coinvolgere i lettori.
In sostanza un buon prodotto di intrattenimento.