Magellano di Gianluca Barbera

Gianluca Barbera con Magellano scrive un romanzo storico che è anche luogo dell’anima. Siamo nel 1519. Molti pensano ancora che la terra sia piatta, non c’è conoscenza alcuna dell’Oceano Pacifico. Nessuno mai ha pensato di circumnavigare il globo terrestre.
Questo è anche un libro di una ossessione, sapere che la terra e il mare sono più vasti di quanto ne sia a conoscenza l’uomo comune. Chi narra le vicende è uno dei pochi sopravvissuti, Juan Sebastian del Cane detto il Petri che così comincia:

Delle cinque caracche partite per sfidare gli oceani con a bordo duecentosessantacinque uomini di equipaggio solo una tornò, la Victoria.
Ebbene sì gli onori e le ricchezze e la fama andarono al Cane che aveva tradito Ferdinando Magellano.
Quest’ ultimo aveva un carattere controverso e distante dagli altri esseri umani. Barbera scomoda Robert Musil e L’uomo senza qualità per dire che Magellano:" Sta danzando su corde di luce.

Portoghese di nascita accetta che siano gli spagnoli a dargli le caracche e i viveri. E l’occorrente per un viaggio lunghissimo.
Appena salpati, gli spagnoli che fanno le veci di Magellano sulle altre navi già sono in combutta per ammazzarlo il prima possibile. Ma l’uomo si accorge di tutto, vede tutto, ha i suoi informatori. Ma il viaggio si rivela teuculento e rabbioso.
Alla prima fermata con i nativi del posto l’equipaggio va dietro le loro donne per saziarsi degli istinti più belluini.

Gli uomini non sanno tenere a freno l’eros e è spesso qualche mozzo, quasi bambino, si suicida perché stuprato da altri marinai o dal loro capitano. Magellano non si ferma e va sempre oltre fino a trovare il freddo. Chiaramente la ciurma tenta di ribellarsi a quello che sembra un salto nel vuoto.
Barbera cambia anche linguaggio. Una paratassi forsennata, un periodo non ha più di due righe. L’involuzione linguistica va di pari passo con l’incertezza massima del percorso da fare. Quindi questo bellissimo libro diventa anche un mistery oltre che un memoir.