Manoscritto trovato a Saragozza
- Autore: Jan Potocki
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2012
Ci sono opere così inscindibilmente legate al vissuto del loro autore, da non poterne essere separate. È il caso del “Manoscritto trovato a Saragozza”, che riflette pienamente l’animo, la cultura, le peregrinazioni e l’inquietudine del conte Jan Potocki. Erudito, sostenitore delle idee giacobine, sedotto dal pensiero progressista, il nobiluomo polacco era però affascinato dall’insondabile dinamica dell’inconscio e del misterioso, l’ingovernabile che sfugge a regole precostituite. E così, ogni sera, al capezzale della moglie ammalata, era solito leggerle le storie fantastiche che scriveva durante il giorno, e che poi costituiranno il nucleo centrale del “Manoscritto”. Dopo la morte della moglie, divenuto preda di terribili nevrastenie, Potocki iniziò a limare la palla d’argento del coperchio della sua teiera, fino a darle la forma voluta di una pallottola, con cui si diede la morte nel dicembre del 1815.
Il “Manoscritto” è un’opera labirintica, non ancora completata dall’autore alla data della morte. Se la si volesse catalogare in un genere, si potrebbe dire che si tratta di un decamerone nero, in quanto la narrazione è suddivisa in giornate, quattordici nelle prime edizioni e sessanta nel testo completo. Intorno alla vicenda principale, quella del soldato Alfonso van Worden, che intraprende un lungo viaggio attraverso la Spagna per raggiungere la destinazione cui è stato assegnato, si intrecciano una pluralità di storie, vere e proprie novelle raccontate dai personaggi che il protagonista incontra durante il cammino. Ognuno racconta la sua storia, spesso intervallata da altri racconti, fino a costruire una trama narrativa estremamente complessa, che coinvolge più livelli di lettura.
Tutte le novelle appartengono al genere gotico, tanto in voga tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX: sono racconti di spiriti, di stregoneria, di Inquisizione, di forche, di briganti, di presenze spettrali e demoniache. C’è dunque la volontà di stupire o terrorizzare il lettore con vicende occulte, scabrose, di dirompente intensità emotiva.
Tanti i giudizi critici sul testo. Come rilevato da Roger Caillois nella prefazione all’edizione italiana del 1972, si tratta di un’opera al tempo stesso tradizionale ed innovatrice: tradizionale, perché il patrimonio cui attinge – le scene galanti, il gusto per l’occultismo e l’eccentrico – è quello tipico del XVIII secolo; innovatrice, perché anticipa la sensibilità romantica ed i suoi nuovi fremiti spirituali. Per Tzvetan Todorov, che ne parla diffusamente nel suo celebre saggio “La letteratura fantastica”, il “Manoscritto” è l’esemplificazione del cosiddetto fantastico strano o soprannaturale spiegato, in quanto gli avvenimenti irreali, che ne costellano l’intreccio, vengono alla fine spiegati razionalmente, tanto che lo stesso protagonista, in un primo tempo incredulo, ne è alfine convinto.
La lettura è impegnativa, ma avvincente per chi ama questo genere di romanzi; mentre molte opere dello stesso periodo sentono, a mio avviso, il peso degli anni – si pensi al “Castello di Otranto” di Walpole –, il “Manoscritto” di Potocki mantiene ancora una sua particolarissima forza narrativa.
Manoscritto trovato a Saragozza
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