Matcha al veleno di Stefania Viti

Una Milano che soccombe alla voglia di esotismo, in particolare a tutto quanto viene dal Giappone, compresa la cerimonia del tè, che viene da una lontanissima tradizione nipponica. La giornalista Stefania Viti, esperta di gastronomia e costume giapponese, infatti ha vissuto molti anni a Tokyo, costruisce una trama originale nel suo romanzo Matcha al veleno (Sonzogno, 2023), nel quale mette insieme con una scrittura leggera e scorrevole, il mondo della moda e dell’arte contemporanea, con quello dell’alta borghesia legata alla finanza e al mecenatismo culturale che divengono protagonisti di questa intricata trama gialla che vede in prima linea una giovane cronista della rivista patinata Donna oggi, una costola di un grande quotidiano nazionale. Il suo nome è Nora Valli.

Nora ha vissuto in Giappone con il marito da cui è divorziata, ed è esperta di lingua e cultura di quel paese. Quando in una prestigiosa scuola dove si insegna la raffinata cerimonia del tè, a cui prendono parte significativi personaggi della Milano bene, durante il rito viene improvvisamente a mancare la persona più importante del gruppo, Ludovica Cattaneo, sponsor e moglie del potente finanziere Mario Cattaneo.
La costernazione invade i presenti:la cuoca giapponese che ha preparato i dolci, il Maestro Yamafuji, sua moglie Sachiko, la più cara amica di Ludovica, Orizia Dufour, vedova di un grande archeologo morto col figlio in un tragico incidente, Katherine, un’attrice tedesca di teatro No, una giovane corista giapponese della Scala, Yuriko, e la stessa Nora che era stata invitata come giornalista per un servizio ordinatole dalla direttrice Agata.

Presto si capisce che Ludovica è stata avvelenata con un sostanza che contiene arsenico. Il commissario Carlo Malacarne, che si occupa delle indagini, si trova di fronte a un caso difficile: tutti i presenti sono potenziali colpevoli, anche il marito finanziere che, malgrado fosse all’estero, forse ha molto da nascondere.
Nora si trova coinvolta nell’indagine e mostra una capacità di intuire e di ricercare che sorprende chi la circonda: il collega della nera dell’edizione nazionale, Gigi, il commissario, i suoi stessi amici.

L’originalità del romanzo però sta nella ricostruzione della vita milanese, tra aperitivi, mondanità, vernissage, cure di bellezza, cambi d’abito, scelta delle borse, delle scarpe, del colore dello smalto con cui laccare unghie sempre perfette. Nora Valli, che viene da un passato di infelicità, sembra riempire il vuoto interiore con una continua ricerca estetica, che rasenta la nevrosi: la scelta dell’outfit con cui presentarsi in pubblico, abiti, accessori, trucco e parrucco, diventano una scelta prioritaria che supera ogni altro scopo, anche se, il ticchettio dei tacchi che si accorda al ticchettio delle dita sulla tastiera del Mac su cui scrive i suoi articoli fanno capire che per la bella Nora professione ed estetica sono strettamente collegati.

Pieno di rapporti umani il libro di Stefania Viti: amicizie, delusioni, tradimenti, adulteri, che descrivono una società inquieta, precaria nei sentimenti, presa dal mostrare più che dall’essere.
Interessante la personalità di Nora, a cui l’autrice fa dire cose frivole, superficiali, noiose, quasi maniacali, come l’ossessione per i colori, sia dello smalto Chanel che degli abiti di chi incontra, il commissario Malacarne è sciatto e orrendamente vestito, o degli arredi delle case che frequenta, di cui riconosce il valore, soprattutto se si tratta di design milanese, ma che si alternano a profonde riflessioni sulla vita e i suoi valori, ripercorrendone le tappe recenti.

Matcha al veleno è costruito con capitoli brevi, dialoghi serrati, continui messaggi, molti termini giapponesi corredati da segni grafici che l’autrice domina, della cui grafia tuttavia i lettori sono ignari.
La “Milano da bere” sostituita dunque dalla “Milano del tè”, del sake, del kimono, del Matcha, anche se in questo caso, avvelenato, come i rapporti tra i diversi personaggi a cui la scrittrice ha dato vita.
Nora Valli sembra aver scoperto la propria vocazione di detective, e presumibilmente questa è la sua prima indagine.