Maus
- Autore: Art Spiegelman
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
Quando Art Spiegelman scriveva e disegnava il suo Maus, il topolino più celebre del mondo, il Mickey Mouse di Walt Disney, era già una stella del firmamento dei cartoni animati. I più sobri e spauriti topolini di Spiegelman, invece, sarebbero diventati, dopo la loro pubblicazione, le stelle del fumetto d’autore, vantando le lodi di Umberto Eco.
Maus è stato pubblicato per la prima volta nel 1986 negli USA, ed è una storia intensa e toccante sull’Olocausto. Tema affrontato con innumerevoli testimonianze sotto forma di libri, film, saggi, racconti. Non ancora da un fumetto speciale come Maus: la storia è vissuta da degli animali antropomorfi, più precisamente dei topolini, che sono rappresentazione degli ebrei. Ad accentuare l’orrore metaforico, i nazisti sono dei grossi gatti sadici e crudeli.
Il libro è basato su vicende personali della famiglia di Spiegelman: il giovane Art, o meglio la sua controparte di roditore, chiede al padre Vladek, un ebreo di origini polacche, di raccontargli l’esperienza da lui vissuta negli anni della Seconda Guerra Mondiale durante i quali venne catturato e rinchiuso ad Auschwitz, per poterla poi trascrivere in un fumetto.
In un lungo flusso di coscienza che attraversa gli anni più terribili della nostra storia e della sua vita, Vladek racconta ad Art, con sorprendente lucidità, della ricerca disperata di una famiglia che potesse ospitare lui e la moglie Anja, della cattura della gestapo, della disumanità del lager, fino alla tanto sperata salvezza.
Ma, disse Primo Levi, “Auschwitz non era, è stato, ma è”. Ovvero: Auschwitz è inciso nel cuore di chi ci è sopravvissuto e difficilmente sparisce. Vladek “sanguina storia”: nei momenti di pausa dal suo racconto, in cui il libro interrompe i flashback per tornare alla sua vita “normale”, è visto costantemente condizionato da ricordi di orrori inenarrabili in tutti gli aspetti della sua esistenza, connotata di fobie, ossessioni per il pulito, il risparmio e le buone maniere, attacchi di rabbia improvvisa. Art nota tutto questo con dispiacere, ma il rispetto incondizionato nei suoi confronti non gli impedisce di rimproverargli i modi perennemente rudi e la sua ossessione maniacale per il denaro (tutte eredità dell’assurda “economia” del lager che aveva leggi tutte sue).
A causa dell’estrema fragilità mentale ed emotiva di Vladek, padre e figlio non riescono a comunicare, nonostante la scelta coraggiosa di entrambi di parlare di un’esperienza tanto intensa. D’altra parte c’è tanto di non detto negli occhi di chi ha visto ferocia e crudeltà immotivate, e sensazioni troppo intense per poter essere tirate fuori, celate dal duro Vladek dietro un muro fatto di una diffidenza irreversibile e un annullamento di identità e personalità (anni prima era solo un numero cucito su un abito a righe) che gli impediscono di provare amore per se stesso e per il figlio. Il suo cuore è rimasto indietro, sepolto ad Auschwitz.
Maus è stato il primo fumetto insignito del Premio Pulitzer. Con uno stile grafico semplice ma ben costruito, cupo, con vignette ben composte e sature (che nel dipingere il lager trasmettono sensazioni quasi claustrofobiche) Maus è un racconto solido e maturo, che trasuda verità e dolore, e che conferisce straordinaria dignità al medium del fumetto, dando prova che anche un tema così delicato può essere raccontato con una vignetta e una nuvoletta, se scritto e disegnato con garbo e intelligenza.
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