Memorie di un filologo complottista
- Autore: Francesco Benozzo
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Mettiamola così, mettiamola che Francesco Benozzo non è un complottista qualsiasi. Esempio uno che si beve scemate tipo gli extraterrestri sono tra noi e circolano sotto mentite spoglie col beneplacito delle superpotenze mondiali. Oppure dietrologie tipo l’attentato alle Torri gemelle discende da congiure interne allo stesso governo americano. Dati la consistenza culturale dell’autore di Memorie di un filologo complottista (La Vela, 2021) e l’intento politico del pamphlet, traduco buona parte degli estremismi contenuti al suo interno come prove tecniche di teleologia disalienata, e dunque in certo qual modo vivaddio. Il trattato è senza dubbio urticante, ma credo ce ne vogliano di trattati urticanti di questo tipo. Se non altro fanno dialettica, comprese le tesi più impopolari (e, certo, opinabili) come quelle avanzate in “Scienza e complottismo” e “O complottisti o negazionisti”. Per quanto mi riguarda sono riuscito a metabolizzarle come scaturigine di un approccio scientifico-filosofico, socratico (“so di non sapere”) piuttosto che come rigurgiti di livore fine a se stesso. Parafraso: qui si auspica la persistenza (pro-attiva) del dubbio contro l’assolutismo (statico) delle verità immutabili.
Francesco Benozzo insegna Filologia romanza all’Università di Bologna (è anche poeta e musicista) e malgrado il suo saggio difetti apposta dell’aplomb, credo fornisca più di una chiave di riflessione anche ai non inclini al Verbo complottista, (come, del resto, chi scrive), in quanto ideale chiamata alle armi (intellettuali) per sopravvissuti e sopravviventi alla manipolazione ontologica su vasta scala, ordita dalle lobby capitaliste (questo sì). Subito dopo la sfrontatezza controcorrente, di Memorie di un filologo complottista si apprezzano in primo luogo le provocazioni di impianto speculativo. Come questa che, a pagina 63, probabilmente riepiloga il senso ultimo del testo, e con la quale vi lascio a riflettere:
“Il vero scienziato complottista, in questo suo meticoloso corteggiamento dell’abisso, non fa altro, in fondo, che sfidare la morte stessa, fino a farsene beffe. Non ci gioca nemmeno a scacchi, perché, a differenza del cavaliere Antoine Clock de Il settimo sigillo, sospetta che dietro ogni regola del gioco ci sia un fine imperscrutabile e forse letale, del quale egli non può fare a meno di dubitare. In questo senso è difficile non pensare che Dio stesso sia stato creato da una mente complottista, come dubbio finale sulla morte e come rifiuto di credere che non ci fosse niente al di là di quello che appare nella realtà”.
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