Metamorfosi dei corpi mutanti
- Autore: Alessandro Cappabianca
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
È una specie di riflesso condizionato: se penso al cinema dei corpi-mutanti mi vengono in mente due cose: l’asettica corporeità finto-soap degli anni Ottanta e - di contro - il cinema metafisico-tumorale e quello splatter-metastatico di Alien (Ridley Scott, 1979) e La Cosa (John Carpenter, 1982). Le due pellicole sono presso che coeve: come dire che all’alba del decennio edonista per antonomasia il cinema già ne metaforizzava il rigetto. Riflettendo piuttosto sulla materia contaminata: il corpo come corpo metamorfico, come oggetto (terreno) di infezione. Non che fosse una novità assoluta: il cinema è un medium incentrato sui corpi che reiterano se stessi, persino nelle loro possibili declinazioni (fantasmatiche, licantropiche, vampiriche, di non-morti, super-eroiche): è sul terreno antitetico al diktat di finto-benessere (di illusoria immortalità) che la rappresentazione della fisicità alterata diventa più bruciante. Un altro rapido rimando, per chi volesse approfondire via DVD: i film del “primo” e “secondo” Cronemberg, autentico apologeta della nuova-carne: da quella infetta(nte) di Brood. La covata malefica a quella catodica di Videodrome, a quella mutante di La mosca. Quindi, tracimando in anni e implicazioni (sessuali) ulteriori, quella di Inseparabili, M. Butterfly, Crash. Mi piace inquadrarla così: il cinema della metamorfosi assunto a memento mori per corpi e pensieri asettico-anestetizzati.
Alessandro Cappabianca – architetto, critico d’arte e cinematografico di lungo e qualificato corso – specula sul tema, categorizzando, secondo modalità e contenuti ineccepibili. Il saggio si intitola “Metamorfosi dei corpi mutanti” (Timía Edizioni, 2016): poco più di duecento pagine di pura suggestione. Storica (del cinema) e teorica, per lo più.
“C’è sempre stata (…) – scrive Alessandro Cappabianca (p. 11) – una tecnica delle metamorfosi filmiche e questa tecnica si è poi evoluta e a sua volta trasformata. Qui non ci interessa tanto rifarne la storia, sotto un’angolazione tecnologica, quanto tracciare l’essere di questi tipi di divenire: descrivere le metamorfosi delle metamorfosi, per così dire (…) Per fare questo, ci serviremo di alcune Figure archetipe, che il cinema come macchina mitopoietica ha sempre privilegiato (…) parliamo del Lupo, della Cosa, del Vampiro, del Mostro, della Bestia, del Cyborg, dei Morti Viventi, dell’Alieno, perfino dello Stesso (o dell’Identico, e in ultima analisi del Corpo, in quanto Ultracorpo) reso mostruoso o trasfigurato, in seguito a mutazioni di natura misteriosa, magiche, alchemiche, genetiche e patogene (…) Senza tuttavia dimenticare che mutante è qualunque corpo, in ragione del passaggio del tempo”.
Appunto. È questa, in fondo, la verità rimossa che la progenie degli zombie e dei loro simili cinematografici non smette di schiaffarci in faccia brutto muso.
Metamorfosi dei corpi mutanti. Il divenire-altro delle creature cinematografiche
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