Monti di Pietra
- Autore: Salvatore Gullotta Di Mauro
“Monti di pietra” è un romanzo che racconta il duro confronto tra lo Stato e i codici della violenza, un confronto antico quanto il mondo.
L’autore, Salvatore Gullotta Di Mauro, ex funzionario di Stato nella duplice veste di uomo pubblico-scrittore, sviluppa una trama ricca di insidie, di spunti della memoria e attinge dall’esperienza per affrontare il difficile tema del banditismo sardo, con le sue contraddizioni e i suoi drammi, nella Barbagia in cui un tempo era vivo più che mai il disagio sociale e nel quale
“il colore e l’odore del sangue… molti ce l’hanno appiccicato addosso”.
L’Autore raccoglie gli scenari geografici e descrive, senza appesantire la lettura, un’infinità di grotte e anfratti che traforano le rocce, i dirupi del Supramonte, l’atmosfera in cui echeggiano canti di tenores e in cui si svolge la vita quotidiana di gente con le sue illusioni e delusioni, secondo leggi misteriose e riti arcaici e solenni.
Da subito è evidente lo spessore sociale e psicologico del romanzo che rivela la morfologia della cultura di questa terra, e avvince il lettore nei gesti e nelle azioni dei protagonisti.
Così, il prefetto Carmelo Basile, tipo gaudente e cordiale, ma senza eccessi, giunge a Nuoro imbevuto di certezze assolute sul bene e sul male, con l’obiettivo di stanare i banditi, di dar loro la caccia per ripristinare l’inflessibile potere dello Stato, troppo spesso vessatorio e distante.
Eppure, proprio il contatto con le asperità di questa terra permetterà a Basile di riscoprire le dolcezze che riempiono l’anima.
C’è nella lettura – a tratti morbidamente lirica e meditativa – il rapido inabissarsi delle vicende personali nei luoghi intimi della riflessione e del pensiero, dai quali ogni personaggio trae la sua forza e si ricarica; e non manca neppure il gusto per il dettaglio – un ambiente, un ritratto, un atteggiamento – a completare l’armonia dell’insieme e la grandezza dei personaggi.
E’ grande infatti Gaviano, il bandito costretto alla macchia da antichi reati, con le sue espressioni vivaci e colorite, con il coraggio di esprimere il dramma della sua condizione e l’orgoglio profondamente sardo, già impresso nello sguardo fiero, da balente.
Ed è grande la disperazione di Miriam quando, chiusa nel suo dolore granitico, cerca il sogno di una vita nella solitudine di un’immensa pietraia.
A ben vedere, i monti di pietra richiamati nel titolo del libro alludono non soltanto alla durezza dell’antico conflitto tra i due poteri, ma anche alla durezza dell’anima vestita a lutto, alla crudezza di una realtà troppo difficile.
Il romanzo richiama i fantasmi del passato che scuotono le menti, allontanano paure e suggestioni.
Rimane al lettore un finale di narrazione e poesia, emozione e immaginazione, in una storia autentica.
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