Morirò democristiano
- Autore: Danilo Morini
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
“Orgoglio democristiano e (pre)giudizio politico verso il presente”
“Avendo raggiunto gli ottanta anni il 24 aprile 2014, in buona salute, ho deciso di regalarmi questo libro di memorie e di ricordi della mia vita, in politica e nella pubblica amministrazione nazionale e locale”
Non è l’unica ragione – c’è anche una gran nostalgia per la prima Repubblica - per avere redatto e dato alle stampe nel maggio 2015, per i tipi Imprimatur, il volume “Morirò democristiano” (Imprimatur Editore, 2015 - 218 pagine 16 euro).
Memorie di un esponente della Colomba Bianca, dunque, Danilo Morini, nato nel 1934 a Villa Minozzo, in provincia di Reggio Emilia, scolaretto nella parte finale del fascismo, poi studente universitario aderente alla Fuci, sindaco (il più giovane d’Italia) di Castellarano dal 1956 al 1965 e deputato dal 1972 al 1979.
Da adolescente, nel secondo dopoguerra, si era detto: non sono più fascista, ammesso che potesse esserlo un balilla alle elementari, e non sarò mai comunista, nauseato dalla violenza dei partigiani nel Triangolo della Morte reggiano. Ecco la ragione per cui si avvicinò al movimento giovanile democristiano e avviò la trafila politica nel partito.
Nel ricostruire la sua vita, non segue un criterio strettamente cronologico, pur partendo dall’infanzia di guerra, che lo mise a contatto con gli alpini della provincia di Reggio, reduci dalla sventurata campagna di Russia. I loro racconti dolorosi della criminale improvvisazione cui li aveva costretti il fascismo e il delitto di un seminarista quattordicenne, Rolando Rivi, sequestrato e ucciso dai partigiani comunisti (papa Francesco lo ha beatificato di recente) influirono notevolmente sulla sua formazione.
In più, non sviluppa argomenti necessariamente organici. Come Gerardo Bianco fa presente nella prefazione, la narrazione procede sul filo della memoria, intrecciando singoli episodi a questioni più generali, fatti minuti a considerazioni personali. Lo scritto ha l’andamento di una conversazione amichevole. Di volta in volta emergono vicende, situazioni, persone a vivacizzare il racconto.
Moroni riprende la sua scelta di militare nella DC, alla guida del Paese dal 1945 e vincente solitaria delle elezioni del 1948. Ai primi passi in politica, la carriera del ragazzo emiliano è la stessa di tutti i giovani democristiani in tutta Italia e questo aiuta a capire come si sia andata formando l’ampia classe dirigente dello scudocrociato che ha retto fino a “Mani pulite”. Laureato in legge, attivo nella DC giovanile cittadina e provinciale, poi amministratore comunale: insomma, l’allora ordinaria carriera di partito, con la scalata progressiva a responsabilità crescenti.
A seguire, si concretizza l’esperienza parlamentare. Sette anni a Roma, nei quali matura competenze in di politica sanitaria, una specializzazione affinata rappresentando il gruppo DC nella Commissione sanità di Montecitorio. È stato poi consulente tecnico dell’amico e capo corrente Donat-Cattin, ministro della sanità per tre anni. Ha diretto il Servizio Ospedali del Ministero e, dopo la mancata conferma in Parlamento, ha continuato alla guida amministrativa di importanti presidi ospedalieri, tra i più efficienti d’Italia, come il San Matteo di Pavia e l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
È ancora Bianco a mettere in risalto uno dei significati del libro, che riprende una storia che sembrerebbe lontana nel tempo, ma dopotutto non lo è. Settant’anni: il percorso comincia con la disfatta dell’Italia nella guerra fascista e continua con la costruzione della democrazia repubblicana, tra successi e fallimenti, ma senza mai perdere la rotta dell’alleanza occidentale.
Orgoglio democristiano, si potrebbe riassumere in uno slogan. Morini è transitato nella Margherita, ma è rimasto molto poco nel PD.
All’indomani delle Politiche del 1983, che videro un pesante arretramento della DC (all’epoca segretario nazionale era Ciriaco De Mita), Luigi Pintor commentò con entusiasmo sul Manifesto: “Non moriremo democristiani”.
“Io invece voglio morire democristiano e confido il più tardi possibile”
ribadisce in conclusione Danilo Morini, dopo avere ispirato la sua vita alla
“politica tesa all’amore per il prossimo e resa nobile dalla finalità del bene comune”
secondo la lezione di Don Sturzo. Concetti di altri tempi, tenuto conto dello stato miserrimo di questa seconda Repubblica, che avvilisce l’anziano politico, per la mancanza di etica pubblica e lo sprofondo morale in cui è caduto ai suoi occhi un Paese ormai senza partiti.
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