Nelly Sachs moriva a Stoccolma il 12 maggio 1970, straniera in terra straniera, come era stata per la maggior parte della sua vita. Moriva di tumore in un ospedale svedese proprio lo stesso giorno del funerale del poeta Paul Celan, con cui aveva intrattenuto una fitta corrispondenza durata anni avvertendo con lui una profonda “affinità d’anima e di destino”. Entrambi avevano scrutato nel fondo dell’abisso più nero e, pur rischiando di cadere nel baratro di quel nulla, l’avevano trasformato in poesia facendone la propria voce letteraria. Erano entrambi poeti, fratelli nel dolore: due ebrei scampati alla follia dello sterminio nazista.
Per tutta la loro vita sarebbero stati dei sopravvissuti: lei a Stoccolma, lui a Parigi, eppure intrecciati inesorabilmente sino alla morte avvenuta a pochi giorni di distanza. Celan si era gettato nella Senna a fine aprile, ora era il turno di Nelly che invece perì a causa di un cancro. Entrambi non avevano paura della morte, perché l’avevano già patita in vita.
“Ma quante morti dobbiamo morire, finché non viene quella giusta”, scriveva Nelly Sachs a Paul Celan in una lettera della loro corrispondenza in cui i due confidavano di sentirsi perseguitati dal seme dell’odio. “La cara buona Nelly” di Celan avrebbe vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1966, il giorno del suo settantacinquesimo compleanno, con la seguente motivazione:
Per la sua eccezionale scrittura lirica e drammatica, che interpreta il destino di Israele con forza toccante.
Per la prima volta nella storia il Nobel per la letteratura veniva conferito a due autori. Nelly vinse insieme con lo scrittore e poeta israeliano Shmuel Yosef Agnon. Una celebre foto d’epoca, in bianco e nero, li ritrae insieme durante la cerimonia: lei è intenta a sistemargli la cravatta, come se fosse lui il vincitore e lei solo un’accompagnatrice. Un gesto commovente che ci restituisce la statura umana di Sachs. Non amava le luci della ribalta, preferiva nascondersi, stare nell’ombra, come aveva confidato nelle lettere a Paul Celan, piene di buio e di fughe di morte.
Oggi Nelly Sachs è conosciuta come La poetessa dell’Olocausto, eppure, a differenza di altri, non sperimentò mai sulla propria pelle l’orrore dei campi di concentramento. Patì invece la solitudine e lo smarrimento d’esilio: sarebbe stata straniera per tutta la vita, un’ebrea trapiantata in Svezia che scriveva poesie in tedesco.
Scopriamo la sua storia.
La vita di Nelly Sachs
Leonie Sachs, detta “Nelly”, nacque il 10 dicembre 1891 a Berlino, figlia di una famiglia benestante di origine ebraica. I genitori, Georg William Sachs e Margarete Karger, erano due ingegneri, ebraici ma non praticanti. Nelly crebbe nella grande villa di famiglia; per allietare le sue giornate il padre le regalò un capriolo, con cui lei giocava nel prato. Il capriolo, simbolo della vittima, del sacrificio, sarebbe stato uno dei temi ricorrenti nella poesia di Sachs.
Ebbe un’ottima istruzione: viene educata alla danza, alle arti, al disegno, ma la sua passione principale è sempre scrivere poesie. A diciassette anni inizia a pubblicare i primi versi, che vengono notati da Stefan Zweig. Grazie all’incoraggiamento di Zweig, Nelly Sachs pubblica la sua prima raccolta, dal titolo Leggende e racconti. Alla fine degli anni Venti, Sachs è già una giovane autrice piuttosto apprezzata dalla critica tedesca. Poi venne la guerra.
Quando il nazismo iniziò a imporsi, Nelly e la madre (il padre era morto nel 1930) decisero di abbandonare la Germania. Ad aiutare Nelly nella fuga fu la prima scrittrice premio Nobel, la svedese Selma Lagerlöf, con cui la giovane poetessa intratteneva una fitta corrispondenza. Nelly Sachs aveva letto La saga di Gösta Berling a quindici anni e ne era rimasta stregata, tanto da scriver all’autrice, Selma Lagerlöf, una donna che, in qualche modo, avrebbe prefigurato il suo destino.
Fu Lagerlöf ad avviare, nell’estate del 1939, le procedure necessarie per il trasferimento di Nelly e della madre in Svezia, ma, già anziana, la scrittrice morì prima del loro arrivo. Le due donne arrivarono sul suolo svedese giusto in tempo per sfuggire all’orrore dei lager che le attendeva al varco. Non si trattava, tuttavia, dell’approdo in un Eden: iniziavano anni duri. Nelly e sua madre vissero a lungo di stenti, strette in un monolocale senza luce; ma almeno erano insieme. La morte della madre, avvenuta nel 1950, sarebbe stata un punto di non ritorno nella vita di Nelly Sachs. Era l’ultimo essere umano che le era rimasto, la persona cui aveva dedicato la sua vita con totale dedizione.
Da quel momento la poetessa fu preda di violente crisi psicotiche che si sarebbero accentuate negli ultimi anni della sua vita, tanto da rendere necessario il ricovero in un sanatorio per malati mentali.
Nelly non smise mai di scrivere, mettendo in versi il suo dolore e la tragedia del popolo ebraico. Fu la prima poetessa, scrisse il suo biografo Walter A. Berendsohn, a fare dei “camini di Auschwitz” il tema principale dei suoi versi.
In una lettera a Paul Celan, con cui avviò una stretta corrispondenza a partire dal 1954, scriveva che “anche la morte è una gemma”.
Al suo fratello d’anima, al poeta romeno naturalizzato francese, scriveva:
Vi è in me, vi è sempre stato e vive in me con ogni mio respiro la fede in un’attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un’anima. Io credo in un universo invisibile nel quale iscriviamo ciò che abbiamo inconsapevolmente compiuto.
Come Paul Celan, Nelly Sachs credeva che la poesia iniziasse sulla “soglia del male”. Anche Sachs, come Celan, da lei chiamato il “poeta dell’indicibile”, rispondeva alla fatidica dichiarazione di Theodore Adorno del 1949, se fosse ancora possibile scrivere poesie dopo Auschwitz.
Erano rimasti soli a cogliere fiori sull’orlo dell’abisso.
Nelly Sachs: il premio Nobel e la dedica a Selma Lagerlöf
Nel 1966 Nelly Sachs fu insignita del Premio Nobel per la Letteratura, proprio nel giorno del suo settantacinquesimo compleanno, il 10 dicembre.
In occasione della cerimonia del Nobel la poetessa tenne un discorso commovente nel quale ripercorreva tutta la propria vita e, soprattutto, l’eterna gratitudine che la legava a un’altra scrittrice, la sempre compianta Selma Lagerlöf che era stata la sua mentore e la sua salvatrice:
Nell’estate del 1939 una mia amica tedesca andò in Svezia a trovare Selma Lagerlöf, per chiederle di assicurare un rifugio a me e a mia madre in quel paese… Nella primavera del 1940, dopo mesi tortuosi, arrivammo a Stoccolma. L’occupazione di Danimarca e Norvegia era già avvenuta. La grande scrittrice era morta.
Respiravo aria di libertà: non conoscevo nessuno, non sapevo la lingua. Oggi, dopo ventisei anni, penso a ciò che diceva mio padre, a Berlino, ogni dieci dicembre: ‘Oggi festeggiamo il Nobel’. Ora ci sono io in mezzo a questa cerimonia. Una favola che diventa realtà.
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Nelly Sachs: le opere
Le principali opere di Nelly Sachs, tra cui appare anche la corrispondenza con Paul Celan, sono edite in Italia dalla casa editrice Giuntina.
Le sue poesie furono pubblicate da Einaudi nel 2006 in una raccolta a cura di Ida Porena, riedita nel 2018.
- Negli appartamenti della morte: la prima traduzione italiana completa di In den Wohnungen des Todes, considerata una delle opere liriche più elevate del Novecento. La raccolta avrebbe sancito la rinascita poetica di Nelly Sachs, dopo la terribile prova della guerra.
Negli appartamenti della morte
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- Lettere dalla notte (1950-1953) (2015): sono le lettere senza destinatario che Nelly Sachs scrive dopo la morte della madre. In questi passi, intensamente lirici, Sachs inizia a concepire l’idea della morte come metamorfosi, come nuova nascita.
Lettere dalla notte (1950-1953)
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- Nelly Sachs. Poesie (Einaudi, 2018): secondo Ida Porena, curatrice del volume italiano di poesie di Nelly Sachs, la poetessa adotta un linguaggio cosmico, capace di narrare una nuova nascita oltre il dolore. Un viaggio poetico che ha inizio nella sabbia dei lager e nella storia ebraica di biblica memoria “oltre la polvere”.
Poesie
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- Corrispondenza (Paul Celan, Nelly Sachs) (2018): la corrispondenza tra Nelly Sachs e Paul Celan che i due poeti intrannero sino alle soglie della morte. Entrambi parlano in versi e si sentono uniti da un comune destino.
Recensione del libro
Corrispondenza
di Paul Celan - Nelly Sachs
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nelly Sachs, la poetessa Premio Nobel che narrò il destino di Israele
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