Omero gatto nero di Gwen Cooper

“Ecco un altro libro per gattofili”, penserà il cliente della libreria, osservando la copertina bianca sulla quale spicca un gattino nero in posa plastica, che sbircia un gomitolo rosso, “sicuramente teso a confutare le argomentazioni di chi ancora sostiene che i gatti neri portino sfortuna”. Certo, in parte lo è anche: certamente chi ama i gatti troverà molti motivi di interesse in questa lettura. Questa, però, è una storia particolare, una storia vera, che potrà insegnare molto a chiunque la legga. Principalmente, come a volte una menomazione possa, paradossalmente, costituire uno stimolo a trovare dentro di noi una forza e delle capacità che non sospettavamo neppure di possedere.

Omero, essendo nato negli Stati Uniti, in realtà si chiama Homer (il titolo originale è “Homer’s Odyssey”, che non fa rima ma spiega ancora meglio l’origine del suo nome), in omaggio a colui che viene tradizionalmente indicato come il poeta autore dell’Iliade e dell’Odissea, che si ritiene fosse cieco. Anche il nostro gattino, infatti, è cieco: un’infezione ha reso necessario asportargli i bulbi oculari a pochi mesi di vita, per dargli una possibilità di sopravvivenza. Contro il parere di coloro che l’avevano trovato, i quali ritenevano che fosse meglio sopprimerlo per non farlo soffrire, la veterinaria Patricia Khuly l’ha operato e l’ha restituito alla vita ed a colei che è poi diventata la sua padrona e l’autrice di questo libro, e che ha finito per amarlo in modo tenace e incondizionato.
Sono sicura che storie di questo tipo non vi sono sconosciute: io stessa ricordo quella vicina che si rifiutò di far sopprimere un gatto al quale un trattore aveva distrutto una zampa. Lo fece invece operare e lo adottò, dandogli la possibilità di diventare il gatto più vivace ed attaccabrighe del quartiere. Animali come questi sono sicuramente un grande esempio anche per noi esseri umani, che spesso ci abbattiamo davanti alla minima difficoltà, senza comprendere che la vita è già in sé un grande dono da sfruttare al meglio, e che il nostro reagire, la nostra volontà, possono servire non solo a farci vivere con gioia, ma anche a dare un grande aiuto a chi viene in contatto con noi.
Omero, infatti, ha insegnato molte lezioni alla sua padrona. In primo luogo, le ha insegnato la responsabilità. Gwen aveva già due gatte, ma si sa bene che i gatti, pur richiedendo cure ed amore, non sono impegnativi quanto i cani: basta lasciare loro cibo, acqua ed una lettiera pulita. Un gatto come Omero, al contrario, non può essere preso alla leggera: non solo ha bisogno di mille precauzioni, ma la sua cecità lo rende anche molto più bisognoso di vicinanza e sicurezza. Allo stesso tempo, le ha insegnato a non avere paura e a non arrendersi, anche quando la situazione sembra disperata. E’ quasi incredibile leggere della tenacia e del coraggio con i quali Gwen ha affrontato l’emergenza dell’11 Settembre solo per salvare i gatti. Ovviamente, il significato di questo capitolo va al di là di quello che è il tema di questo libro, e ci fa nuovamente tremare nell’anima.

Le avventure di Omero, e di conseguenza quelle di Gwen, si seguono con tenerezza, allegria e commozione, e ci si stupisce di come un animale così piccolo possa avere un impatto così grande sulle vite di coloro che lo circondano. E’ vita vera, non è un romanzo, e come vita vera si legge: non cercate in questo libro il valore letterario, ma quello di una piccola grande esperienza.