Parole di donne irachene. Il dramma di un Paese scritto al femminile
- Autore: Inaam Kachachi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2003
Parole di donne irachene. Il dramma di un Paese scritto al femminile di Inaam Kachachi (Dalai, 2003, trad. A. Costa e B. Lupoli) rappresenta la testimonianza di un popolo sofferente, quello iracheno, che nel 2003, quando il libro fu pubblicato, sopportava i dolorosi effetti delle guerre del golfo e dell’embargo “in un Paese in cui fotocopiare un libro è un lusso e possederlo è impossibile”, rappresentando una realtà molto diversa da quella descritta dall’informazione del regime di Saddam Hussein.
Inaam Kachachi, nata a Bagdad nel 1952, dopo una laurea in giornalismo, dal 1979 si è ulteriormente specializzata con un dottorato ed è diventata corrispondente da Parigi per molte testate arabe. Nel Paese di Sherazade, quello delle Mille e una notte, capace di ingannare “la morte con un racconto”, le donne usano ancora la parola con la stessa astuzia:
“Ingannano il destino con racconti che dicono la verità più di tutti i bollettini del mondo”.
L’autrice non inventa nulla, la narrazione è il racconto delle verità, quelle delle donne irachene che fanno di tutto per esprimersi, che:
“Scrivono con il sangue e le lacrime. Dopo la prima guerra del Golfo, e dopo la seconda guerra del Golfo. Nell’attesa della terza, costantemente evocata, incombente, minacciosa, in agguato. In Iraq, si è abituati a scrivere col sangue”.
Si tratta di donne che talvolta cedono alle lusinghe, rappresentate dai premi di concorsi letterari promossi dal presidente Saddam Hussein, ma che, assai più spesso, hanno dovuto subire la censura e patire per le ristrettezze derivanti dai controlli della dittatura e dai pesanti effetti dell’embargo che, già dal 1992, con alterne vicende, era stato imposto dall’ONU. Così il Paese e la sua gente soffrono per tutto: manca l’acqua corrente e la pressione è così bassa che le cisterne sui tetti non riescono neanche a riempirsi; spesso manca la corrente elettrica. Molti uomini partono, migrano e non tornano, o tornano e si sentono dei vigliacchi, al contrario degli eroi morti in battaglia. E le donne continuano a scrivere, alla luce delle candele, tra mille disagi, anche se devono superare i censori istituzionali (politica, religione, famiglia, ecc.) e il “censore interiore”, da sempre presente nelle loro teste.
La lingua delle donne ha radici antiche, in quelle della lingua femminile dell’epoca dei Sumeri, poi utilizzata dai letterati delle città mesopotamiche. La lunga storia della narrazione al femminile continua. Nel paese di Sherazade,
"Le sue nipoti, oggi, usano praticamente la stessa astuzia: ingannano il destino con racconti che dicono la verità più di tutti i bollettini del mondo [...] come se fossero gli inni che da sempre i dannati della Terra cantano per la libertà."
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