Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio. Il cinema, la memoria, la morte: l’ultima conversazione con Gualtiero Jacopetti
- Autore: Franco Prosperi e Stefano Loparco
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Un diario minimo, ma spesso di contenuti. Una resa dei conti alla fine del viaggio. Un tentativo di quadratura del cerchio: due amici e sodali di lavoro, a distanza di anni: uno sta morendo in una stanza di ospedale, l’altro va a trovarlo, mettendo da parte i torti subiti che lo avevano allontanato da lui. Tre visite in tutto: tanto è durato il riavvicinamento di Franco Prosperi e Gualtiero Jacopetti, il regista e il giornalista più “vituperati” del cinema italiano, sotto la grande ombra della morte. Con la supervisione di Stefano Loparco, Franco Prosperi è l’artefice del librino in oggetto: un libro smilzo di carattere antropologico e speculativo. Un po’ racconto documentario sulla vita e la sua fine, un po’ pretesto per divagazioni sulle cose del Mondo cane – oggi più ancora che al tempo in cui Prosperi & Jacopetti chiamarono così il loro docu-film. Il racconto si intitola Passeggeremo ancora tra le rovine del tempo. Il cinema, la memoria, la morte: l’ultima conversazione con Gualtiero Jacopetti (Edizioni Il Foglio, per la collana “I tascabili”) si legge in surplace, persino con qualche lacrima in punta di ciglio. Con i loro così detti mondo movies i due inseparabili di una volta, fecero le pulci al benpensantismo di circostanza - di destra come di sinistra, cinematografico e artistico - tirandosi addosso una gragnola di insulti e censure (Jacopetti di più, in quanto meno diplomatico). Mondo cane (1962), Africa addio (1966), Addio zio Tom (1972) rappresentano un trittico di fatto ancora oggi sconveniente. Più che un articolato memento mori per stazioni di variegata crudeltà, una gragnuola di colpi inferti al bersaglio grosso dell’occidente politically correct. E questo in tempi non ancora sospetti. Per tornare a Passeggeremo ancora tra le rovine del tempo, è implicito il riferimento a quegli anni ruggenti. Gli anni sulla strada (ma anche nel deserto, nella giungla, nelle giungle d’asfalto metropolitane) a filmarne facce e coscienze sporche del mondo (pseudo) civilizzato e non. Ad accumulare aneddoti e retroscena, a un passo dal pericolo e dal suo sprezzo.
“Stavamo ricordando qualcosa di divertente, un episodio avvenuto in Africa…eravamo nel mezzo di una savana, lui, il nostro cameramen ed io, quando venne fuori un leone da un cespuglio…Dai, Franco, raccontalo tu!”
“Antonio, così si chiamava il cameraman, fece per fuggire…non lo avrebbe neppure pensato se avesse avuto con sé la macchina da ripresa. Niente lo spaventava o lo fermava se c’era da filmare qualcosa, qualsiasi cosa…Lo afferrai per un braccio dicendogli che era meglio restare fermi e che era da pazzi pensare di poter correre più di un leone. ‘E chi vuol correre più di un leone’, ribattè lui. ‘Mi basta correre più di voi due’.
L’aspetto più sorprendente di questo rapsodico Passeggeremo ancora tra le rovine del tempo. Il cinema, la memoria, la morte: l’ultima conversazione con Gualtiero Jacopetti è il senso di umanità che vi trapela. Un senso di umanità del tipo non mieloso o strappalacrime. Gualtiero Jacopetti se ne va con dignità e l’amico ritrovato (assecondandone il volere) lo accompagna idealmente con altrettanto decoro, senza nemmeno farsi vedere al funerale. Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi non sono della razza che saluta il feretro battendo le mani, “come cretinamente si fa oggi per dimostrare quanto si è contenti che la signora in nero se ne sia portato via un altro”.
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