Patavine
- Autore: Alberto Turrin
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Il Babau in provincia di Padova o, per essere più internazionali, l’It di Stephen King ed altre presenze oscure tra l’agro padovano e la laguna di Chioggia. Una raccolta di dodici racconti gotici ambientati nella campagna a meridione della Città del Santo, in quel lembo di territorio che la divide dal mare. Alberto Turrin presenta il suo quinto libro, Patavine. Lugubri storie di un fazzoletto di terra chiamato Saccisica, pubblicato a febbraio da Pathos Edizioni (2022, 218 pagine).
Se l’autore parla veneto, la casa editrice è torinese: alloggiata, si dice, in una sede “stratificata da libri e sogni, ad alta densità narrativa”, si offre ai narratori, poeti, novellieri e saggisti di ogni dove, che vogliano comunicare il proprio pensiero e vissuto (pathos in greco significa emozione e si oppone a logos, nell’accezione di ragione, razionalità). Il marchio editoriale di via Barletta si dichiara nato “per caso e un po’ per gioco”. Apre ad una proposta editoriale “particolare”, “non convenzionale”, “fuori dagli schemi”. Lodevolmente sensibile alle categorie più indifese, bambini, anziani, animali e convinta che non ci possa essere cultura senza impegno sociale, devolve in beneficenza parte del ricavato di ogni opera, a sostegno di onlus impegnate in attività di solidarietà in Italia e nel Terzo Mondo, anche segnalate dagli autori.
Tornando all’antologia, se non ci è nuovo il territorio, che comprende Piove di Sacco, Codevigo e altri sette centri, non sapevamo che l’area condivide un’identità e tradizione comune e si riconosce nel nome Saccisica. Non conoscevamo nemmeno Turrin ed è il caso di rimediare, incontrando Alberto Turrin, codevighese quarantatreenne di residenza piovese, marito di Laura e padre di due bambine deliziose, Adele e Iris. Barba da guru con gli occhi buoni spruzzata di grigio, cattolico, milanista, appassionato di biciclette, manga, letteratura fantasy e horror. Dopo la laurea in scienze motorie nel 2004 ha insegnato per un po’. Dieci anni più avanti ha pubblicato il primo romanzo: Ira, capitolo iniziale di una saga con altri tre libri intitolata Il Sangue Berserkr: L’Oracolo e Dei ed inferi. Nel 2019 è uscito il prequel della tetralogia Le cronache del Cacciatore, per Pathos Edizioni.
È scrittore per caso, visto che ha cominciato a scrivere per sé, senza ambizioni o aspettativa editoriale, eterospinto da altri a pubblicare, a cominciare da Laura. Hanno colto quel qualcosa in più nei suoi lavori tanto neri, maturati fin da giovanissimo e avido lettore “nerd” di narrativa dell’orrore.
È autore, ma non inventore, visto che le sue storie e soprattutto i personaggi, sebbene immaginari, non sono creati dal niente. Nei racconti di questa raccolta, si tratta dei mostri e creature del buio che la fantasia popolare collettiva e la pedagogia rustica degli adulti minacciano da sempre di far “venire a prendere i bambini”, se non stanno buoni. I nomi variano da regione a regione e dialetto a dialetto: Spauracchio, Uomo Nero, Lupo Cattivo, Gatto Mammone. E tuttavia non esiste una tradizione veneta, tanto meno saccisica: ha provveduto Alberto, con la sua inventiva, nutrita da certe paure infantili, quando temeva che i fossi ai lati della strada fossero infestati da esseri pronti a ghermirlo.
Horror classico, old style, il suo, alimentato dalla passione per le migliori firme di genere (meno dai film, che pure non gli sono indifferenti), Lovercraft, Edgar Allan Poe, fino a certe recenti atmosfere kinghiane. Non a caso, It è una delle sue letture preferite.
In uno dei racconti, si fa sempre più forte una vocina che propone a un’anziana “dolcetto o scherzetto” e non è affatto quella di un "toseto", un bambino in giro la notte di Halloween a raccogliere caramelle nelle case dei vicini. E che dire dell’orrore “atavico, nero e umido” che si materializza dal canale di scolo sotto il ponticello, che pure il protagonista ha finora attraversato per metà della sua esistenza, anche al buio? Sono veri l’ululato e gli occhi rossi che un giornalista crede di sentire di notte e vedere fuori dalla finestra, prima di sparire? È autentico il risucchio - come di chi cammina nel fango con stivali alti - che un padre di famiglia capta dall’appartamento del vecchietto al piano superiore?
A volte il terrore prende una forma comune, perfino banale: fischi in un magazzino isolato, vecchie littorine che non sono dove dovrebbero essere, scritti che non andrebbero letti, una torta smejassa, il sorriso stampato sul viso del vicino che forse nasconde qualche segreto. Sono tante le “cose” che riescono a destabilizzare, a turbare il sonno, a far saltare i nervi di chi “vive” nei racconti di Turrin: un giovane papà o un ragazzino spaventato a morte dai ciocchi nella legnaia.
Altre volte l’orrore viene da una leggenda, un nome, una suggestione: il Barba Sucon, l’orco Rastrello Senza Sangue o il mostro dei campi raccontato ai bambini come spauracchio, l’Umassa, “che col fogo te core drio!”.
Incombono uccelli psicopompi traghettatori di anime e certe giornate si svolgono in modo strano a Cosca Velpidio, ancora di più le notti buie, in quel paese immaginario. Un liceale bullizzato celebra un rituale necromantico contro i tre prepotenti che lo perseguitano a morte, ma l’entità evocata non sempre riconosce l’evocatore.
E spesso, nelle pagine di Patavine. Lugubri storie di un fazzoletto di terra chiamato Saccisica ricorrono edicole con statuette o immagini di Madonne, casoni agricoli, cimiteri, boschi, zone selvagge.
Patavine. Lugubri storie di un fazzoletto di terra chiamato Saccisica
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Patavine
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