Piccolo paese
- Autore: Gael Faye
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2017
“Mi osservo in società, al lavoro, con i colleghi d’ufficio. Sono proprio io quel tizio nello specchio dell’ascensore? Il ragazzo al distributore del caffè che si sforza di ridere? Non mi riconosco, Vengo così da lontano che ancora mi sorprende essere qui …”
Romanzo d’esordio di Gael Faye, di grande successo e vincitore di numerosi premi letterari, tradotto in sedici Paesi, “Piccolo paese” è uscito in Italia da pochi giorni edito da Bompiani. Un romanzo in parte autobiografico che narra l’infanzia del protagonista e le vicende drammatiche di una famiglia in un piccolo paese africano in Burundi durante i conflitti etnici, qualche anno prima del genocidio che nel 1994 portò in Ruanda all’uccisione di più di cinquecentomila persone in pochi mesi. Di padre francese e di madre ruandese Gael Faye, dopo lo scoppio della guerra civile, si è trasferito in Francia dove ha continuato gli studi conseguendo la laurea in economia. Dopo aver lavorato per qualche anno in una società finanziaria di Londra, ha lasciato tutto per dedicarsi alla musica, diventando uno dei rapper più amati della sua generazione. Dopo gli attacchi terroristici a Charlie Hebdo nel 2015 ha scelto di vivere con la sua famiglia in Ruanda.
“Piccolo paese” è un libro straordinario, una storia narrata con gli occhi di un bambino le cui vicende dolorose lo faranno diventare grande. Un racconto che era dentro di lui, custodito negli anni e che avrebbe rievocato al momento giusto, ricordando il periodo vissuto in Africa, il profumo di citronella nelle strade la sera lungo la passeggiata, un paradiso perduto per sempre. Siamo nel 1992 e la voce narrante è di Gabriel, dieci anni, e come Gaël Faye ha un padre francese, Michel; occhi verdi, capelli castani e una statura da vichingo arrivato in Africa per fare il servizio civile. Una madre ruandese, Yvonne, una classe fuori dal comune, con grandi occhi neri e un corpo slanciato dalla pelle color ebano. I suoi genitori erano giovani e felici quando si sposarono ma dopo qualche anno dall’arrivo dei figli purtroppo si separarono. Ha qui inizio il racconto del piccolo protagonista, dalla separazione dei suoi genitori, la sua prima e vera sofferenza da lui descritta come l’inizio della fine della felicità.
“L’infanzia mi ha lasciato dei segni di cui non so che fare. Nei giorni buoni mi dico che è da li che attingo la mia forza e la mia sensibilità. Quando raggiungo il fondo della bottiglia vuota ci trovo la causa della mia incapacità di adattarmi al mondo”.
Nonostante l’assenza della madre tornata a vivere in Ruanda, la sua vita trascorreva tranquilla e serena accanto al padre, nel quartiere residenziale del suo piccolo paese. In una terra ricca di bellezze naturali, di fame e di miseria, Gabriel si divideva tra gli impegni della scuola e i pomeriggi a giocare nel vicolo insieme all’amico Gino, sul volgere della sera, momento ideale per giocare una partita a calcio, a torso nudo e a piedi nudi, mangiando manghi rubati nei giardini dei vicini, sognando le gioie e le avventure che la vita avrebbe riservato loro.
“Il vicolo era una strada senza uscite lunga duecento metri, un sentiero di terra e sassi con al centro avocado e grevillee che creavano una via a due corsie. Le brecce nelle siepi di buganvillea lasciavano intravedere case eleganti in mezzo a giardini seminati ad alberi da frutto e palme. Le piante di citronella costeggiavano i canaletti di scolo sprigionando un dolce profumo che allontanavano le zanzare”.
Per un bambino privilegiato come lui la guerra era soltanto una parola letta a scuola. Eppure da un momento all’altro l’odio interetnico tra i due schieramenti politici Frodebu e Uprona, in contrapposizione per le elezioni presidenziali nel giugno del 1993 provocarono un conflitto che si concluderà con il colpo di stato dei militari. La paura e l’orrore dei colpi di macete, dei colpi di pistola nell’aria, dei grandi massacri piombò all’improvviso su tutti. Gabriel vedrà crollare il suo mondo e sarà costretto a scappare via all’estero. Il terrore e l’inferno della guerra, con la scoperta della violenza e della paura, gli farà comprendere di aver perduto per sempre il suo angolo di paradiso e il tempo della spensieratezza.
“Il genocidio è una marea nera, quelli che non vi sono annegati sono avvelenati per sempre”.
“Piccolo paese” è un romanzo suggestivo, potente, pieno di sensibilità e tenerezza, semplice e poetico. Consigliato!
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