Popper addio
- Autore: Francesco Coniglione
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
Dalla crisi dell’epistemologia alla fine del logos occidentale - In un suo precedente volume, concepito come testo universitario, (il corposo Introduzione alla filosofia della scienza. Un approccio storico, Bonanno, Acireale-Roma, 2004, pp. 397), Francesco Coniglione chiudeva le sue riflessioni mettendo in evidenza l’insufficienza della cosiddetta standard view delle teorie scientifiche, subito dopo aver passato in rassegna le più recenti teorie modellizzanti ed idealizzazionali della scienza. Secondo questa prospettiva la teoria scientifica
«è […] una sequenza di modelli, in quanto è sempre una costruzione teorica contenente delle idealizzazioni. Non esistono in questa prospettiva delle teorie fattuali e viene quindi a cadere la tradizionale distinzione tra modelli e teorie. È questa una prospettiva che può evitare le conseguenze devastanti scaturite dalla standard view, che ha portato ad una nuova bancarotta se non della scienza, almeno della filosofia della scienza degli ultimi vent’anni e che ha visto in Thomas Kuhn e Paul K. Feyerabend i suoi maggiori rappresentanti» (ivi, pp. 389-390).
Era in effetti un modo un po’ brusco di chiudere il volume, quello di accennare solo alla crisi della standard view ad opera delle riflessioni di Kuhn e Feyerabend, senza dare ulteriori lumi su tali sviluppi, tranne un rapido rinvio in nota alla letteratura esistente.
Con il più agile volume che qui presentiamo, Francesco Coniglione riprende il discorso lasciato interrotto dalla sua Introduzione. Ed infatti, nelle iniziali intenzioni dell’Autore, "Popper addio" avrebbe dovuto costituire la parte conclusiva della seconda edizione della Introduzione. Tuttavia, per evitare di pubblicare un testo dalla mole troppo ingombrante, l’Autore ha pensato di effettuare una pubblicazione “a parte”, che nei fatti costituisce il seguito ideale della sua Introduzione.
L’Autore inizia le sue riflessioni proprio sull’immagine “ricevuta” di scienza, sviluppatasi e consolidatasi nel secondo dopoguerra grazie, soprattutto, al terreno ad essa preparato dai “circolisti” di Vienna e Berlino. Sebbene i caratteri costitutivi di questa “immagine” di scienza siano stati ricondotti sotto la locuzione di “Received View” coniata da Putnam, l’Autore preferisce utilizzare la locuzione di “tradizione ricevuta” per riferirsi agli «aspetti più generali di questa complessiva concezione della scienza» (Popper addio, p. 13), mentre con quella di “Received View” fa riferimento al «modo di intendere la struttura delle teorie scientifiche» (pp. 14). Infatti, come evidenziato dall’Autore, il tratto distintivo dell’Occidente è stata proprio la razionalità incarnata dalla scienza, alla quale i filosofi, specie a partire da Galileo, non potevano sfuggire. È quanto fecero Cartesio, Hume, Spinoza e Kant ma, come afferma L’autore, è
«con la fine dell’Ottocento e con l’inizio del Novecento che si afferma una vera e propria nuova modalità di accostarsi alla scienza che rivendica una propria autonomia disciplinare e scientifica rispetto alla tradizionale “teoria della conoscenza” o “gnoseologia”. Con il Circolo di Vienna, fondato da Moritz Schlick nel 1929, la filosofia della scienza tende ad acquisire una fisionomia autonoma», (p. 15).
Ma la storia della razionalità incarnata dalla scienza affonda le sue radici nel logos greco, la cui eredità costituisce la linfa vitale dell’Occidente.
L’immagine di scienza che ne deriva assume i connotati, per l’appunto, del discorso razionale, come filosofia e quindi «con la pratica della discussione e con l’esigenza di far prevalere una tesi o una posizione su un’altra» (p. 17). Ma all’interno del discorso intrapreso, ad esempio, da due interlocutori, la tesi che ognuno dei due vuol far prevalere «non si regge per se stessa, per il solo fatto di essere enunciata» poiché abbisogna «di un sostegno che solo una argomentazione può fornire» (ib.). È proprio attraverso la contrapposizione all’irrazionalità o alla a-razionalità delle varie forme di mito o religioni tradizionali che prende vita la filosofia così come la conosciamo. Ed è al logos che si riferisce Coniglione allorquando parla della contrapposizione fra irrazionalità del mito o delle religioni e razionalità greca.
Da questa tensione emergeranno anche i tratti distintivi dell’Occidente:
«È nel logos che viene racchiuso il destino dell’Occidente, il cui cammino viene definitivamente segnato dalla razionalità greca e dal suo modo di intendere la conoscenza come mediazione ed articolazione di discorsi; come necessità della giustificazione razionale; come pensiero simbolico ed intersoggettivo, secondo quanto non si stanca di ripetere Schlick» (p. 19).
Tuttavia, la trama di questa storia del logos greco non è sempre stata lineare, ma ha visto luci ed ombre poiché è chiaro che le riflessioni dei neo-positivisti sono diverse da quelle di Popper, Kuhn e così via. Ma è anche vero che del logos greco, risorto a nuova vita grazie alla scienza galileiana, la filosofia della scienza e l’epistemologia del Novecento, essi hanno voluto esserne i massimi eredi ed interpreti.
Ma dal valore paradigmatico assunto dalla scienza, intesa quale modello di conoscenza nonché detentrice del corretto metodo della conoscenza, siamo passati dall’anarchismo metodologico di Feyerabend per giungere infine alla morte della razionalità scientifica sostenuta da Richard Rorty, attraverso tutta una serie di correnti filosofiche ed autori della più recente riflessione sulla scienza che l’Autore illustra nella seconda parte del volume: la sociologia forte della scienza, l’epistemologia femminista, l’epistemologia naturalizzata, i “Science and Technological Studies”, il costruttivismo. Un percorso teorico che infine porta l’Autore alla seguente conclusione:
«Sembra proprio che l’Occidente si sia stancato di se stesso, di pensarsi come il luogo privilegiato in cui, nel modo migliore, si era realizzata l’avventura della razionalità. Che allora sia nel giusto Heidegger, nel sostenere che solo un Dio ci può salvare? E che gli ultimi e rinnovati appelli – fatti da Benedetto XVI – per difendere il logos greco legandolo strettamente alla Rivelazione cristiana, auspicando una ragione più ampia di quella scientista, così come si ritiene essa sia stata sinora esclusivamente coltivata, non siano che i prodromi di un nuovo medioevo in cui l’umanità occidentale […] si riconsegna ad un sapere indiscusso e indiscutibile perché non più frutto della ragione e della discussione critica? E allora quella verità, che abbiamo perso nei meandri e nelle infinite sottigliezze dell’epistemologia e della filosofia della scienza contemporanea, non sarà più accessibile all’umana ragione, ma solo allo sguardo di chi sarà legittimato a sollevare il burqa che ne copre il volto» (p. 258).
Lo scenario qui dipinto ci riporta ai tempi di un lontano, ma nuovamente attuale, oscurantismo che se non verrà combattuto con le armi della razionalità scientifica non potrà che farci approdare alla fine del logos occidentale.
Insomma, si salvi chi può.
- Francesco Coniglione, Popper addio. Dalla crisi dell’epistemologia alla fine del logos occidentale, Bonanno, Acireale-Roma, 2008, pp. 287.
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