Prima e dopo il ’68. Antologia dei Quaderni piacentini
- Autore: A cura di Vittorio Giacopini e Goffredo Fofi
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: minimum fax
- Anno di pubblicazione: 2008
Prima e dopo il ’68. Antologia dei Quaderni piacentini (minimum fax, 2008) è un florilegio di articoli dei “Quaderni piacentini”, rivista culturale fondata appunto a Piacenza nel 1961 da Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi. Vi collaborarono Alfonso Berardinelli e Franco Fortini. Arrivò anche a vendere 14000 copie.
Questa rivista era un punto di riferimento per giovani e non di sinistra e di estrema sinistra. Riuscì sempre a far discutere, ad accendere dibattiti e polemiche, a rinnovare la cultura senza volere a tutti i costi la rivoluzione. Anticipò i tempi una rivista letteraria di alta qualità, che fece parlare di sé, ovvero “Officina”, ideata da Pasolini, Roversi, Leonetti. Ma durò solo dal 1955 al 1959.
Gli anni ’60 e ’70 erano l’epoca delle riviste culturali di sinistra. Come “Quindici”, ideata da esponenti del gruppo 63, che giunse a vendere anche 25000 copie. Così come ci fu “Quaderni rossi”, fondata da Tronti e Panzieri, più rivoluzionaria, che propose un nuovo marxismo e tutti gli elementi necessari per la lotta di classe. Allora c’era molto spontaneismo culturale, c’era molta voglia di discutere. Con Tronti e Panzieri fu il "metodo" soprattutto a essere "rivoluzionario". Gli intellettuali di Quaderni rossi analizzarono le dinamiche del potere, l’operaio massa, l’imperialismo, ma anche "il consolidamento del potere" del capitalismo. Poi ci fu anche la rivista letteraria “Tam Tam”, creata dai poeti Adriano Spatola e Giulia Niccolai. Questa rivista internazionale era il segno che allora si poteva vivere di poesia al Mulino di Bazzano, come fecero i due.
Altri tempi! Una cosa è certa: c’erano troppe divergenze e discordanze tra i gruppi culturali. C’era molta conflittualità ideologica allora, mentre oggi le ideologie sono temporaneamente scomparse. Come scrive il poeta Butcovan siamo passati dal comunismo al consumismo ed è difficile dire cosa è ed era bene, cosa è ed era male: i conti li faranno gli storici tra molti anni perché oggi è troppo presto fare bilanci. I gruppi culturali delle riviste suddette erano formati da operatori culturali di alto profilo, di grande spessore culturale, intellettuale. È stato tutto vano? L’attuale declino ha vanificato tutto? Oppure oggi esistono centinaia di riviste online, ma tutto si è spostato sul web, rendendo tutto più asettico, solitario il discorso e rendendo improbabile una svolta politica, civile radicale, dato che ognuno è immerso nella sua bolla di filtraggio? Le attuali riviste culturali perciò non sono incisive e rivelano la loro insussistenza?
Mettiamo il caso che a livello umanistico le cose siano sempre quelle trite e ritrite. Ammettiamo il caso che al massimo i pensatori possano risvegliare le coscienze e fare un minimo da guida. Ebbene gli scrittori di “Quaderni piacentini” riuscirono in questo compito maieutico, cosa che riesce a pochissimi oggi. Inoltre non so se la società civile sia meglio della classe politica o ne sia la sua degna rappresentazione. Da questo libro si può intuire che gli intellettuali di allora erano meglio nettamente dei politici dell’epoca e risultano dei giganti se paragonati a quelli attuali.
Viene da chiedersi cosa sarebbe stato se invece di rimarcare ognuno le differenze questi gruppi culturali si fossero uniti. Sicuramente sarebbe stata diversa e migliore la storia della sinistra e con essa la storia del Paese. Pino Corrias nella prefazione di questa antologia scrive che la rivista scaturì dalla solitudine di provincia. In fondo la cultura italiana cosa sarebbe senza scrittori, intellettuali, operatori culturali provinciali? C’è di tutto in queste pagine, dal suicidio della Monroe, alla difesa ironica del cretino, ai consigli non scientifici alle donne di sinistra, a Pasolini, al terrorismo, a Carmelo Bene, al Sessantotto, a Don Milani, a delle note sulla rivoluzione culturale cinese...
Leggere questo libro rende bene l’idea della grande qualità dei “Quaderni piacentini” ed è anche un modo per capire come eravamo, per conoscere, per ripercorrere le vicende e le questioni politiche, morali, civili, intellettuali di quegli anni. Insomma Prima e dopo il ’68. Antologia dei Quaderni piacentini è la testimonianza della fine di un sogno, di un’utopia a cui molti credevano. Un libro da leggere per il bello stile, la grande intelligenza delle idee espresse, per la cultura ancora attuale.
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