Secondo il critico letterario Giacomo Debenedetti, Umberto Saba avverte una “impossibilità di spiegarsi completamente col mondo” e di abitare nel mondo con “pieno diritto di cittadinanza”. Proprio da questa frattura, tipica secondo Debenedetti della tarda età borghese, ha origine la poesia di Saba che tenta di risanare la ferita originaria di essere uomo. Umberto Saba vive la crisi di inabitabilità del mondo, che nel saggio Poesia italiana del ’900 Debenedetti reputa propria dell’Ermetismo, però non è uno spiritualista: la poesia del Canzoniere rimanda agli oggetti concreti, a un tempo cronologico e non metafisico, nel tentativo di descrivere quello che della vita è il “doloroso amore” così ben espresso nella poesia autoritratto Ulisse.
L’estate, tuttavia, nella poesia di Saba diventa ciò che risana la frattura, la metafora di una felicità compiuta, come ci dimostra Principio d’estate. Nella descrizione del paesaggio estivo l’autore del Canzoniere assume accenti ermetici, la lirica si dissolve nelle domande (la prima pare quasi un’invocazione: “Dolore dove sei?”), nella luce, in un’astrattezza tangibile che rimanda alla tradizione di Quasimodo e al suo capolavoro Ed è subito sera.
Tornano delle immagini simboliche e care alla poetica del Canzoniere, quali il mare di Trieste, la città dalla “scontrosa grazia”, la riva, ma sembrano perdere la loro classica concretezza in questi versi. Secondo Saba il mondo ha più bisogno di “chiarezza che di oscurità”, dunque la sua è una poesia che penetra nel cuore delle cose e le illumina: il paesaggio estivo sembra tuttavia sopraffare il poeta e donargli una visione più trascendentale.
Vediamo più approfonditamente come viene sviluppato il concetto d’estate nella poesia di Umberto Saba.
“Principio d’estate” di Umberto Saba: testo
Dolore, dove sei? Qui non ti vedo;
ogni apparenza t’è contraria. Il sole
indora la città, brilla nel mare.
D’ogni sorta veicoli alla riva
portano in giro qualcosa o qualcuno.
Tutto si muove lietamente, come
tutto fosse di esistere felice.
“Principio d’estate” di Umberto Saba: analisi e commento
Umberto Saba che non sembra Umberto Saba; non avete anche voi, in questi versi, l’impressione di leggere un altro poeta? La tipica poesia narrativa di Saba in Principio d’estate assume un accento più astratto, quasi metafisico, tutto sfolgora in un luccichio, in un brillio, l’essenza è da rintracciare in una fosforescenza di luce dorata. Umberto Saba in Principio d’estate non ci descrive un paesaggio, ma una “metamorfosi di felicità”: l’essenza della stagione estiva è data dalla gioia che non è intaccata né ammaccata dalla prospettiva esistenziale del dolore. Ne risulta una lirica soffusa, quasi montaliana oppure propria della prima stagione poetica di Quasimodo.
In questi versi Saba rovescia l’angoscia esistenziale racchiusa in Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo, ne fa parodia: laddove il poeta ermetico tracciava la parabola breve della vita, il suo subitaneo finire, la luce breve della mortalità, ecco che il poeta triestino fa brillare l’immortalità dell’istante, l’invincibile vitalità dell’estate. Una stagione di sole perenne, di eterna ebbrezza, che non conosce morte né decadenza: nell’iconografia del sole brilla fulgida la fiamma sempiterna della vita. L’estate è la stagione che sembra radicare Saba nella prospettiva del proprio “doloroso amore” per tutto ciò che è vitale, dunque effimero, mortale, caduco nella sua fragile essenza. Già nei versi di In riva al mare il poeta annunciava di provare d’improvviso “vergogna per la morte” d’innanzi alla visione del paesaggio estivo, della superficie marina e di una “vela gialla” in lontananza. In Meriggio d’estate analogamente il poeta canta la gloria del sole e il trionfo di vita dato dal canto assordante delle cicale - che spezza il silenzio, vince il tedio e la sonnolenza. L’estate nella poesia di Saba è la stagione che non conosce morte, l’eterno sfolgorio della vita che è essenza dell’umano, il canto esistenziale di Ulisse che non cessa mai il suo viaggio, il suo perenne navigare. Nel trionfo dell’estate rivive il “non domato spirito” di Umberto Saba, il suo “doloroso amore” per la vita sembra trovare conforto, placarsi nella certezza di essere giunto a un approdo.
La personale disperazione, che sempre caratterizza il cuore pulsante della poesia di Saba, si scioglie qui in un incauto ottimismo:
Tutto si muove lietamente, come
tutto fosse di esistere felice.
C’è una perfetta coincidenza tra realtà - mondo oggettivo - e mondo psichico.
Saba concede alla poesia, come osserva nel suo illuminante saggio sulla poesia del ’900 Debenedetti, di rendere di nuovo abitabile il mondo.
Questo, in fondo, è ciò che resta da fare ai poeti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Principio d’estate”: la poesia ermetica di Umberto Saba
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