Come sarà il futuro? Molto probabilmente i libri, perlomeno quelli umanistici, finiranno al rogo, come in Fahrenheit 451. Oppure forse no. Si possono ipotizzare, configurare mentalmente svariati scenari.
La fiaba del bestseller Firmino di Savage, ovvero del roditore che per non morire di fame si ciba di libri, è destinata a rimanere una fiaba, anche se rivaluta i topi e ce li fa apparire accattivanti, accettabili, sicuramente più simpatici e umani.
Ma al mondo d’oggi non c’è più spazio per le fiabe. Oggi sono predittive le distopie e possono anche essere utili le “ucronie”, come quelle di Guido Morselli.
I lettori sono sempre meno
I libri sono il cosiddetto cibo per la mente, però, almeno per quanto riguarda quelli umanistici, ben pochi se ne nutrono, a meno che non siano studenti delle scuole medie inferiori o delle scuole medie superiori. A riprova di questo c’è il fatto che molti volumi umanistici online sono scontati. Tanti finiscono al macero. C’è troppa offerta e poca domanda per i libri umanistici.
È l’autore che paga l’editore per vedere stampato in cento copie, nel migliore dei casi, un libro, che pochissimi leggeranno. Non è forse questa un’illusione, un’utopia della stragrande maggioranza degli autori italiani? Comunque non c’è bisogno di bruciare i libri. Forse la nuova civiltà non userà questo metodo, non sprecherà fuoco, ma li butterà semplicemente al macero.
Scrivevo che pochi leggono i libri. La comunità di lettori forti non deve perciò essere esclusiva. I professori universitari non snobbino troppo gli autodidatti. Gli appassionati di letteratura non considerino carta straccia ciò che scrivono gli addetti ai lavori. Bisogna essere costruttivi, aperti al dialogo, evitando naturalmente di perdere tempo con casi patologici o con chi ha troppe pretese.
Perché i libri cartacei non devono sparire
A volte riprendo vecchi libri in mano, vecchi libri nei miei armadi, adibiti a biblioteca. Talvolta sono i libri che ho studiato. Molto spesso li ho comprati per piacere, per svago, per approfondire qualche argomento, insomma per lettura privata. Sono pagine che ho sottolineato, su cui ho messo delle orecchie, su cui ho respirato. Le annuso e poi c’è il piacere tattile di sfogliarle, anche se sono pagine stantie. Un ebook potrà mai sostituire tutto questo?
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Ma un libro rievoca anche i ricordi. Prendo un libro di trenta anni fa, mi metto a leggicchiarlo e mi vengono in mente tanti amici persi per sempre oppure semplicemente persi di vista, amori ricambiati o più spesso non corrisposti; mi vengono in mente volti, voci, discorsi, aneddoti; mi vengono alla mente quei giorni e certi luoghi, certe atmosfere.
Un libro, per dirla alla Winnicott, è un oggetto transizionale. Un libro attiva la famosa memoria involontaria. Un libro mi trasporta indietro nel tempo e per qualche attimo ripenso al passato. Un libro fa scaturire molte associazioni mentali. A volte interrompo la rilettura di un vecchio libro e inizio a viaggiare nel tempo con la mente. Poco importa se quel libro dopo anni e anni me lo sono scordato perché forse resta una conoscenza tutta implicita. Io qui non sto parlando delle nozioni che un libro ti dà, ma di quella magica connessione che è in grado di stabilire tra la nostra parte più profonda e il passato.
Un libro è un ottimo link al passato. Un vecchio libro è un ipertesto per antonomasia e ogni volta che lo apri ti riporta indietro nel tempo in modo nuovo; ogni volta fai un nuovo percorso interiore. I vecchi libri fanno sempre pendant con qualcosa di significativo, stabiliscono nuove corrispondenze e relazioni con il passato. Poi ogni volta si interrompe la magia, richiudo il libro, lo rimetto al suo posto. Ma per qualche istante ho viaggiato nel tempo, ho fatto un percorso a ritroso perché un libro è anche lo stato d’animo di quando lo hai comprato, di quando lo hai letto, di tutte le volte che lo hai ripreso in mano.
Spesso mi capita di comprare a prezzi molto economici dei libri dalla biblioteca comunale e in quelle pagine trovo delle cartoline o delle scritte di altre persone molto datate, addirittura di qualche decennio fa. E allora mi metto a pensare, a immaginare e quei libri fanno scaturire in me degli interrogativi. A volte mi metto a scrutare vecchie cartoline trovate tra quelle pagine di città che non ho mai visto.
Ma ritorniamo ai miei vecchi libri. Che cosa mi lega ad esempio ai miei lontani giorni da studente, se non quei libri un poco malandati? Solo quello ormai testimonia quel mio passato. È per questo che a volte i libri immalinconiscono, fanno venire la nostalgia di ciò che abbiamo vissuto e di ciò che eravamo, di ciò e di chi abbiamo amato. Ma sono anche la conferma della nostra identità perché noi siamo stati quello, abbiamo letto e studiato quello, abbiamo vissuto quello. Alla fine ogni libro della biblioteca ha un legame ininterrotto con me. Di più: è una piccola parte immateriale di me, è un frammento del mio animo.
Come sarà la cultura del futuro?
Come sarà il futuro? Come sarà la cultura del futuro? Molto probabilmente sempre più scientifica, sempre più tecnologica. Ci sono due scuole di pensiero contrapposte a riguardo. C’è chi pensa che tutto ciò sia un bene, soprattutto i genitori si vantano che i loro pargoli siano già informatizzati e smanettoni. Ci sono gli psichiatri, psicologi, psicoterapeuti che mettono in guardia da tutto ciò: secondo molti esperti sarebbero in atto un’involuzione cognitiva e nuove forme di asocialità.
L’inglese sarà la lingua degli scrittori del futuro?
Oggi domina incontrastato l’inglese. Noi stessi scriviamo in una lingua che tra qualche decennio pochi parleranno e scriveranno. Noi scriviamo in una lingua, che non solo passerà ma che non sopravviverà. Forse tra un secolo l’italiano sarà addirittura una lingua morta. Quindi non vi affannate troppo cari poeti, cari scrittori. Capisco la vanità di alcuni, ma a conti fatti è solo vanagloria. Scriveva in un suo racconto Borges:
Nessuno è qualcuno. Un solo uomo immortale è tutti gli uomini”.
Ma esistono davvero scrittori “immortali”? Esistono davvero “opere immortali”? L’italiano è una lingua per comunicare e per esprimersi hic et nunc, ma non vi fate illusioni: se volete passare alla storia, cari poeti e scrittori italiani, emigrate, imparate bene l’inglese e mettetevi a scrivere in inglese, trattando tutti i temi di un emigrante. O quantomeno fatevi tradurre in inglese, ma sarete sempre svantaggiati perché tratterete sempre di una realtà periferica e provinciale come l’Italia e essere tradotti, comparire su qualche rivista letteraria straniera non significa essere noti all’estero.
Per diventare noti all’estero dovreste trasferirvi, eleggere una seconda patria, diventare cittadini a tutti gli effetti di un’altra nazione, avere i piedi in due scarpe e doppia cittadinanza, introdurvi nella comunità degli emigranti dell’altro Paese, introdurvi nella comunità artistica dell’altro Paese. Se volete veramente la gloria dovete fare così. Ci sono molte più probabilità che in futuro lettori e letterati si occupino di voi e vi ricordino per sempre. Se non riuscirà a voi diventare noti può darsi che la gloria tocchi ai vostri figli, come accadde ad esempio a italoamericani di seconda generazione come Don DeLillo o come Fante. La letteratura comunque come il mondo dello spettacolo è una grande fabbrica di illusioni. Sforna illusioni per tutti in quantità industriale. Ma probabilmente tutto sarà inutile lo stesso. Forse non solo la civiltà e la cultura italiana diventeranno lettera morta.
Forse la cultura mondiale è destinata a scomparire. Forse siamo vicini alla fine del mondo. La crescita illimitata non è possibile. Lo sviluppo sostenibile è alquanto difficile, quasi impossibile da realizzare. Come porre rimedio alla fine di questa civiltà? Scriviamo le nostre “lettere al mondo” in attesa che arrivino i barbari nella nostra dimora, come nel capolavoro di Buzzati, ma a onor del vero i tartari siamo noi, siamo noi i barbari perché non cambiamo stile di vita, perché siamo troppo consumisti, perché inquiniamo troppo. E come sarà il futuro? Nel frattempo leggiamo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quale sarà il futuro dei libri? Possibili scenari, tra utopie e distopie
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