1978-2018 Quarant’anni di Airline Deregulation
- Autore: Antonio Bordoni
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Volare da Roma a Milano con 19 euro? Oggi si può. E da un aeroporto lombardo alla Grande Mela con meno di 200 euro? Affermativo. Ma non è oro tutto ciò che luccica. Sono gli effetti speciali tariffari delle compagnie aeree low cost ma non è detto che sia un miracolo. L’esperto aeronautico Antonio Bordoni ci mette in guardia dagli eccessi di ottimismo da listino, in un libro appena pubblicato da IBN Editore, col titolo “1978-2018. Quarant’anni di Airline Deregulation” (febbraio 2018, pp. 192, euro 16,00).
Certo, l’irruzione dei prezzi stracciati e dei servizi spartani sul mercato dell’aviotrasporto passeggeri ha reso il volo economicamente concorrente e “popolare”. Tutto è partito dalla liberalizzazione attuata quarant’anni fa negli Stati Uniti ed estesa a macchia d’olio all’intero sistema mondiale, che ha consentito la competizione tra le compagnie aeree ed estinto il monopolio di quelle di bandiera.
Nel 1978, la legislazione federale USA rinunciò al controllo sui collegamenti e tariffe aeree, rese le airline libere di aprire rotte domestiche a discrezione e consentì di ripartirsi quelle internazionali con accordi privati, senza intervento statale. Il Deregulation Act scatenò un effetto domino, inducendo la IATA, la principale associazione dei vettori aerei, a ripensare totalmente il mercato.
Tutto bene per tutti, dopo questa rivoluzione delle ali portanti? A leggere Antonio Bordoni si direbbe di no.
Il suo è un testo più contro che pro la deregolamentazione, che quattro decenni addietro ha avviato un processo capace di cambiare profondamente la neanche centenaria storia del volo di linea. Nel libro fa presenti i vantaggi, ma soprattutto gli svantaggi del “liberi tutti” commerciale, che ai passeggeri non ha portato solo benefici. Secondo l’autore, non è da attribuire alla deregulation il fatto che le autostrade del cielo si siano aperte a milioni di passeggeri che non si sarebbero potuti permettere il mezzo aereo se il cartello delle grandi Compagnie avesse potuto continuare ad agire in termini di trust.
C’è da dire che sul banco degli imputati la liberalizzazione si trova in compagnia di altri, per il generale scadimento qualitativo del servizio di aerolinee: chiamati come correi sono i “regolatori”, gli Stati, le Autorità internazionali, la IATA.
È vero che le ragioni della deregulation avevano un fondo di validità, ma Antonio Bordoni rileva che in realtà i cambiamenti introdotti forzatamente testimoniano l’incapacità degli Stati di gestire perfino settori fino ad allora considerati strategici, nevralgici per i rispettivi interessi nazionali.
“Tuttavia, dal momento che ben difficilmente si troveranno Stati e relativi governi disposti a mettere in piazza la loro incapacità gestionale, ecco allora che una ritirata viene camuffata quale improcrastinabile riforma atta a fornire all’utente nuove opportunità e servizi innovativi, nonché ad ampliare la platea dell’utenza”.
Del resto, nel campo del trasporto aereo la motivazione sembrava inattaccabile, vista l’assenza di concorrenza che, a detta dell’opinione pubblica generale, lasciava l’utente alla mercé dell’insindacabile e famelico appetito delle compagnie di bandiera.
Ma il rimedio è stato peggiore del male, osserva Antonio Bordoni. È tutto sbagliato, tutto da rifare.
Tariffe eccessivamente alte possono essere contenute aprendo ad una maggiore concorrenza. Verissimo. Ma perché, chiede, distruggere un sistema che fino a quel momento aveva retto alla grande? Sebbene monopolistica, quella politica aveva avuto il merito di mettersi al servizio del turismo internazionale e favorirne il decollo quale industria mondiale primaria.
“Davvero non c’erano altre vie per fornire più concorrenza al consumatore?”
Ecco l’obiettivo di Antonio Bordoni: rispondere a questa domanda, verificare se il rapporto riforme-risultati sia favorevole o meno all’utente finale: il passeggero.
Una cosa è certa: l’arretramento della bandiera italiana nelle classifiche dell’aviazione commerciale mondiale, l’inarrestabile declino.
Nel 1975, tre anni prima dell’A.D. Act, l’Italia occupava il decimo posto nella graduatoria mondiale dei 132 Stati aderenti all’ICAO, alla pari con l’Olanda e davanti a Spagna, Belgio e Scandinavia. Quindici anni più tardi, nel 1990, l’Italia è scesa al tredicesimo posto, preceduta da Brasile, Corea e Singapore. Nel 2009, è sprofondata in ventitreesima posizione. Sopra, c’è di tutto, oltre alla Cina popolare e gli Emirati Arabi Uniti (in quinta prestigiosa posizione grazie alle compagnie nazionali Emirates e Etihad) ci sono Brasile e India, Malesia e Turchia. E per i risultati di Ryanair, l’Irlanda surclassa tutti i vettori italiani messi insieme.
Ali tricolori in ribasso quindi e non c’è limite al peggio: nel 2016, gli ultimi rilevamenti ICAO disponibili ci danno in ventinovesima, tristissima, posizione.
1978-2018. Quarant'anni di airline deregulation. Un'analisi controcorrente del processo che ha rivoluzionato il mondo delle compagnie aeree
Amazon.it: 15,19 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 1978-2018 Quarant’anni di Airline Deregulation
Lascia il tuo commento